"Donne che pensano troppo" è stato pubblicato in Italia nel 2023 a 10 anni dalla morte dell'autrice Susan Nolen-Hoeksema. Non si tratta di un romanzo, ma di un saggio, scritto da una psicologa, con l'intento di aiutare chi "pensa troppo", chi rumina. Negli Stati Uniti è stato letto moltissimo, divenendo un best seller.
Chi me lo ha regalato, due anni fa, forse pensava si trattasse di un romanzo con un titolo accattivante e una bella copertina. Non lo è, ma l'autrice narra episodi veri o inventati che servono da esemplificazioni e lo fa con dei brevi racconti, ben scritti e molto utili per comprendere la problematica, riconoscerci o riconoscere persone a noi vicine.
Il rimuginare è tipicamente femminile, ma nella mia famiglia, ad esempio, è caratteristica più maschile. "Quando si rumina, si continua a tornare ossessivamente sui pensieri e le emozioni negative, esaminandoli, mettendoli in discussione, lavorandoli come fossero un impasto."
Quello che più mi è piaciuto è il metodo utilizzato dall'autrice per far prendere coscienza del problema a chi ne soffre e le strategie suggerite per attenuare i disturbi, ma ancor di più ho apprezzato il suo "puntare il dito" verso la società attuale, prima vera fonte del problema. Le donne sono continuamente bombardate da informazioni e suggerimenti dai media, da internet, dalla stampa, dalla politica, dalla famiglia, dagli amici, dai colleghi, .... tutti a suggerire "come dovremmo comportarci, cosa dovremmo pensare, chi dovremmo ammirare e a che obiettivi dovremmo ambire." Finchè non si smetterà di chiedere troppo alle donne, caricandole di ogni sorta di senso di responsabilità, sarà ben difficile che possano realizzarsi in modo completo e vivere serenamente, senza finire per "sentirsi soffocare da pensieri, emozioni, preoccupazioni fuori controllo: Che cosa sto facendo della mia vita? Cosa pensano gli altri di me? Perché non sono soddisfatta? Sarò abbastanza in gamba? Il mio compagno è ancora interessato a me? Perché mio figlio mi risponde male? Perché mi sento così frustrata e ansiosa?".
Sicuramente si tratta di un libro che è stato iperpubblicizzato (e non so se in Italia abbia avuto lo stesso successo che in America) e sopravvalutato. È molto ripetitivo nei concetti (ma forse serve, è più efficace? considerato lo scopo che intende raggiungere). Tuttavia non è un libro che non vale la pena di leggere, anzi! Se siete donne (o uomini) che pensano troppo, leggetelo! Vi aiuterà a trovare una strategia per vivere più sereni. Se avete vicino qualcuno che rimugina in continuazione, leggetelo! Vi aiuterà a comprendere l'altro e magari ad aiutarlo ad uscire da quel loop. Se invece non è così, leggete altro!
★★★☆☆
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Sarà pubblicato il 12 febbraio in Italia "Donne che non si amano abbastanza" della stessa autrice.
"Noi donne non ci amiamo abbastanza: siamo straordinariamente dure con noi stesse e ci scervelliamo ad analizzare ogni singolo difetto, perdendo ore a chiederci “Sono una buona madre? Una buona compagna? Sono brava nel mio lavoro?. Ci preoccupiamo per mille cose e raggiungiamo livelli di rovello interiore che nessuno dal di fuori riesce a immaginare, un autosabotaggio in piena regola. Ma un modo per spezzare questo circolo vizioso c’è: riscoprire e usare i nostri peculiari e unici poteri."
Pubblico oggi la recensione de "La cuoca segreta di Frida", per ricordare la pittrice Frida Kahlo morta esattamente settant'anni fa. Si tratta di un romanzo di Florencia Etcheves che ho iniziato a leggere molti mesi fa con entusiasmo, per poi arenarmi. Il personaggio Frida mi ha sempre appassionata, molto prima della "kahlomania" e su di lei ho letto numerose biografie. Ero consapevole che leggendo questo romanzo avrei aggiunto poco in termini di conoscenza sulla pittrice messicana, però mi intrigava l'idea di scoprire magari qualche aneddoto che non conoscevo e mi piaceva anche rileggere la sua storia.
Il romanzo è ben strutturato e alterna un capitolo ambientato ai giorni nostri ad un altro ai tempi di Frida. La "cuoca segreta" che dà il titolo all'opera è finzione, il giallo che viene narrato nei capitoli "odierni" è anche pura invenzione. Di vero c'è la biografia di Frida Kahlo.
