Vi ricordate "La verità sul caso Harry Quebert" di Joël Dicker? Io l'ho letto alcuni anni fa e la lettura mi ha letteralmente catturata.
Il romanzo racconta la vicenda della quindicenne Nola Kellergan che scompare misteriosamente nel 1975. Le ricerche della polizia non danno alcun esito fino al 2008 quando il cadavere della ragazza viene ritrovato nel giardino della villa di uno scrittore, a Goose Cove.
Marcus Goldman, giovane scrittore di successo ed ex allievo di Harry Quebert, lo scrittore accusato di avere ucciso la giovane, convinto dell’innocenza del professore, indaga sulla vicenda per scoprire chi ha ucciso Nola Kellergan.
Recentemente ho avuto voglia di guardare la serie tv e non mi ha per nulla delusa.
Quindi il mio consiglio è: leggete il libro, guardate la serie o fate entrambre le cose. Non ve ne pentirete.
★★★★★
🍾 spumante
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Lo scorso fine settimana presso la sede di Trentino Storia e Territorio di Riva del Garda si è tenuto un interessantissimo incontro con la scrittrice catalana Anna Maria Villalonga. Si è trattato di una prima lezione, aperta a tutti, della palestra di scrittura creativa che ripartirà il prossimo autunno grazie a Isenzatregua.
La palestra creativa è nata nel 2017 come laboratorio rivolto a tutti coloro che sono interessati a scrivere, pensata sopratutto per i giovani, ma aperta a aspiranti scrittori di qualunque età.
L'incontro, durato circa un'ora e mezza, è stato moderato da Monia Di Mauro, esperta d'arte, e vivacizzato dalle interessanti domande di Lorenzo Bernasconi. La scrittrice catalana ha risposto anche a numerose domande del pubblico presente in merito a tecniche di scrittura ed ha elargito molti consigli.
Bravissima la traduttrice Laura Mongiardo che, oltre ad aver tradotto i suoi "Racconti per le notti di luna piena", si è prestata a svolgere tale funzione anche per il pubblico presente. A dire il vero, la Villalonga comprendeva molto bene l'italiano, rispondeva in catalano e gran parte del pubblico la capiva senza bisogno di traduzione. Mi ha colpito il carattere solare e spiritoso della scrittrice.
Anna Maria Villalonga è scrittrice, critica letteraria e professoressa di letteratura catalana presso l'università di Barcellona.
Nel 2021 ha pubblicato "Racconti per le notti di luna piena" - edizioni isenzatregua collana DiversaMente.
Ho faticato un po' all'inizio ad entrare nella trama del romanzo giallo "La pista" di Anne Holt. Alla fine però l'ho apprezzato e in particolare mi è piaciuta molto la protagonista, che ho trovato per molti aspetti un personaggio simile alla Penelope di Carofiglio.
Una sciatrice viene accusata di doping a pochi mesi dalle Olimpiadi. Uno sciatore viene ritrovato morto in circostanze poco chiare. Selma Falck, ex atleta di fama mondiale ed ex avvocatessa di successo, ha perso lavoro, marito e figli a causa di un vizio che l'ha rovinata finanziariamente. La sua vita precipita nel baratro della solitudine e della disperazione, fino a quando il padre della campionessa accusata di doping, convinto si tratti di un sabotaggio, chiede a Selma di trovare le prove per scagionare la figlia. Selma è obbligata dalla sua situazione personale ad accettare l'incarico e inizia a investigare.
Questo romanzo giallo è il primo con protagonista Selma Falck, a cui hanno fatto seguito "La tormenta" e "Lo sparo".
"Le persone parlavano. Con i coniugi. Con gli amici più intimi. A letto. Da ubriache. Ovunque. Come mezzo di ingraziarsi qualcuno. Rendersi interessanti. "Non dirlo a nessuno" era probabilmente la richiesta che era stata e continuava a essere infranta con più frequenza nella storia dell'umanità."
