Nel mio blog solitamente non parlo di libri in uscita. Preferisco recensire i libri che leggo.
Voglio però fare un'eccezione per un autore che amo molto e di cui ho letto quasi tutti i romanzi: Carmine Abate.
Ho saputo oggi che uscirà il 12 di ottobre
"il cercatore di luce", romanzo in cui lo scrittore racconterà la vita di Giovanni Segantini.
Carmine Abate scrive molto bene. I suoi racconti sono avvincenti e affascinanti.
Lo attendo con molta impazienza, certa che non mi deluderà.
Tanto Trentino e Arco, città natale di Giovanni Segantini e luogo in cui vivo, nel romanzo. E questa è la ragione che mi porta a parlarne ancora prima di leggerlo.
Preordinabile online e nelle librerie.
"Carlo ha dodici anni quando sale in Scanuppia, una montagna del Trentino, per trascorrere le vacanze estive nella baita di famiglia. I genitori non fanno che litigare, la tensione è palpabile, eppure un inatteso sollievo lo coglie quando si immerge nel dipinto appeso nella sua stanza: una giovane donna con un bambino tra le braccia. Chi sono quelle due persone? Al ragazzo pare di riconoscerle e chiede notizie alla Moma, la nonna originaria della Calabria, scoprendo che il nonno aveva conosciuto il pittore, Giovanni Segantini. Carlo si trova così a ricostruire la trama intima e collettiva di un intero secolo, a partire dalla travolgente vicenda umana di Segantini, legata a quella della propria famiglia. Mentre è alle prese con i primi turbamenti sentimentali, il ragazzo si appassiona all'amore tra l'artista e Bice Bugatti, donna carismatica e compagna fedele, sempre al suo fianco dall'incontro a Milano agli anni in Brianza e in Svizzera. In un romanzo epico e visionario, Carmine Abate torna a raccontare un'appassionante storia famigliare, e vi intreccia con maestria la straordinaria avventura esistenziale e artistica di uno dei nostri più grandi pittori, muovendosi – con l'autorevolezza di chi li conosce nelle più segrete profondità – in luoghi lontani ma dalla identica, struggente meraviglia: dal Trentino di Arco e della Scanuppia, paradiso naturale degli urogalli, alle altezze sublimi di Maloja, all'altopiano della Sila, monumento alla bellezza nel cuore del Mediterraneo. Avvalendosi di un meccanismo narrativo ad alta precisione alimentato da una lingua insieme morbida e acuminata, Abate scolpisce un potente romanzo corale che affronta temi universali: la vita, la natura, la morte, gli stessi del famoso Trittico della Natura di Giovanni Segantini. È lui l'inesausto cercatore di luce che, pur presagendo la fine ormai prossima, sale in montagna a dipingere l'ultima, grandiosa opera. L'unico modo per sconfiggere la morte. La sua e la nostra."
La stessa storia raccontata da tre punti di vista, quello di Modesto, quello di Viviana e quello del terapista a cui si rivolgono Modesto e Viviana per intraprendere un percorso di coppia.
La cosa strana è che Modesto e Viviana non sono una coppia "tradizionale" in crisi, sono due amanti.
La realtà è che stanno insieme da tre anni e quindi i problemi che affrontano sono gli stessi di una coppia sposata. Non sono "amanti" nel senso comune del termine. Lo sono in quanto sposati con altre persone, ma le vere coppie in crisi sono quelle con i loro rispettivi coniugi.
Romanzo di successo da cui è stato tratto un film con Ambra Angiolini nei panni di Viviana.
Non mi ha entusiasmato.
"Penso che tra amiche ci siano cose che non si possono dire. Di più: all'amicizia rivendico il privilegio di tacere le cose importanti, contando sulla reticenza dell'altro. Confidarsi costa poco; infatti è una pratica che si svolge normalmente fra conoscenti, addirittura fra estranei. Capire e tacere, questo è difficile. Una vera amica, per me, è quella che sa tenere un segreto che non le hai rivelato."
★★☆☆☆
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🍨 mousse alla fragola
Donatella di Pietrantonio, abruzzese e odontoiatria di professione, potrebbe scrivere qualunque storia, anche la più banale, e saprebbe renderla interessante, talmente è bella la sua scrittura.
"Borgo Sud" rappresenta il sequel dell’"Arminuta", bellissimo romanzo in cui l’autrice racconta una storia di abbandono e di riscatto.
Nel primo romanzo, vincitore del Premio Campiello 2017, l'autrice narra la storia di una ragazzina tredicenne che viene rimandata alla famiglia d'origine, dopo aver vissuto fin da piccolissima con persone che ha sempre creduto essere i suoi genitori. Si trova così ad affrontare una vita dura, in un ambiente povero, grezzo e molto diverso da quello in cui viveva. Al termine del romanzo si capirà il motivo del suo rientro nella famiglia d'origine. Non è però necessario averlo letto per affrontare "Borgo Sud".
Nel secondo romanzo, l'Arminuta, termine dialettale traducibile in «la ritornata», è cresciuta, ha studiato ed ora vive a Grenoble in Francia. Una telefonata dall'Italia la costringe a ritornare al paese natale. Durante il viaggio di ritorno affioreranno i ricordi e ci racconteranno quanto accaduto dopo aver lasciato l'Arminuta ragazza.
Borgo Sud esiste. È un quartiere di Pescara, un quartiere povero, di pescatori.
Isolina esiste ed ha ispirato l'omonimo personaggio di "Borgo Sud".