Ciò che mi ha bloccata nella lettura è stato un presunto "errore storico". Cito testualmente: "Dopo aver sistemato la spesa su uno scaffale di legno trasformato in dispensa, Caridad prese la scopa che qualcuno aveva lasciato appoggiata al lavello di metallo e scopò il pavimento di cemento levigato. Ammucchiò le bucce di patate, le briciole di pane e qualche mozzicone di sigaretta. Infilò il tutto in un sacchetto di plastica e buttò la spazzatura in un contenitore metallico accanto alla porta che collegava la stanza al giardino."
A voi risulta che nel 1940 esistessero i sacchetti di plastica in Messico o in altre parti del mondo? Secondo Wikipedia: "Le domande di brevetto americane ed europee relative alla produzione di sacchetti di plastica per la spesa risalgono ai primi anni '50, ma si riferiscono a costruzioni composite con manici fissati al sacchetto in un processo di produzione secondario. Il moderno sacchetto leggero per la spesa è un'invenzione dell'ingegnere svedese Sten Gustaf Thulin. Il progetto di Thulin fu brevettato in tutto il mondo da Celloplast nel 1965."
Un errore tutto sommato perdonabile, ma che mi ha fatto sorgere il dubbio che l'autrice non abbia voluto perdere troppo tempo nel documentarsi e che si sia presa anche altre "licenze".
Dopo mesi di stop l'ho ripreso in mano e terminato. Il finale non mi è piaciuto. La chiusura è sbrigativa e lascia aperte molte vicende.
Mi sono piaciute molto le parti in cui vengono descritte dettagliatamente le tradizioni culinarie messicane e i costumi delle “Tehuanas”, le donne di Tehuantepec, famose per i lavori di ricamo coloratissimi e gli abiti composti dallo huipil e da una gonna molto ampia.
Frida amava indossare l'abito da tehuana che tanto piaceva a Diego Rivera.
Complessivamente il romanzo non è male e può essere molto interessante per chi non conosce la vita di Frida Kahlo e il suo turbolento amore per Diego Rivera.
Se deciderete di leggerlo, vi terrà compagnia per quasi 600 pagine.
"Non voglio che Diego mi dia un soldo . Non voglio niente da quel grosso rospo, niente di niente. Questo lo devi imparare anche tu. Non accettare mai in vita tua soldi da un uomo. Devi riuscire a procurarteli da sola."
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In questa domenica meteorologicamente iniziata con temperature basse e cielo grigio e via via migliorata fino ad arrivare a temperature estive e cielo azzurro, in condizioni di salute precarie a causa di un dente capriccioso che mi sta facendo dannare e quindi non in grado di fare un giro in bici o di corsa (meglio evitare!), messa davanti alla scelta di come trascorrere il pomeriggio e in particolare a due opzioni: aprire il tomo di diritto di mille pagine che mi sta impegnando negli ultimi mesi o leggere un sottile libricino appena pubblicato che parla di Frida e scriverne sul mio blog, ho scelto la seconda opzione, perchè amo leggere, scrivere e adoro Frida Kahlo.
Su di lei negli anni ho letto diverse pubblicazioni: "Frida. Una biografia di Frida Kahlo" di Hayden Herrera, "Viva la vida!" di Pino Cacucci, "Frida Kahlo" di Andrea Kettenmann; ho visto il film interpretato dalla bellissima Salma Hayek e ho visitato qualche anno fa a Bologna una mostra di sue opere, foto e oggetti, ma del personaggio Frida mi sono innamorata prima di vedere il film, prima che tutte le ragazzine circolassero con la sua immagine stampata sulla maglietta e sulle borse. Mi ha inizialmente attirata per le sue caratteristiche sopracciglia e la sua scelta di non "toccarle" mai. Pur non essendo io dotata di monociglio, le mie erano molto folte e in anni in cui per essere alla moda bisognava avere sopracciglia sottilissime, io ho fatto una scelta "di carattere" e non le ho assottigliate. Questa sua caratteristica fisica che ci accumunava mi ha fatto avvicinare al personaggio Frida Kahlo, conoscere la sua vita, le sue opere, scoprire la sua resilienza e caparbietà ed anche le sue fragilità. Di lei ho amato sicuramente la sua indipendenza, la sua forza, il suo femminismo. Quello che ho sempre faticato a capire è il suo rapporto con Diego Rivera, sicuramente un amore immenso da parte di Frida, ricambiato in modo "originale" da Diego. Lui stesso ha dichiarato di aver capito troppo tardi che la parte più bella della sua esistenza era l'amore che provava per lei.