★★★☆☆
🍞 pane
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Quando l'anno scorso ho letto e recensito "Il gatto di Depero" di Milka Gozzer, vi ho raccontato poco e nulla della trama del romanzo. Questo perché solitamente mi limito a trasmettervi le mie impressioni e le emozioni suscitatemi dalla lettura.
Ieri sera, in una suggestiva piazza Erbe a Rovereto, nell'ambito di Sinfonie d'arte, Milka Gozzer ha incontrato i suoi lettori e molto ha raccontato delle motivazioni che l'hanno spinta a scrivere questo romanzo.
Milka aveva voglia di parlare del pittore Fortunato Depero, perchè era affascinata dalla sua figura. Per farlo doveva conoscere bene però chi era Depero, al di là del personaggio pubblico. Milka ha quindi trascorso moltissimo tempo a studiare lettere, documenti, bozzetti e molto altro materiale conservato presso il Fondo Fortunato Depero che si trova nella biblioteca del Mart.
Milka usciva da quelle sedute di ricerca emozionata e sempre più affascinata, ma come trovare la soluzione per raccontare in modo originale l'artista?
L'idea le è venuta scoprendo attraverso i racconti del nipote un altro importante personaggio di Rovereto: Luigi Mario Nicoluzzi, l'ultimo tornitore di legno a Rovereto che per moltissimi anni ha realizzato le opere che Depero gli commissionava. Ed è così che la voce narrante è quella di Mario, già morto, che per spiegarci la vicenda del "gatto di Depero" e farci scoprire come mai quel gatto abbia causato la rottura del rapporto di amicizia tra l'artista e l'artigiano, ci narra le vicende storiche in cui i fatti sono avvenuti (ricostruendo così quasi un secolo di storia di Rovereto) e la vita di Depero, i suoi successi, le difficoltà incontrate, l'amore per la sua Rosetta, la gratitudine nei confronti dei suoi lavoranti, delineando una figura dell'artista intima e vera, che lo riscatta dalle accuse di vicinanza al partito fascista.
Un "femminista" che "metteva in regola" le sue lavoranti e sempre puntuale nel pagare chi lavorava per lui.
Dalle lettere conservate presso il Mart si scopre un uomo fedelissimo alla moglie e innamorato di lei fino al suo ultimo giorno di vita. Le scriveva lettere appassionate perfino dal reparto di geriatria.
Se volete conoscere meglio Depero e farvi un'idea di come si viveva cento anni fa a Rovereto e in Trentino, leggete "Il gatto di Depero"! Oltre ad essere un romanzo storico e biografico è anche un "giallo" con un mistero da risolvere.
Qui potete leggere la mia intervista a Milka Gozzer.
Sono stata a Berlino alcuni giorni. Il compleanno (diciotto anni) di mio figlio è stata l'occasione che mi ha portato lì. Lui si trova nella capitale tedesca per un periodo di studio/lavoro (Erasmus+).
La mia prima impressione non è stata delle migliori. Sono sbucata dalla metropolitana, proveniente dall'aeroporto, direttamente ad Alexanderplatz a mezzogiorno di una giornata caldissima. L'afa e il grigio dell'asfalto e del cemento mi hanno impressionato negativamente. Anche la pulizia lascia un po' a desiderare.
Passato lo choc iniziale, ho iniziato a guardarmi intorno.
La città è multiculturale, aperta e accogliente. La gente è ospitale, cortese e volenterosa di farsi capire, sforzandosi anche di parlare qualcosina di italiano.
Non vi tedierò raccontandovi nel dettaglio il mio tour della città. Ho visitato ovviamente i luoghi più famosi: Alexanderplatz e la torre della televisione, l'elegante Unter den Linden, la porta di Brandeburgo, Potsdamerplatz, l'isola dei musei, il duomo, il Reichstag, la stazione centrale e quella dello zoo di Berlino, il check point Charlie, il Castello di Charlottenburg e il monumento alle vittime dell'olocausto.
Berlino per me, prima ancora di essere la città del "muro", rimane la città "dei ragazzi dello zoo di Berlino".
Ho letto il libro di Christiane F. e visto il film giovanissima, forse troppo, e quella vicenda mi ha colpita profondamente: un vero e proprio pugno nello stomaco, ma mi ha anche insegnato molto.
