"Supereroi senza poteri" è il terzo romanzo di Michele Ungolo, giornalista free lance, scrittore e responsabile della Casa di riposo di Stigliano.
Si tratta di una storia molto particolare, commovente e divertente al tempo stesso. Una specie di diario della quarantena di marzo, ambientato nella Casa di riposo Hostilianus di Stigliano in Basilicata.
Nella prima parte Vincenzo, ospite della casa di riposo e narratore, presenta gli altri "supereroi" della casa, uno per capitolo.
Nella seconda parte il racconto diventa più avvincente e romanzato. Quattro ospiti della struttura, tra cui Vincenzo, fuggono dalla casa di riposo, rubano un furgoncino e si dirigono in un luogo molto particolare, il Cinto dell'Eremita, vicino al fiume Sauro. Da questo momento il ritmo del racconto accelera. I quattro anziani (Vincenzo, Iosca, Natalino e Antonio) si trovano coivolti in un brutto affare, inseguiti da due malviventi pronti anche ad uccidere pur di recuperare il loro bottino.
Il finale vi sorprenderà.
Seppure la narrazione sia molto divertente, l'autore, che nel romanzo compare nel proprio ruolo di responsabile della struttura, ci spinge a riflettere.
"La vecchiaia è così, arriva un punto nella vita, dove comprendi che non puoi chiedere nient'altro al tuo Dio, chiuso nella stanza con le luci spente, preghi che finisca presto la tua penitenza terrena, ma sono certo che tra di noi, durante la pandemia, tutti abbiamo pregato che non accadesse. Nessuno vuole lasciare il suo posto nel mondo da solo."
Come spiega l'autore stesso nei ringraziamenti finali, "i supereroi senza poteri sono coloro i quali non hanno bisogno di apparire, ma di essere un qualcosa o un qualcuno nelle vite di chi chiede aiuto attraverso gli occhi quando le parole faticano a uscire."
Questo romanzo è dedicato a Michele, Iosca e Vincenzo, protagonisti di questa avventura e che non sono più tra noi e a tutti gli altri ospiti della struttura che "attraverso l'intrecciarsi delle loro vite, non smettono mai di regalare nuove storie."
La bella prefazione è della giornalista e scrittrice Isa Grassano, di cui ho recentemente recensito il romanzo "Un giorno sì un altro no".
«Continuai a chiedermi ripetutamente per quale ragione avessi imparato a vivere come se non dovessi mai morire. Tutti sappiamo di dover morire un giorno, eppure siamo alla continua ricerca di noi stessi, della felicità, dell’amore. Ci circondiamo continuamente di cose superflue: l’automobile nuova, la casa al mare, il telefono di ultima generazione, però mettiamo spesso da parte gli affetti, quelli che oggi mancano, quelli che ci salvano la vita ogni giorno senza accorgercene».
★★★☆☆
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🍞 pane
Ho chiuso gennaio in bellezza con la lettura della splendida "Autobiografia di Petra Delicado" che descrive una donna dura e dolce al tempo stesso, dalla personalità complessa. Anche il nome scelto per la sua eroina dall'autrice, Alicia Gimenez-Bartlett, sta ad indicare questa ambivalenza.
Chi è Petra Delicado? Senza svelare troppo, per chi non la conoscesse già, Petra è un'ispettrice di polizia, al terzo matrimonio, con un passato da avvocatessa e approdata in Polizia non più giovanissima. Assegnata alla sezione omicidi, svolge le sue indagini con il vice ispettore Fermin Garzon, con cui forma una coppia davvero ben assortita.
Io ho amato Petra Delicado fin dal primo romanzo con lei protagonista e ho letto tutti gli episodi e racconti gialli in cui compare.
Non so se Alicia Gimenez-Bartlett ci regalerà ancora appassionate indagini con Petra e Fermin. Lo spero. Forse scriverà il romanzo che risolve il caso a cui accenna al termine della biografia. Se non sarà così, avrà chiuso la serie con una bellissima introspezione nella vita della protagonista, e forse a qualcuno verrà la voglia di rileggere le sue avventure. A me è venuta.
Chissà, forse Alicia in futuro scriverà anche l'autobiografia di Fermin Garzon. Non sarebbe una brutta idea.
CURIOSITA': Nel 1999, in Spagna, dai gialli in cui è protagonista Petra Delicado è stata tratta una serie televisiva, mai tradotta in italiano.
Nel 2020 è andata in onda su Sky una miniserie con Paola Cortellesi nei panni dell'ispettrice, ma ambientata a Genova e con protagonisti italiani. Su questa fiction non posso esprimere un parere. Non l'ho guardata, convinta che una trasposizione così alterata (ambientata a Genova, anzichè a Barcellona e con protagonisti italiani anzichè spagnoli) mi avrebbe delusa.
"Sono orgogliosa della mia carriera finora? Non lo so, può darsi. Ma, con soddisfazione o meno, sono diventata una vera poliziotta. Dove non c'era una vocazione chiara ora c'è una convinta paladina della legge. Non voglio fare altri bilanci."
"Dopo anni di reciproca compagnia, Garzon per me è l'amicizia allo stato puro."
★★★★☆
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🍷 vino rosso
Ho incontrato Fabio Stassi al Festival Intermittenze di Riva del Garda l'anno scorso.
Io adoro i festival letterari. Si incontrano gli autori dei libri e si viene a conoscenza di aneddoti e curiosità che altrimenti sarebbe difficile scoprire e che spesso aiutano a comprendere meglio ciò che si legge.
Intermittenze si svolge a due passi da casa mia e io non mi perdo nemmeno una presentazione, siano autori che conosco che scrittori di cui non ho ancora letto nessun romanzo.