Luca Nannipieri analizza in questo suo brevissimo lavoro l'immagine iconica della coppia Frida Kahlo e Diego Rivera, "non solo due amanti, di essi la storia ne enumera ormai migliaia di milioni, e l'amore, si sa, ha albergato almeno una volta nella coltre di ogni creatura che ha messo piede in terra. No: un'icona. Almeno per il secolo che ci è dato di vivere, Kahlo e Diego non sono soltanto due pittori messicani. Incarnano una storia che ha tutte le azzeccate fattezze, le precise metrature, i più impensabili avvelenamenti dell'anima, per divenire quello: mythos. Mitologia."
Lo stesso autore precisa in una nota che "questo libro non è un saggio perchè non ha una tesi da esporre e documentare. Anzi ha un finale da compiere."
Sul finale da compiere sono d'accordo e lascio a voi scoprire di che cosa si tratta. Contesto invece che questo libricino non abbia una tesi. Ce l'ha e a parere mio è l'idea di icona di coppia di Frida e Diego. Un'idea che a me non piace molto. E' Frida l'icona ed ha trascinato con sé Diego, come avrebbe trascinato chiunque gravitasse intorno alla sua figura.
Ad ogni modo questo libro, pubblicato da Skira il mese scorso, merita di essere letto. Nannipieri è un critico d'arte che scrive con passione e poesia ciò che pensa.
★★★☆☆
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Ho faticato un po' all'inizio ad entrare nella trama del romanzo giallo "La pista" di Anne Holt. Alla fine però l'ho apprezzato e in particolare mi è piaciuta molto la protagonista, che ho trovato per molti aspetti un personaggio simile alla Penelope di Carofiglio.
Una sciatrice viene accusata di doping a pochi mesi dalle Olimpiadi. Uno sciatore viene ritrovato morto in circostanze poco chiare. Selma Falck, ex atleta di fama mondiale ed ex avvocatessa di successo, ha perso lavoro, marito e figli a causa di un vizio che l'ha rovinata finanziariamente. La sua vita precipita nel baratro della solitudine e della disperazione, fino a quando il padre della campionessa accusata di doping, convinto si tratti di un sabotaggio, chiede a Selma di trovare le prove per scagionare la figlia. Selma è obbligata dalla sua situazione personale ad accettare l'incarico e inizia a investigare.
Questo romanzo giallo è il primo con protagonista Selma Falck, a cui hanno fatto seguito "La tormenta" e "Lo sparo".
"Le persone parlavano. Con i coniugi. Con gli amici più intimi. A letto. Da ubriache. Ovunque. Come mezzo di ingraziarsi qualcuno. Rendersi interessanti. "Non dirlo a nessuno" era probabilmente la richiesta che era stata e continuava a essere infranta con più frequenza nella storia dell'umanità."
★★★☆☆
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L'idea di scrivere "Elogio del gregario" è venuta a Marco Pastonesi un giorno in cui, a causa di una foratura, si è imbattuto per caso nella bottega da ciclista dei fratelli Renzo, Valeriano e Mario Zanazzi, ex gregari professionisti ai tempi di Coppi e Bartali. Mentre riparava la gomma bucata, Valeriano raccontava a Marco episodi della passata vita da gregario.
Ex ciclista ed ex giocatore di rugby di serie A, l'autore è stato giornalista della «Gazzetta dello Sport» per moltissimi anni e da cronista ha seguito dodici Giri d’Italia, nove Tour de France e un’Olimpiade, ma anche due Giri del Ruanda e uno del Burkina Faso.
Ai suoi sport preferiti ha dedicato numerosissimi libri. L'ultimo è "Elogio del gregario".
Il titolo è eloquente. Si tratta di un chiaro riconoscimento al gregario.
In realtà gli elogi sono molti, come anche i gregari, a cui Marco Pastonesi dedica racconti e aneddoti con lo scopo di riconoscere l'importanza del ruolo del gregario che, quasi sempre, sgobba per il capitano tutta la gara e appena dopo il traguardo nessuno ricorda più.
Il primo racconto è dedicato proprio ai fratelli Zanazzi, a cui ne fanno seguito molti altri.
Una raccolta molto interessante, imperdibile per gli amanti del ciclismo, soprattutto del passato.
Curiosità: Marco Pastonesi fa parte del Comitato scientifico della Biblioteca della bicicletta Lucos Cozza.