Per chi non conosce la storia, la riassumo brevemente (anche se credo che, esclusi i giovanissimi, tutti ne abbiano per lo meno sentito parlare).
Il libro è stato scritto da due giornalisti che hanno raccolto la testimonianza di Christiane Vera Felscherinow, una giovanissima ragazza di Berlino entrata nel tunnel della droga a 14 anni e legata sentimentalmente ad un tossicodipendente. Christiane inizia molto presto a prostituirsi per procurarsi la droga e cerca più volte, senza successo, di disintossicarsi.
Il libro punta il dito contro la società tedesca, incapace di creare luoghi di aggregazione giovanile e di aiutare chi si trova in difficoltà.
Non molti anni fa, Christiane ha raccontato in un secondo libro il seguito della sua vita.
A Berlino ho visitato i luoghi frequentati da quei ragazzi, la zona della stazione dello zoo di Berlino, in cui i protagonisti andavano a prostituirsi per racimolare i soldi per comprarsi la droga.
Ho visitato anche un altro sito legato alla letteratura: Bebelplatz, famosa per il rogo dei libri avvenuto il 10 maggio 1933, quando furono dati alle fiamme oltre 20.000 libri di autori censurati dai nazisti, come Karl Marx, Heinrich Heine e Sigmund Freud.
In ricordo del rogo c'è un memoriale sotterraneo realizzato nel 1995 dall'artista israeliano Micha Ullman. Per vederlo bisogna avvicinarsi al centro della piazza e cercare una lastra trasparente inserita nella pavimentazione. Purtroppo la lastra è molto sporca e l'opera si scambia facilmente per una bocca di lupo.
Era molto più bella e scenografica la "torre di libri" installata da una società di comunicazione in occasione dei Mondiali di calcio del 2006, poi smantellata.
Molto vicino a Bebelplatz, lungo il corso Unter den Linden, si trova la Biblioteca nazionale di Berlino, nella quale sono custoditi più di 11 milioni di libri.
Berlino è stata quasi interamente ricostruita dopo la seconda guerra mondiale. È una città moderna e culturalmente molto ricca.
Ho assistito alla presentazione del libro autobiografico "Flash" di Marcell Jacobs, campione olimpico nel 2021 a Tokyo nei 100 metri, al Salone del libro di Torino 2022.
Solitamente chi scrive un'autobiografia da giovane, nel pieno della carriera, mi infastidisce, perché tendo a catalogare la pubblicazione dell'opera come un puro sfruttamento commerciale di un'impresa.
La presentazione di Marcell Jacobs mi è piaciuta. Mi è parso umile, simpatico, intelligente e maturo. Un bel personaggio con un passato da raccontare, seppure molto giovane.
Una volta tornata a casa, ho messo da parte i miei pregiudizi verso le biografie degli atleti in attività ed ho letto "Flash".
In realtà non è una biografia, è il racconto della finale olimpica e di ciò che ha permesso a Marcell di trionfare.
Il suo passato, le sue sconfitte e la sua forza di volontà e la capacità di affrontare i dolori e gli insuccessi sono alla base del risultato ottenuto. Una vittoria che è il punto di partenza di una vita ancora tutta da vivere, nonostante 3 figli e una finale olimpica già vinta.
Cresciuto con i miti di Carl Lewis, Andrew Howe e Usain Bolt, lancia un messaggio ai giovani: se avete un sogno cercate di realizzarlo, con impegno, sacrifici e senza perdere di vista la meta. Racconta di trascorrere lunghi periodi lontano da casa, di sottoporsi a molti sacrifici, ma di restare sempre concentrato sull'obiettivo.
Mi è piaciuto molto il suo discorso a Torino circa la perfezione che va perseguita sempre, anche se è praticamente impossibile raggiungerla, ma ci si può avvicinare.
Marcell attribuisce il merito del suo successo sportivo allo staff di allenatori, fisioterapisti, mental coach che lo seguono, mentre la colpa quando le cose vanno male è solo sua.