Il romanzo ha conquistato il secondo posto del premio Strega 2021.
★★★★☆
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🍷 vino rosso
"La regina degli scacchi" è un romanzo di Walter Tevis, pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti nel 1983 e in Italia nel 2007 da Minimum Fax, ripubblicato da Mondadori nel 2021 in seguito all'enorme successo dell'omonima serie Netflix.
Di scacchi sono anni che sento parlare a casa mia. Non gioco, ma conosco le regole, so muovere i pezzi e quando i miei figli erano piccoli e gareggiavano ho frequentato i tornei. Conosco l'ambiente, le emozioni suscitate dalle partite, vinte o perse, il rito dell'analisi post partita.
I termini tecnici usati io li comprendo, ma non è necessario intendersene di scacchi per capire il romanzo.
Io non gioco a tennis, eppure ho letto "Open" di Agassi e l'ho adorato.
"La regina degli scacchi" è la storia di un'orfana, Elisabeth Harmon, che scopre per caso il suo immenso talento e da quel momento la sua vita non è più la stessa.
Beth trova negli scacchi la via di fuga dalla realtà, tuttavia i dolori e le insicurezze che si porta dentro si fanno sentire e non è facile per lei superarli. Dovrà combattere contro la dipendenza da alcool e farmaci.
Il romanzo è molto bello. L'ho divorato. Scritto molto bene, scorrevole e avvincente come un thriller.
Ho guardato anche la serie televisiva, realizzata in modo impeccabile e nel complesso molto attinente al romanzo.
Imperdibili entrambi.
Il titolo originale "The Queen's Gambit" (il Gambetto di donna), nome di un'apertura scacchistica che nel romanzo ha una certa importanza per Beth, evidentemente agli editori italiani non piaceva ed è stato sostituito con, a parer mio, il più banale "La regina degli scacchi".
Curiosità: si dice che l'autore nel creare il personaggio di Elisabeth Harmon si sia ispirato alla biografia dello scacchista americano Bobby Fischer, campione del mondo nel 1972 battendo il grande maestro sovietico Boris Spassky.
“Fu la prima vittoria di Beth. Tutta la tensione era svanita e quella che sentiva era l’emozione più bella che avesse mai provato in vita sua.”
★★★★★
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🐣 uovo di Pasqua
Qui sotto il trailer della serie Netflix "La regina degli scacchi".
"La bambina e il nazista" è un romanzo storico dietro al quale c'è un grande lavoro di documentazione a cura della co-autrice Scilla Bonfiglioli.
I fatti narrati sono realmente accaduti seppure siano stati romanzati nel racconto.
La storia della bambina è inventata, ma trae spunto da una vicenda vera, di cui c'è traccia nel processo di Norimberga. Un nazista viene scagionato da una bambina che dichiara di essere stata prigioniera nei campi di Sobibor e Majdanek e di essere stata salvata da un nazista. Il come e il perché sono frutto della fantasia dei due autori.
Tuttavia i fatti narrati di quanto accadeva nei campi di concentramento sono reali. Purtroppo la realtà supera la fantasia.
Il romanzo è scritto come un thriller, con ritmo incalzante, fluido, scorrevole, avvincente, nonostante l' orrore dei fatti narrati.
È ambientato in due campi di concentramento, Sobibor e Majdanek, tra i più feroci e spietati, in cui si attuava l'operazione Reinhard, il progetto di sterminio degli ebrei polacchi.
Ho trovato molto originale che la vicenda sia stata raccontata dal punto di vista del nazista. Ciò ha permesso un'indagine psicologica profonda del protagonista.
Un romanzo che mi ha lasciato molto. Vale davvero la pena di leggerlo. Scritto molto bene. Non si avvertono minimamente le "quattro mani".
Ho letto "La bambina e il nazista" per il Grande torneo letterario di Robinson.
Vedendola partire,Hans strinse i pugni. Avrebbe voluto che esistesse una giustizia, al di là degli uomini e degli eserciti, qualcosa di superiore che mandasse un fulmine ad abbattersi su di lei. Ma se c'era una cosa che aveva imparato a Majdanek e a Sobibor era che la giustizia non esisteva: chi aveva il braccio più forte poteva annientare creature innocenti senza che gli venisse chiesto di pagare alcun prezzo."
★★★★☆
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🥃 amaro digestivo
"Gli ultimi giorni di quiete" è un romanzo di Antonio Manzini, la cui scrittura trae spunto da un fatto realmente accaduto.
Manzini spiega di aver incontrato molti anni fa un signore sconosciuto che gli raccontò un fatto agghiacciante, accadutogli alcuni anni prima: l'incontro in treno con l'assassino di suo figlio, uscito di carcere dopo aver scontato una pena di pochi anni, nonostante il terribile crimine commesso.
Manzini rimase colpito da questa confessione e per anni immaginò quali potessero essere state le reazioni del padre, della madre e dello stesso assassino in seguito a quell'incontro. Ora, a distanza di anni dall'episodio, scrive "Gli ultimi giorni di quiete".
Nora, mentre sta tornando a casa in treno riconosce, seduto nello stesso vagone, Paolo Dainese, il ragazzo che sei anni prima, durante una rapina nel tabacchino di famiglia, ha ucciso Corrado, il suo unico figlio. Da quel giorno la sua vita e quella di suo marito non è stata più la stessa. Il loro rapporto si è svuotato. In comune ora hanno soltanto il dolore per la perdita del figlio.