La Biblioteca della bicicletta è nata nel 2012 da un’idea di Fernanda Pessolano e un progetto dell’associazione Ti con Zero, è un luogo di raccolta di quello che riguarda la bicicletta in tutte le sue forme e i suoi modi, ma è anche un luogo di lettura e studio aperto a tutti.
La Biblioteca della bicicletta Lucos Cozza possiede circa 2300 titoli, tra testi, riviste, cd e dvd, mappe e itinerari.
"Il mio gregario ideale è un centauro, metà uomo (o donna) e metà bici, e deve avere una carriera pulita, linda, immacolata da vittorie. In due parole: vittorie zero. Perché la vittoria è una sirena al cui canto bisogna saper resistere con lentezza, se non fermezza. Perché la vittoria è una cattiva consigliera, ingannevole ed effimera. [...] La sconfitta, nel ciclismo, non esiste, al massimo la si sfiora quando si abbandona la gara. Il mio gregario ideale dà tutto prima. Così quell’undici novembre 2018 ci rimasi da bestia. Giuda, pensai, non avrebbe potuto fare di peggio. Un colpo sotto la cintura, una pugnalata alle spalle. Un tradimento bello e buono, uno strappo alle regole. Un salto mortale, un peccato capitale. Dopo dieci anni di esemplare professionismo – zero vittorie in carriera –, proprio nell’ultima corsa da stipendiato, in piena zona Cesarini, ormai a tempo scaduto, Alan Marangoni cedette alla tentazione e fece quello che non aveva mai fatto e che non avrebbe mai dovuto fare. Vincere. [...]
Nel 2018, l’anno dell’addio alle corse da immacolato (Nippo-Vini Fantini-Europa Ovini), 8761,06 km in settantuno giorni di corsa, Marangoni perse la testa. Dopo aver messo in crisi mistica chi credeva in lui con due settimi posti (seconda tappa e classifica finale) nella Hammer Stavanger, peccò con un quarto posto nella nona e ultima tappa del Tour of Hainan, finché l’ultimo giorno con il dorsale cedette anche al comune senso del pudore e osò vincere il Tour – ma si tratta della corsa di un giorno, anche se stavolta nefasto – de Okinawa. Perdipiù aggravando la tragica situazione festeggiandosi, osannandosi, celebrandosi, felicitandosi, battendosi ripetutamente il pugno destro sul cuore. Non mi rimase altro che processarlo per direttissima ed emettere il duro verdetto: espulso. Espulso e squalificato a vita dalla mia squadra. Di cui lui, Alan Marangoni, romagnolo di Cotignola, era – ma tu pensa – il capitano morale, il leader naturale, il comandante esemplare.
E per rispetto verso chi era rimasto ai patti, a nulla sarebbero mai valsi inevitabili ripensamenti e tardivi pentimenti. Amen.
Ognuno ha la sua squadra. La Bianchi o la Legnano, la Salvarani o la Molteni, la Mercatone o la Mapei, la Tenax o la Flaminia, la Zalf o la Colpack. La mia squadra è trasversale e universale, indipendente e rivoluzionaria, composta esclusivamente da corridori senza vittorie. Ogni anno si arricchisce di nuove illusioni e si valorizza di nuove delusioni, si fortifica di eterni secondi e terzi mondi, si moltiplica di maglie nere e lanterne rosse, puntando e lanciando gli atleti regolari e completi, cioè quelli che – come si recita nel mondo del ciclismo – vanno piano dappertutto."
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Nel romanzo "Il sentiero dei nidi di ragno", pubblicato nel 1947 da Einaudi, Italo Calvino affronta il tema della lotta partigiana. Lo fa utilizzando un approccio molto originale. Il punto di vista è quello di un ragazzino, Pin, un orfano, povero, rozzo che vive con la sorella prostituta.
Pin, dopo alcune peripezie, trova rifugio in un accampamento partigiano. E Calvino inizia a narrare le vicende della "scalcagnata" banda attraverso gli occhi del ragazzino.
La storia può essere letta su più piani: quello del bambino solo che non si trova a suo agio nè con i coetanei nè con gli adulti ed è alla disperata ricerca di un amico e quello della vicenda storica della lotta partigiana. Tra le righe emergono le contraddizioni di entrambe le parti in lotta. Chi ha scelto di combattere? È perché proprio da quella parte?
Il linguaggio è scorrevole e semplice, tranne l'uso di termini dialettali che inizialmente può mettere in difficoltà rallentando un po' la lettura.
"Pin sale per il carrugio, già quasi buio; e si sente solo e sperduto in quella storia di sangue e corpi nudi che è la vita degli uomini"
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