Nel libro Marcell Jacobs si mette a nudo raccontando dei suoi blocchi psicologici e del timore reverenziale che nutriva verso Filippo Tortu e del peso delle aspettative altrui. Che brutta cosa i timori reverenziali e le aspettative altrui... Bloccavano anche me da giovane. Non ho avuto, come lui, un mental coach che mi ha aiutata, ci sono riuscita da sola a sbloccarmi, ma dopo anni in cui mi presentavo in pista da favorita e nelle gare più importanti c'era sempre qualcuna che mi batteva ...le altoatesine in particolare. Avevo timore reverenziale verso le altoatesine. Lo sapevo. Lo avevo capito. Riuscivano sempre a rovinarmi la festa. La svolta in un campionato regionale assoluto sugli 800m a Rovereto in una caldissima serata estiva.
Ai 200m dalla fine ero seconda. La prima, altoatesina, cambia marcia e mette tra me e lei qualche bel metro di distacco. A bordo pista il mio amico Mariano mi urla di cambiare ritmo, che posso riprenderla. Scarica di adrenalina, inizio la progressione, la avvicino sempre più, mi convinco di potercela fare, la supero sull'arrivo. La vittoria mi sarà assegnata al fotofinish. Ho vinto tante altre gare, ho fatto risultati cronometrici migliori , ma quella resta la mia gara più importante, quella che mi ha dato più fiducia nelle mie capacità.
"Flash" mi è piaciuto, perché anche se non siamo campioni olimpici, possiamo identificarci nei pensieri e nelle difficoltà di Jacobs. Ai giovani atleti la lettura potrebbe addirittura essere utile per riconoscere, affrontare e superare problematiche loro.
Complimenti a Marco Ventura che ha supportato Marcell Jacobs nella stesura dei testi.
"Se non sai chi sei per davvero, se non capisci le sofferenze o le mancanze che hai avuto, se non conosci il tuo valore come essere umano, è matematicamente impossibile che tu riesca a mettere in pista tutto quello che serve per distruggere i tuoi muri."
★★★★☆
🍾 spumante
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foto Salone del libro di Torino
"La figlia oscura" è un brevissimo romanzo di Elena Ferrante caratterizzato da un profondo scavo psicologico.
Leda è un’insegnante, divorziata, madre di due ragazze grandi. Rimasta sola a casa, in un'estate in cui le figlie hanno deciso di trascorrere del tempo col padre in America, la protagonista parte per una vacanza al mare in un paesino del sud.
Dopo i primi giorni tranquilli, l’incontro con una chiassosa famiglia scatena una serie di spiacevoli eventi.
Il romanzo prende il ritmo di un thriller. L'atteggiamento della protagonista diventa inquietante. I ricordi del suo passato difficile emergono.
Leda, la protagonista, è una mamma che ha avvertito come schiacciante il peso della responsabilità di essere madre. Ed ora che le figlie sono grandi e lontane si sente sollevata. Si sente però in colpa di provare questo sentimento di sollievo.
Leda amava le sue figlie, ma ha vissuto male la condizione di madre. Si sentiva non più libera, limitata nella possibilità di fare carriera.
Si tratta di una protagonista respingente. Caratteristiche solitamente presenti negli antagonisti.
Ho trovato un personaggio simile in "Questo giorno che incombe" di Antonella Lattanzi.
E' il primo romanzo che leggo di Elena Ferrante. L'ho trovato interessante e molto ben scritto.
La volontà dell'autrice di mantenere la sua identità sconosciuta, usando uno pseudonimo e non rivelandosi mai, nemmeno dopo l'enorme successo ottenuto, mi avevano reso antipatica la scrittrice (o scrittore?) e non avevo mai letto, prima d'ora, nulla di scritto da lei. L'occasione si è presentata con un gruppo di lettura. Mi dispiace molto non conoscere la biografia dell'autrice, perchè solitamente io mi documento sulla vita dello scrittore e spesso ciò mi aiuta a comprendere meglio le sue opere.