Nora non si capacita di come possa essere accaduto che un assassino, dopo pochi anni dalla condanna, sia libero di circolare e di rifarsi una vita. Trova ingiusto che ciò che a suo figlio è stato impedito, sia, per legge, consentito al suo assassino.
Dal momento in cui è avvenuto l'incontro, Nora ha in mente soltanto di mettere in atto una sua giustizia personale.
Il marito Pasquale, dopo aver appreso dalla moglie la notizia, cerca anche lui un modo per risolvere la questione.
Tre sono i personaggi: Nora la madre di Corrado, Pasquale il padre di Corrado e Paolo l'assassino di Corrado.
Tre sono i punti di vista, tre le diverse reazioni alla vicenda.
Manzini è bravissimo a farci entrare in tutti e tre i personaggi, attraverso un profondo scavo psicologico. Tutti e tre hanno ragione, dal loro punto di vista.
La voce narrante si mescola ai pensieri in prima persona dei protagonisti, rendendo il lettore ancora più coinvolto.
Il personaggio che mi è piaciuto di più è Pasquale, perché alla fine riesce a svoltare, andare avanti.
Ho trovato Nora un personaggio tristissimo.
Paolo mi fa pena.
Tante le domande sollevate, nessuna risposta, perché non c'è una soluzione, un giusto punto di vista.
L'epilogo è inaspettato. Il romanzo è profondo, intenso, coinvolgente.
Antonio Manzini ex attore, scrittore conosciuto soprattutto per aver creato il personaggio di Rocco Schiavone, dimostra con questo romanzo di avere doti letterarie al di là del genere giallo.
"Un uomo è condannato per sempre, allora? Fine pena mai? A cosa servono i processi, le leggi, la galera? Lui aveva capito, aveva capito tutto. Gli errori commessi, la voglia di ricominciare, lasciarsi alle spalle quello che era una volta. Voltare pagina e provare ad essere un uomo migliore. Uno che lavora, che porta a casa uno stipendio, che magari fa anche un figlio che...
Un figlio.
Quello gli hai tolto. E nessuno glielo restituirà più. Quindi forse sì, fine pena mai per me, per la donna e anche per suo marito. Non c'era uscita né soluzione. Un solo gesto inchioda quattro persone per sempre, a quel giorno di marzo di quasi sei anni prima. La sua vita s'era fermata insieme a quella di Corrado Camplone, di sua madre e di suo padre."
★★★★☆
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🍷 vino rosso
"Vecchie conoscenze" di Antonio Manzini é il decimo romanzo con protagonista il vicequestore Rocco Schiavone.
Manzini ha creato un personaggio che è quasi impossibile non amare.
In questo episodio le indagini restano quasi in sottofondo. Sofia Martinet, professoressa in pensione, viene ritrovata morta nel suo appartamento, colpita alla testa con un oggetto pesante.
A mano a mano che l'indagine procede, anche le vicende umane di Schiavone e degli altri personaggi evolvono e scopriamo sempre di più di loro. Questa volta l'autore ha affrontato, tra le altre cose, anche il problema dell'emarginazione dei gay.
La presenza di Marina torna a farsi sentire frequentemente, segno che Rocco é infelice e non sta bene. Rocco é acciaccato, stanco, stufo di avere a che fare con la parte peggiore dell'umanità.
Gabriele, il ragazzo ex vicino di casa di Rocco che il vicequestore aveva ospitato in casa sua, con la madre, per un breve periodo, é partito per Milano. Rocco si sente solo. Gabriele è entrato nel suo cuore e ormai è quasi un figlio per lui.
"Non siamo amici, non lo siamo mai stati, e forse non lo saremo mai. Lavoriamo insieme. A volte ci avviciniamo, poi ci allontaniamo, come branchi di pesci in mezzo all'oceano. Ma la sapete la cosa strana? Mi siete rimasti solo voi. Per quanto sia dura e difficile ammetterlo, non ho altri che voi..."
Il finale è davvero sorprendente, inaspettato.
Molte vecchie conoscenze si faranno vive. Gran parte del passato di Rocco si chiarirà.
Manzini questa volta non mi ha delusa nemmeno un po'. "Vecchie conoscenze" non ha nulla a che vedere con la virata verso il genere "rosa" che si avvertiva in "Ah l'amore l'amore" e che io avevo un po' criticato.
"Lui lo sapeva, ci sono dei giorni in cui si percepisce che un pezzo della nostra vita se n'è andato, e seppelliamo la nostra faccia di una volta perchè non ci appartiene più."
★★★★☆
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🐣 uovo di Pasqua
Se cercate nei siti on line che vendono libri, "Figlia della cenere" di Ilaria Tuti viene inserito tra i gialli/thriller.
In realtà in questo quarto romanzo con protagonista Teresa Battaglia, il mistero sembra essere un pretesto per svelare di più sul passato della commissaria.
Teresa, più acciaccata che mai, si trova alle prese con un serial killer che già conosce.
Il racconto si svolge su tre piani temporali: oggi, 27 anni prima e nel IV secolo.
"Giacomo Mainardi è un assassino ed è anche un artista, non possiamo prescindere da questo, perchè lui è questo: l'immaginazione ha un ruolo centrale. Lasciamo che le sue fantasie vengano canalizzate in modi espressivi innocui. Credetemi se vi dico che è stato dimostrato che le fasi dell'omicidio seriale sono le stesse della creazione artistica. Aurorale, eccitamento, di seduzione, fase creativa, totemica...E infine 'depressiva', Albert. Significa che se gli togliamo le tessere e gli attrezzi, a Giacomo tornerà una gran voglia di uccidere, strappare un osso dal corpo,trasformarlo in sette piccoli pezzettini e ficcarli da qualche parte che non sia un mosaico. E troverà il modo di farlo, con o senza isolamento. Ci proverà ogni istante della sua vita, com'è vero che deve respirare per sopravvivere."