Parlando con una mia amica psicologa di questa opera, di cui lei ha visto la trasposizione cinematografica, abbiamo concluso che molto debba esserci di autobiografico in questo romanzo, per il modo in cui è scritto, per la particolarità di alcuni dettagli che difficilmente possono essere descritti se non vissuti. La nostra idea è che Leda sia stata ispirata dalla madre della scrittrice. Chissà, forse un giorno scopriremo se la nostra tesi è corretta.
"All'origine c'era un mio gesto privo di senso del quale, proprio perchè insensato, decisi subito di non parlare con nessuno. Le cose più difficili da raccontare sono quelle che noi stessi non riusciamo a capire."
★★★☆☆
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🥃 amaro digestivo
L'autore del romanzo fantascientifico "La finale olimpica" è Marco Giacomantonio, docente universitario di Economia Aziendale e atleta agonista (vanta sui 100m il primato di 10"7).
La prefazione è di Andrea Benatti e la postfazione di Salvino Tortu, entrambi amici dell'autore e conosciutissimi nel mondo dell'atletica. Il primo, atleta master agonista e co-fondatore del notissimo sito web "Queen Atletica" e il secondo, allenatore e padre del fortissimo sprinter azzurro Filippo Tortu.
Grande amante della letteratura fantascientifica, Marco Giacomantonio, prima di "La finale olimpica", ha pubblicato altri due romanzi dello stesso genere: "Più veloce della luce" e "Fantasia - Improvviso".
"La finale olimpica" è stato scritto e pubblicato prima della vittoria di Marcell Jacobs alle Olimpiadi di Tokyo nei 100 metri piani (primo italiano nella storia a riuscirci), quindi si può dire che questo romanzo sia stato di buon auspicio per Marcell.
I personaggi sono quasi tutti realmente esistenti e gli eventi narrati si svolgono durante le Olimpiadi di Las Vegas del 2092.
Alessandro, il protagonista del romanzo, durante la semifinale olimpica dei 100m si infortuna ed è costretto a disertare la finale. Dopo anni di sacrifici e duro allenamento, il sogno di una vita sembra svanire.
Forse però c'è un'altra possibilità: attraversare il tempo e lottare per la medaglia.
In verità il viaggio nella quarta dimensione non è ritenuto possibile nemmeno nel XXI secolo e anche se lo fosse, Alessandro si interroga sulla correttezza nei confronti degli altri concorrenti.
Correrà Alessandro la finale olimpica?
Un romanzo fantascientifico ambientato nel mondo dell'atletica leggera, in cui le nuove tecnologie non hanno intaccato quelli che sono sempre stati i valori fondanti di questo sport: passione, sano agonismo e una continua sfida con sé stessi.
Dopo un primo momento di spaesamento dovuto al fatto di non avere mai letto nulla di fantascientifico e non essere quindi abituata a fare i conti con multiverso, nanotecnologie e connessioni mentali, mi sono divertita un sacco. Il romanzo è avvincente e simpatico.
Da ex atleta sono stata totalmente catturata dalla finale olimpica. Conosco molto bene quelle che sono le sensazioni, i riti e i pensieri pre e post gara. Un mondo, quello delle gare, che mi manca molto. Non mi dispiacerebbe poter fare un salto temporaneo in un mondo parallelo in cui poter di nuovo gareggiare.
"L'atletica, come tutti sappiamo, è uno sport individuale: in gara sei da solo contro tutti e, anche in occasioni come le staffette o i campionati a squadre, è comunque la prestazione del singolo ad essere sotto i riflettori. Tuttavia, qui come nella vita, il lavoro in team è fondamentale: fare parte di un gruppo affiatato aiuta a crescere, a migliorare, a imparare gli uni dagli altri. Motiva e sprona a perseguire gli obiettivi con tenacia e determinazione."
★★★☆☆
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🍨 mousse alla fragola
Ho intervistato Marco Giacomantonio in occasione di un meeting di atletica svoltosi ad Arco (TN).
Oggi siamo rientrati a casa. Gli impegni di studio e lavoro ci chiamano! Finisce il nostro weekend letterario. Un viaggio lungo e stancante, ma ne è valsa sicuramente la pena.