Aquileia ha un ruolo di rilievo nella vicenda.
Anche questa volta Ilaria Tuti ha ambientato il suo racconto nella sua terra, facendoci conoscere storie, aneddoti e cultura di quei luoghi.
Piano piano, grazie anche ai continui flashback, viene svelato il dolorosissimo passato della commissaria.
Teresa Battaglia è una profiler di altissimo livello, non solo per gli studi fatti, ma soprattutto per l’empatia che prova per gli autori dei delitti su cui indaga.
"Teresa Battaglia, invece, accettava la loro natura e così facendo la strappava al senso di repulsione. Lei riusciva a prendere tutto delle persone che aveva davanti, anche l'orrore più grande, come un dato di fatto. Ecco perchè era così brava nel suo lavoro. Non giudicava, non si scandalizzava. Cercava sempre di comprendere. Ma questo aveva un prezzo. Soffriva, con loro."
Ho faticato nella prima parte ad entrare nella storia, a causa della scrittura dell'autrice ancora più ricercata del solito che rende non troppo scorrevole la lettura.
A volte è necessario soffermarsi a riflettere sulle descrizioni. E i tre piani temporali non ammettono distrazioni. Perdere il filo è un attimo.
Ho faticato anche a digerire i particolari più macabri della vicenda.
Tuttavia il romanzo è scritto indubbiamente benissimo. Ilaria Tuti è una garanzia da questo punto di vista. La sua è una scrittura estremamente colta. E la trama è avvincente.
Questo romanzo ha lo stesso valore di "7/7/2007" di Antonio Manzini, in cui l'autore svela molto del passato di Rocco Schiavone.
Imperdibile quindi per chi ha letto i romanzi precedenti con la commissaria Battaglia. Forse un po' difficile comprendere e amare Teresa per i nuovi lettori che nulla conoscono della protagonista.
Chissà quali saranno le intenzioni di Ilaria Tuti! Se scrivere altri romanzi con Teresa ancora attiva, magari quale spalla dell'ispettore Massimo Marini o se farla uscire di scena definitivamente.
Ilaria Tuti nel 2018 ha raggiunto il successo con il thriller "Fiori sopra l'inferno" con protagonista la commissaria e profiler sessantenne Teresa Battaglia che torna ad indagare anche in "Ninfa dormiente", uscito l'anno successivo, e "Luce della notte" del 2021.
Nel 2020 ha pubblicato "Fiore di roccia", romanzo storico ambientato nella prima guerra mondiale con protagoniste le portatrici carniche. Un romanzo stupendo.
"La mia è una storia antica, scritta nelle ossa. Sono antiche le ceneri di cui sono figlia, ceneri da cui, troppe volte, sono rinata. E a tratti è un sollievo sapere che prima o poi la mia mente mi tradirà, che i ricordi sembreranno illusioni, racconti appartenenti a qualcun altro e non a me. È quasi un sollievo sapere che è giunto il momento di darmi una risposta, e darla soprattutto a chi ne ha più bisogno. Perché i miei giorni da commissario stanno per terminare. Eppure, nessun sollievo mi è concesso. Oggi il presente torna a scivolare verso il passato, come un piano inclinato che mi costringe a rotolare dentro un buco nero. Oggi capirò di dovere a me stessa, alla mia squadra, un ultimo atto, un ultimo scontro con la ferocia della verità. Perché oggi ascolterò un assassino, e l'assassino parlerà di me."
★★★★☆
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🍷 vino rosso
"Dolores Claiborne" è il primo libro di Stephen King che leggo. Ho molto apprezzato la sua capacità di scrivere un monologo femminile. Sicuramente non facile per un uomo. Molto credibile. Non si percepisce minimamente che l'autore è un maschio.
Dolores Claiborne è una donna non più giovane, sospettata di aver ucciso la sua ricca datrice di lavoro e che si trova a doversi discolpare davanti alla polizia. Dolores si difende raccontando la sua vita e confessa invece un altro omicidio avvenuto trent'anni prima durante un'eclissi totale.
Dolores è una donna di cultura modesta. Si sente dal linguaggio usato nel monologo, sgrammaticato e a tratti un po' volgare. All'inizio ho faticato un po', poi mi sono immersa nel romanzo e quello di Dolores è un personaggio davvero bello. Compie un terribile omicidio, tuttavia non si riesce a percepire la sua vendetta come malvagia, piuttosto come una forma sui generis di giustizia. Della serie: "Ben fatto, Dolores!"
Dal romanzo è stato tratto il film "L'ultima eclissi" di Taylor Hackford con Kathy Bates nei panni di Dolores.
Ho letto questo romanzo con il gruppo di lettura online di Immersioni letterarie.
"Io non ho ammazzato quella carogna di Vera Donovan e ora come ora voialtri potete pensare quello che vi pare, ma vi giuro che vi faccio cambiare idea. io non l'ho spinta giù per quella scala del cavolo. Va bene se mi volete sbattere dentro per l'altra storia, ma io non ho le mani sporche del sangue di quella stronza. E penso proprio che ne sarete convinti anche voi ora che avrò finito, Andy."
★★★★☆
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🥃 amaro digestivo
Ho letto "Le ore" di Michael Cunningham, omaggio dell'autore a Virginia Woolf, con un approccio del tipo extended book. Dapprima ho letto "La signora Dalloway" di Virgina Woolf, poi mi sono documentata sulla sua vita, ho letto "Le ore" e infine ho guardato il film "The Hours".
"Le ore" è un romanzo molto interessante che ha vinto il premio Pulitzer per la narrativa nel 1999. Nel 2002 dal libro è stato tratto il film "The Hours", interpretato da Meryl Streep, Julianne Moore e Nicole Kidman.
Tre storie, ambientate in epoche diverse, si alternano nel racconto. Apparentemente sono slegate tra loro, in realtà hanno in comune un legame con il romanzo "La signora Dalloway" di Virgina Woolf.
Tre sono le protagoniste di questo romanzo:
La signora Woolf, raccontata in una sorta di resoconto romanzato di una giornata, trascorsa dalla scrittrice nel 1923 nella periferia di Londra, mentre sta scrivendo "La signora Dalloway". Molto coinvolgente.
Il romanzo inizia con il prologo che racconta il suicidio di Virginia, avvenuto nel 1941 e la stupenda lettera lasciata al marito:«Carissimo, sono certa di stare impazzendo di nuovo. Sento che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. E questa volta non guarirò. Inizio a sentire voci, e non riesco a concentrarmi. Perciò sto facendo quella che sembra la cosa migliore da fare. Tu mi hai dato la maggiore felicità possibile. Sei stato in ogni modo tutto ciò che nessuno avrebbe mai potuto essere. Non penso che due persone abbiano potuto essere più felici fino a quando è arrivata questa terribile malattia. Non posso più combattere. So che ti sto rovinando la vita, che senza di me potresti andare avanti. E lo farai lo so. Vedi non riesco neanche a scrivere questo come si deve. Non riesco a leggere. Quello che voglio dirti è che devo tutta la felicità della mia vita a te. Sei stato completamente paziente con me, e incredibilmente buono. Voglio dirlo – tutti lo sanno. Se qualcuno avesse potuto salvarmi saresti stato tu. Tutto se n'è andato da me tranne la certezza della tua bontà. Non posso continuare a rovinarti la vita. Non credo che due persone possano essere state più felici di quanto lo siamo stati noi.»La signora Brown, moglie e mamma, che cerca nelle pagine del romanzo "La signora Dalloway" una via di fuga dalla routine casalinga. I fatti narrati sono ambientati a Los Angeles in una giornata del 1949.
Ho trovato questa parte molto avvincente e introspettiva.
Clarissa Vaughan, soprannominata dagli amici signora Dalloway per la somiglianza caratteriale con la protagonista del romanzo della Woolf e che vive, alla fine del ventesimo secolo, a New York, una giornata simile a quella vissuta dalla signora Dalloway nel romanzo.
Questa è la parte che mi è piaciuta meno, tuttavia necessaria per tirare le fila dell'intero romanzo e per permettere all'autore di trattare temi a lui cari: il flagello dell'A.I.D.S e le problematiche legate all'omosessualità.
Non spaventatevi! Non si tratta di un libro di difficile lettura. Sicuramente non è un romanzo leggero e spensierato, ma è molto scorrevole, scritto molto bene e con un colpo di scena finale. Non è nemmeno necessario conoscere il romanzo della Woolf per comprenderlo.
Lettura consigliata anche a chi ha visto il film "The Hours".
Curiosità: mi ha colpito il fatto che a Clarissa sembri di aver riconosciuto Meryl Streep sul set cinematografico in cui si imbatte per strada. Sarà proprio Meryl Streep ad interpretarla nel film "The Hours".
★★★☆☆
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🍷 vino rosso
"Furore" di John Steinbeck è un romanzo che non può lasciare indifferenti.
La famiglia Joad, come molte altre famiglie altrettanto disperate, nei primi anni '30, in piena "depressione americana", lascia l'Oklahoma per dirigersi verso la California, una specie di "terra promessa", alla ricerca di lavoro. Troverà emarginazione, miseria e morte. I temi trattati purtroppo sono tuttora attuali, in tutto il mondo.
La famiglia Joad ha ispirato un album di Bruce Springsteen: “The Ghost of Tom Joad" in cui il cantautore denuncia il divario tra ricchi e poveri e i problemi degli immigrati negli Stati Uniti. Un consiglio: leggete "Furore" con la musica di Springsteen di sottofondo. Vi sembrerà di entrare ancor di più nelle atmosfere del romanzo.
Ho letto “Furore” la prima volta molti anni fa nella versione ridotta e ho riletto il romanzo ora nella versione integrale. Il giudizio che avevo dato all'epoca era stato molto positivo. Quando ho iniziato a leggerlo nella nuova versione per il Torneo "Americani" di Robinson, mi sono sentita un po' spaesata. Trovavo il romanzo molto bello, ma non lo riconoscevo. Mi sembrava diverso. Mi sono presa la briga di cercare nella mia libreria la versione precedente e ho confrontato capitoli interi. Non mi sento di criticare il primo traduttore. A differenza di molte opinioni che ho letto, a parer mio, anche la prima traduzione era ottima. La prosa era un po' più poetica. Certo, il traduttore dovrebbe cercare di rendere la traduzione il più attinente alla versione originale e probabilmente quella più recente è la migliore.