Al Salone si respira ancora il profumo dei libri di carta e nel "bosco degli scrittori", allestito quest'anno all'Oval, si può assistere alle presentazioni seduti su dei tronchi di albero e circondati da piante di numerose specie. Amore per la letteratura, quindi, con un occhio di riguardo per l'ambiente. Alberto Angela diceva ieri che i giovani di oggi hanno sicuramente maturato molta sensibilità al riguardo. È la generazione degli adulti che rischia di fare scelte dannose.
Tra gli stand degli editori e fuori dalle sale in cui avvengono le presentazioni ci si imbatte frequentemente in assembramenti di persone in fila per una firma o una dedica su un libro o per un selfie con l'autore.
Io e Matteo abbiamo incontrato Zerocalcare, ma due ore di fila per un "disegnetto" - come dice lui - ci sembravano troppe.
Matteo è riuscito invece a farsi autografare il libro di Federico Rampini. Tra i pochi giovanissimi presenti all'incontro, Matteo si è "fiondato" fuori dell'Auditorium velocissimo al termine della presentazione, riuscendo a posizionarsi in prima posizione al banchetto degli "autografi e dediche".
All'incontro con Rampini io non ero presente - ero da Marcell Jacobs. Dovrebbe parlarvene lui. Ho cercato di convincerlo a scrivere sul mio blog (lui gestisce il blog Arcopoesia, fondato dal nonno - lo aiutava quando era in vita e ora che non c'è più sta cercando di mantenerlo attivo), ma lui ha declinato l'invito. Riassumerò quindi brevemente quanto mi ha raccontato.
Al Salone Federico Rampini, giornalista e saggista, è venuto a presentare il suo ultimo libro, uscito a marzo, "Suicidio occidentale".
Nel saggio Rampini afferma che il problema che affligge oggi l’Occidente - in particolare gli Stati Uniti - è l’autodistruzione della propria identità culturale, anche attraverso un eccesso di politicamente corretto.
La colpa "occidentale" è quella di essere arrivati all'autodistruzione, partendo da un disarmo culturale.
Per l'autore, l'ideologia dominante che viene diffusa da media, università, cultura di massa mira a demolire la nostra autostima occidentale, portandoci a colpevolizzarci e piangerci addosso, senza proporre più valori al mondo o alle nuove generazioni.
Ciò che ci resta sembrano essere solo crimini da espiare. Da qui nasce quindi il suicidio occidentale.
Non mi sbilancio in merito a questa teoria che mi sembra eccessivamente pessimista. Ad ogni modo fa pensare.
In conclusione, penso abbia ragione Matteo. "Abbiamo organizzato tutto bene, non abbiamo fatto code, abbiamo incontrato chi ci interessava incontrare. Ne è valsa la pena."
Chiudo con due video. Alberto Angela che spiega cos'è per lui la divulgazione e Roberto Bolle che racconta quando è nata la sua passione per la danza.
Per noi il Salone del libro finisce qui...alla prossima edizione!
Oggi il Salone del libro di Torino era affollatissimo.
Fortunatamente i pass ci hanno consentito di entrare senza fare la fila (lunghissima) e un pochino in anticipo.
Girare tra gli stand semivuoti, incontrare qualche amico editore (Lorenzo Bernasconi, scrittore ed editore rivano di Isenzatreguaedizioni, per esempio), fare la foto davanti alla "torre dei libri", senza subire gli effetti negativi della calca, sono privilegi che abbiamo saputo sfruttare bene.
Poi il giro tra gli stand e i firmacopie tra fiumane di persone con lo stesso obbiettivo.
Il pranzo (un trancio di pizza e un panino pagati in token - la moneta del Salone) ci è costato quanto un apericena in piazza San Marco o davanti alla fontana di Trevi.
Poi via di corsa all'Auditorium a seguire i "big" che avevamo prenotato, altrimenti si fanno ore di fila senza avere la certezza di poterli sentire.
Quest'anno io e Matteo avevamo scelto di ascoltare Alberto Angela, Marcell Jacobs, Federico Rampini (solo lui) e Roberto Bolle (solo io).