Furore è indiscutibilmente il capolavoro di Steinbeck.
Nel 1936 la fotografa americana Dorothea Lange ritrasse nei pressi di un campo di piselli una donna migrante giunta in California dopo aver viaggiato su un camion con il marito e sette figli. “Migrant Mother” è una delle immagini più significative dell’epoca. Per chi ha letto "Furore" impossibile non pensare alla madre della famiglia Joad.
"Le donne guardavano gli uomini, li guardavano per capire se stavolta sarebbero crollati. Le donne guardavano e non dicevano niente. E quando gli uomini erano in gruppo, la paura spariva dai loro volti e la rabbia prendeva il suo posto. E le donne sospiravano di sollievo, perché capivano che andava tutto bene: il crollo non c'era stato; e non ci sarebbe mai stato nessun crollo finché la paura fosse riuscita a trasformarsi in furore."
★★★★★
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🍰 torta Saint Honoré
Ho letto "Il grande Gatsby" per il Torneo "Americani" di Robinson un po' prevenuta. Lo avevo già letto moltissimi anni fa nella versione in inglese per studenti e non lo avevo molto apprezzato, forse a causa del mio inglese non eccellente o forse a causa della versione scolastica "ridotta e adattata".
Il film con Di Caprio ha contribuito a pormi degli interrogativi sulle qualità del romanzo.
In realtà la lettura si è rivelata una sorpresa.
Gatsby è un personaggio misterioso. Poco si sa di lui, all'inizio. Ricchissimo e terribilmente solo. Un unico desiderio lo muove. Morirà solo, illuso di poter raggiungere il suo obbiettivo.
Lo ho molto apprezzato. Tuttavia nulla ha potuto nello scontro con "Furore".
"Quando stai per metterti a criticare qualcuno - mi disse - ricordati che nessuno al mondo ha avuto i vantaggi che hai avuto tu."
★★★☆☆
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🐣 uovo di Pasqua
Questo romanzo mi ha incantata. Il suo andamento lento mi ha catturata. Solitamente non amo questo genere di prosa. "Canto della pianura" però non è assolutamente noioso. E il ritmo lento e le descrizioni dettagliate trasportano il lettore nei paesaggi rasserenanti di Holt.
Nonostante nelle vite dei protagonisti ci sia tanta solitudine e tristezza, prevale il senso di speranza e solidarietà e nella narrazione si alternano le vicende di molti personaggi a cui affezionarsi.
Infatti mi mancano gli anziani fratelli McPheron, i piccoli Ike e Bobby e Victoria e mi manca l'immaginaria cittadina di Holt.
Questo è il primo romanzo che leggo di Kent Haruf.
L'ho apprezzato ben oltre le aspettative che mi ero fatta, nonostante ne avessi sentito parlare molto bene.
"Due uomini anziani con una ragazza di diciassette anni seduti al tavolo sparecchiato di una sala da pranzo di campagna, dopo cena, mentre fuori, oltre le pareti di casa, oltre le finestre senza tende, un gelido vento del nord scatenava l'ennesima tempesta invernale sugli altopiani."
★★★☆☆
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🍞 pane
Hilda Doolittle ne "Il dono" gioca con le parole, le lingue (inglese, tedesco, francese, greco...), con i significati di una stessa parola in lingue diverse.
I racconti sono confusi, un misto tra sogni e ricordi suoi e delle sue antenate, scritti apparentemente di getto durante i bombardamenti su Londra, narrano vicende dell'autrice da bambina, ma anche eventi che riguardano altre persone, sentiti raccontare dalla mamma e dalla nonna.
Per comprendere questa opera fortemente autobiografica bisogna conoscere la vita dell'autrice (l'infanzia, l'emigrazione all'estero, la sua vita sentimentale movimentata, le amicizie e il suo rapporto con Freud) altrimenti risulta difficile, quasi incomprensibile.
Per questo è fondamentale leggere la prefazione.
Scritto tra il 1941 e il 1945, "il dono" fu pubblicato nel 1982 in forma breve e nel 1998 nella versione integrale.
Ho letto, con molta fatica, questo romanzo, per il torneo "Americani" di Robinson de La Repubblica. Se non mi fossi presa l'impegno di giudicarlo per la competizione letteraria, lo avrei abbandonato.
"Il dono c'era, ma l'espressione del dono era altrove."
★☆☆☆☆
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🍋 limone
L'inizio del romanzo "Il rispettabile signor H.M. Pulham" di John P. Marquand è noioso, lento, poi, dopo le prime 30/40 pagine, diventa interessante e la prosa scorre fluida, quasi avvincente, nonostante la vita del protagonista sia quella di una persona "rispettabile" che conduce una vita "normale", senza sorprese particolari, quasi banale, prevedibile.
Tuttavia questa vita banale induce profonde riflessioni sulle nostre scelte nella vita, sui cambiamenti che siamo disposti a fare, su quanto influisce nelle nostre vite quello che gli altri si aspettano da noi.
Per certi aspetti, mi viene da paragonarlo a "Stoner", anche se non raggiunge il livello qualitativo del romanzo di John Edward Williams.
Ho letto questo romanzo per il torneo "Americani" di Robinson de La Repubblica.
"Avevo troncato ogni rapporto con Marvin da quando avevo sposato Kay; l'avevo cancellata dalla mia mente come si cancella un problema di geometria dalla lavagna a scuola."
★★★☆☆
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🍷 vino rosso
Le vite di Chiara, Anna, Giulia, Angela, Enea, Carlo, Andrea e Marco si sfiorano e poi si intrecciano in questo romanzo di Sara Rattaro.
Durante l'alluvione avvenuta a Genova il 4 novembre 2011, Chiara era in auto bloccata dalla piena, Anna era a casa al sicuro, Giulia era nel negozio dei genitori, Angela era lontana da Genova.
Un anno dopo le loro vite sono molto cambiate.
Romanzo molto breve, scritto bene, introspettivo.
"Impiegai mesi a rimettermi al volante. Non sopportavo l'idea di tornare dentro quello spazio minuscolo, sollevavo gli occhi al cielo e ne cercavo le sfumature grigiastre. Bastava un cielo coperto senza squarci tra le nuvole a riportarmi le immagini di quel giorno, come un chiodo allentato nella testa che non riesci a togliere."
★★★☆☆
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🍷 vino rosso
Mi capita spesso di leggere libri che vengono assegnati ai miei figli come compito per scuola e devo dire che condivido le scelte dei loro insegnanti, a differenza di ciò che accadeva quando erano i miei professori a scegliere le letture per me. Nel tempo mi sono trovata a leggere D'Avenia, Balzano, Carofiglio, Genovesi e questa volta è toccato a Malvaldi. Tutti autori famosi che conoscevo già e di cui avevo letto molto.
"Vento in scatola" però mi mancava. Di Malvaldi ho letto l'intera serie del "Barlume" e qualche altro romanzo.
"Vento in scatola" è un romanzo giallo scritto a quattro mani da Marco Malvaldi e Glay Ghammouri, tunisino, ex militare, attualmente detenuto in Italia.
Gli autori si sono conosciuti in carcere, a Pisa, dove Malvaldi teneva un corso di scrittura creativa per carcerati. Glay Ghammouri si è subito fatto notare per le sue notevoli capacità letterarie.
Protagonista di questo romanzo è Salim, tunisino, laureato, fuggito dal suo paese con una considerevole somma di denaro ottenuta truffando e arrestato in Italia per un fatto non commesso. In carcere Salim, detenuto modello, conosce Gaetano Quarello, un boss che, saputo delle sue abilità in ambito finanziario, decide di affidare a Salim la gestione dei suoi risparmi.
Salim si troverà di fronte ad una scelta: guadagnare la libertà come collaboratore di giustizia e perdere tutti i suoi soldi o rimanere in galera e recuperarli una volta scontata la pena.
Il romanzo descrive l'ambiente carcerario con leggerezza, in modo divertente, pur affrontando un tema molto serio.
Il suo senso è che "così come non si può tenere il vento in scatola, non si può imprigionare l'umanità che è in ciascuno di noi."
"Allora, aveva avuto due proposte. Aiutare un camorrista a investire i suoi soldi, oppure aiutare la polizia a tracciare i conti del camorrista. In cambio, uno sconto di pena e una nuova identità.
Delle due cose, quella che gli piaceva di più era la nuova identità. Carcerato è una condizione transitoria. Lunga, a volte senza fine, ma di natura transitoria. Prima o poi passa, e ti ritrovi ex detenuto. Ed ex detenuto lo rimani a vita, la realtà delle cose è quella. Non passa mai, non se ne va mai. Un marchio a fuoco, un tatuaggio che non ti puoi togliere e che difficilmente fa una buona impressione. A meno che tu non voglia rimanere nel giro."
★★★☆☆
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🍷 vino rosso
"Il metodo Catalanotti", pubblicato nel 2018, è un romanzo giallo di Andrea Camilleri con protagonista il Commissario Salvo Montalbano. Non l'ultimo scritto dall'autore siciliano. L'ultimo episodio infatti prima di "Riccardino" che chiude definitivamente la serie con il commissario, è "Il cuoco dell'Alcyon". Tuttavia l'impressione è che questo sia in realtà il vero finale di Montalbano. E se leggerete il romanzo o guarderete l'ultimo episodio in tv (che ha creato molto dibattito tra gli spettatori) capirete ciò che intendo. Io voglio considerarlo il vero finale di questa serie. Riccardino non mi è piaciuto, non chiude degnamente la serie e "Il cuoco dell'Alcyon" potrebbe essere riferito ad un'indagine precedente, ma raccontato successivamente dall'autore.
Penso che Camilleri in questo romanzo abbia descritto Montalbano in modo molto intimo, come mai fatto prima. Il Commissario appare dibattuto e per la prima volta nella sua vita guarda al futuro senza anteporre la professione ai sentimenti. Nell'episodio televisivo è molto più difficile cogliere queste sfumature.
Il "giallo" da risolvere riguarda due cadaveri ritrovati a poca distanza e quasi in contemporanea. Il primo rinvenuto casualmente da Mimì Augello in un appartamento disabitato e l'altro, quello di Carmelo Catalanotti, usuraio, regista teatrale, ideatore di un metodo di selezione degli attori molto particolare, ritrovato dalla cameriera, assassinato nel suo letto.
Salvo Montalbano sarà aiutato nell'indagine dalla giovane e bella capo della scientifica, appena giunta in Sicilia. Il Commissario si innamorerà di lei con una passione e un desiderio che non provava da anni e che credeva non sarebbe più accaduto.
Per la prima volta Camilleri colloca il caso da risolvere nel mondo del teatro che tanto amava. In un'intervista rilasciata al momento della pubblicazione, Camilleri ha dichiarato trattarsi di un omaggio a questa sua passione, suggerito dalla moglie.