Alberto Angela è meno bello di come lo si vede in televisione, ma molto più simpatico.
L'incontro è stato interessante. Angela non si nasconde e molto chiaramente lancia un messaggio per salvare il pianeta: dobbiamo fare qualcosa tutti, altrimenti molto presto nella fascia tropici/equatore non ci sarà più possibilità di vita per l'uomo con conseguenti cospicue emigrazioni verso luoghi più ospitali.
Dice: "Noi abbiamo la fortuna di vivere nell'epoca in cui si sta meglio di tutta la storia dell'umanità e nel momento in cui l'ambiente è nel suo massimo splendore. Facciamo qualcosa perché questo non finisca."
Molti sono stati gli aneddoti raccontati riguardanti la sua attività di divulgatore.
La sua presenza era legata alla pubblicazione di una collana di libri che celebra il genio: le intuizioni, le invenzioni, le ricerche di uomini e donne capaci di scoperte rivoluzionarie che hanno cambiato il mondo e migliorato la vita di tutti.
Marcell Jacobs, campione olimpico nel 2021 a Tokyo nei 100 metri, a Torino è venuto a parlare del suo libro autobiografico "Flash".
Solitamente chi scrive un'autobiografia da giovane, nel pieno della carriera, mi infastidisce, perché tendo a catalogare la pubblicazione dell'opera come un puro sfruttamento commerciale di un'impresa.
Marcell Jacobs mi è piaciuto: umile, simpatico, intelligente e maturo. Un bel personaggio con un passato da raccontare, seppure molto giovane.
Cresciuto con i miti di Carl Lewis, Andrew Howe e Usain Bolt, lancia un messaggio ai giovani: se avete un sogno cercate di realizzarlo, con impegno, sacrifici e senza perdere di vista la meta.
Racconta di trascorrere lunghi periodi lontano da casa, di sottoporsi a molti sacrifici, ma di restare sempre concentrato sull'obbiettivo.
Mi è piaciuto molto il suo discorso circa la perfezione che va perseguita sempre, anche se è praticamente impossibile raggiungerla, ma ci si può avvicinare.
Marcell attribuisce il merito del suo successo sportivo allo staff di allenatori, fisioterapisti, mental coach che lo seguono, mentre la colpa quando le cose vanno male è solo sua.
Anche Roberto Bolle, primo ballerino al mondo a essere contemporaneamente Étoile del Teatro alla Scala di Milano e Principal Dancer dell'American Ballet Theatre di New York, come Marcell Jacobs, fin da bambino ha capito di avere un sogno e un talento.
A 12 anni supera il provino per la Scala e questo lo costringe ad allontanarsi da casa.
A 15 anni lo nota Nureev, ma la Scala gli impedisce di ballare per lui. Dice si sia trattato della sua unica occasione perduta, ma che, nonostante la delusione del momento, probabilmente è stato meglio così.
È stato un pioniere nel portare la danza in televisione, il balletto all'Arena di Verona e in altri teatri all'aperto e nelle piazze e nel rendere così la danza più popolare, meno d'elite.
Ogni giorno 1h30 di lezione più 5h di prove,
grandi sacrifici per lunghi periodi, prove difficili sostenibili solo grazie a grandi motivazioni.
Il tempo passa anche per lui, ma lo stile di vita, l'alimentazione, la cura del corpo lo aiutano a spostare in là il limite.
Sia Jacobs che Bolle affermano di essere pigri... Mah... Queste dichiarazioni non mi convincono. Probabilmente pretendono molto da loro stessi e vivono con la convinzione di non fare mai abbastanza.
Entrambi mi hanno dato l'impressione di non essere "solo muscoli", ma di avere anche "tanto cervello".
"Più testa che piedi" diceva Carla Fracci e Bolle conferma che il talento non basta per emergere.
Domani torniamo a casa, stanchi ma soddisfatti!
Lunga vita al Salone del libro!
Al termine di ogni mia recensione troverete un numero di stelline che corrispondono ad un mio giudizio complessivo sul libro e uno o più simboli di cibo che evocano le emozioni suscitatemi.