Stilisticamente ho trovato questo episodio diverso dai precedenti. Ricco di citazioni poetiche e letterarie. Un Camilleri molto più sentimentale.
Un suggerimento per chi ha guardato l'episodio in tv senza aver letto il romanzo: leggetelo! Ne vale veramente la pena.
"Commissario, cerco di spiegarle. Carmelo aveva la straordinaria capacità di tirare fuori da ognuno di noi tutto, dico tutto, quello che avevamo dentro. E adoperarlo in funzione teatrale. Mi creda, era come una cura, dopo ogni spettacolo io e il mio compagno avevamo voglia di correre, tanto ci sentivamo... come dire, liberati, sciolti. Il prezzo pagato era altissimo e sconvolgente, certo alcuni dei miei colleghi non si sono sentiti di affrontarlo. Non tutti hanno questa voglia di confrontarsi con le loro verità più nascoste."
★★★★☆
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🍾 spumante
Il primo romanzo di Camilleri con protagonista Montalbano lo lessi molti anni fa, durante una vacanza in Sicilia.
La RAI aveva da poco iniziato a trasmettere gli episodi in tv. Io non avevo seguito la fiction, però ne avevo sentito molto parlare. Fu così che, in un'edicola nel ragusano, acquistai "La gita a Tindari". "La forma dell'acqua", primo episodio con protagonista Montalbano, era esaurito.
Di quel linguaggio inventato, in cui si mescola il siciliano all'italiano, mi innamorai subito.
Non senza difficoltà di comprensione all'inizio.
Anche la prosa di Camilleri mi catturò. In seguito lessi quasi tutti i romanzi e racconti con Montalbano protagonista e guardai anche tutti gli episodi televisivi.
"Riccardino" è stato scritto nel 2005, ma conservato per la pubblicazione dopo la morte dell'autore. Uscito l'anno scorso, non ho voluto leggerlo subito. Volevo essere pronta a chiudere definitivamente la storia del Commissario.
Purtroppo "Riccardino" di Andrea Camilleri non mi ha convinta, non mi è piaciuto. Ho trovato molto originale far interagire il Montalbano dei romanzi con il Montalbano della tv e l'autore.
Il finale però mi ha delusa. Mi aspettavo qualcosa di più geniale. Anche l'indagine non è niente di che.
Mi sa che leggerò i vecchi episodi di Montalbano che non ho ancora letto.
Voglio ritrovare Mimì Augello, galante e spregiudicato, Fazio, buono come era (non aggressivo come in questo ultimo romanzo), Livia, lagnosa e sdolcinata e la bella e sfrontata Ingrid e soprattutto il Salvo Montalbano perspicace, intuitivo, intelligente, incorruttibile e audace che Camilleri ci ha tanto fatto tamare.
L'unico personaggio che in "Riccardino" si trova immutato è Catarella, imbranato e divertente come sempre.
" «Dottori, c'è il profissori e autori, quello che abita a Roma, che ci voli parlare di pirsona pirsonalmenti».
Che fari? Mannarlo a catafottirisi? Ma quello, testa di calabrisi, non avrebbi mollato, capace che l'avrebbi acchiamato a Marinella a notti funnuta.
«Passamillo».
“Ma quelli che abitano nella via interessata al fatto di sangue sono tutti lì, affacciati ai balconi e alle finestre, per vedere che cosa succede. Quindi, appena Montalbano scende dalla macchina, subito sente un dialogo “aereo” sulla sua testa, un dialogo che lo riguarda.
«U Commissario arrivò!».
«Cu? U Commissario?»
«Sì, Montalbano!».
«Ma cu, chiddru de la televisione o quello vero?».
Tutto questo fa subito girare le scatole al Commissario. Montalbano infatti non sopporta di essere scambiato per il suo alter ego”.
★★★☆☆
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🍷 vino rosso
"La disciplina" di Penelope di Gianrico Carofiglio si legge in un pomeriggio. Nel mio caso, piovoso. Scorre in modo veloce, avvincente e piacevole.
Carofiglio crea personaggi a cui ci si affeziona subito. In questo caso Penelope, ex pubblico ministero, allontanata dalla magistratura per un grave "errore" commesso.
Un giorno Penelope viene contattata da un uomo che è stato indagato per l’omicidio della moglie. Il procedimento si è concluso con l’archiviazione a causa della mancanza di elementi sufficienti per procedere contro di lui, ma non ha cancellato i sospetti. L’uomo le chiede di indagare per permettergli di recuperare l’onore perduto e per sapere cosa rispondere alla sua bambina quando, diventata grande, chiederà della madre.
Inizia così un'avvincente indagine ambientata a Milano e raccontata da Carofiglio in modo semplice, dimostrando ancora una volta la notevole capacità nel saper rendere comprensibili concetti giuridici complessi.
Piacerà molto ai lettori questa nuova eroina, fragile e forte al tempo stesso. Estremamente empatica, in buona forma grazie all'esercizio fisico e all'alimentazione salutista, abusa però di fumo, alcool e farmaci.
Sono sicura che ritroveremo Penelope in altre indagini.
"spesso cerchiamo di giustificare i nostri comportamenti attribuendo le colpe agli altri o alla nostra natura, o al modo in cui vanno - andrebbero - inevitabilmente le cose della vita; affermiamo l'ineluttabilità di certe scelte o di certi comportamenti. Ma spesso certi comportamenti, e i mille modi in cui li giustifichiamo, sono solo sintomo di mediocrità morale.
★★★★☆
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