Di Fabio Stassi non avevo letto nulla e con molta curiosità ho ascoltato il suo racconto sulla nascita del personaggio di Vince Corso (insegnante precario, con problemi sentimentali ed economici, che si inventa la professione di biblioterapeuta) e del suo ultimo romanzo "Uccido chi voglio" (terzo episodio della serie).
Un detenuto albanese rivelò allo scrittore, in un incontro in carcere, il significato del soprannome della sua famiglia, Vrascadù. La nonna gli aveva raccontato che significava braccia cadute (vras cadù). In realtà è una frase arbëreshë (Stassi ha origini albanesi) che significa: uccido chi voglio.
Superato l'imbarazzo per la rivelazione, Stassi lo trovò un titolo perfetto per un romanzo giallo.
Il detenuto scrisse il significato della frase su un bigliettino che Stassi conserva ancora nel portafogli.
Inutile dire che questa presentazione mi ha molto incuriosito e mi è venuta voglia di conoscere Vince Corso.
Non mi piace iniziare a leggere una serie dall'ultimo romanzo e quindi ho letto il primo: "La lettrice scomparsa", pubblicato nel 2016 e vincitore del Premio Scerbanenco come miglior giallo-noir italiano dell'anno.
La vicina di casa di Vince è scomparsa e il marito è accusato di omicidio. Il biblioterapeuta si improvvisa detective e comincia a studiarla attraverso i libri che leggeva fino a convincersi che la lettrice scomparsa sta scrivendo una storia che soltanto lui potrà comprendere.
Romanzo adatto solo a veri appassionati lettori, altrimenti potrebbe risultare pesante.
Innumerevoli sono i consigli di lettura e le citazioni del protagonista che denotano conoscenze letterarie sconfinate dell'autore.
Io ho preso nota di numerosi romanzi da leggere.
È un giallo un po' atipico. E la scrittura particolare. A tratti si ha l'impressione che la trama del romanzo si mescoli con le trame dei libri consigliati da Vince Corso.
È un romanzo non di puro svago, ma che spinge alla riflessione.
"Svanire, non lasciare niente dietro di sé, nessun recapito, nessun bene, è una soluzione di gran lunga preferibile al suicidio. Se ci si vuole davvero separare da un uomo o da una donna e da un'intera esistenza bisogna dissolversi, non essere più l'indirizzo di nessuno, rinunciare alla pretesa di ricevere o mandare messaggi. Scomparire è il solo modo per lasciare veramente qualcuno. Per lasciarlo libero, intendo, e non continuare a esercitare intorno a sé altre insane forme di controllo o di ricatto, come alcuni fanno anche dopo la morte."
★★★☆☆
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🍷 vino rosso
"Luce della notte" di Ilaria Tuti è il recentissimo romanzo con protagonista Teresa Battaglia, la commissario di polizia, non più giovane, acciaccata, diabetica e con problemi di memoria. Personaggio che l'autrice ci ha fatto conoscere e amare in "Fiori sopra l'inferno" e "Ninfa dormiente".
Ilaria Tuti fa un passo indietro nel tempo e inserisce questo episodio tra il primo e il secondo romanzo.
L’indagine parte dal sogno di una bambina di nove anni, Chiara, affetta dalla malattia rara che le impedisce di stare alla luce del sole. Un sogno che forse è realtà e Teresa, chiamata dalla madre della bambina a scoprire quanto sia realmente accaduto, entra subito in empatia con la piccola.
E così, a pochi mesi dall’ultima indagine (quella di Travenì che ha portato alla cattura di Andreas e che ritroviamo in questo romanzo), Teresa e l'ispettore Marini rinunciano alle vacanze di Natale e indagano in un paesino tra i boschi della Carnia alla ricerca delle prove che ciò che Chiara racconta non è solo un sogno. E purtroppo in quel racconto confuso c'è molto di vero e viene a galla una vicenda legata al traffico di esseri umani.
Ilaria Tuti, come promesso, dopo la deviazione dal genere giallo/thriller fatta con la pubblicazione del romanzo storico "Fiore di Roccia", torna alle indagini di Teresa e Massimo.
Romanzo breve o racconto lungo? Io lo definirei un racconto per la brevità (si legge in un pomeriggio o poco più), ma un romanzo per i contenuti (vengono trattate anche vicende parallele).
Non l'ho trovato all'altezza dei precedenti romanzi. Non così avvincente. Scritto indubbiamente bene, come Ilaria Tuti sa fare. La prosa è come sempre ricercatissima.
L'autrice dichiara di averlo scritto molto velocemente, in meno di due mesi. A scopo quasi terapeutico, per superare il lutto per la morte della nipotina. I proventi della vendita saranno devoluti alla ricerca sul sarcoma di Ewing.
Nella nota finale l'autrice scrive: “È la seconda volta nella mia vita che la scrittura mi viene incontro come una rinascita, ma sentivo che non doveva esserlo solo per me, volevo che fosse al servizio di chi quella strada - durissima - la sta percorrendo o la percorrerà: i miei proventi relativi a questo libro saranno devoluti al Centro di riferimento oncologico di Aviano, a favore della ricerca sul sarcoma di Ewing.”
"La casa davanti a loro li stava attendendo. Le finestre accese di un bagliore soffuso, il camino fumante, il giardino addobbato con luminarie che respingevano le ombre ai confini più lontani del bosco, dove animali intagliati sembravano fungere da ultimi guardiani prima del buio. Un orso, uno scoiattolo, un'aquila in procinto di spiccare il volo. Era uno scenario da fiaba. Eppure."
★★★☆☆
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🍞 pane
Rosario Russo, giovane scrittore siciliano, di Acireale, ci fa incontrare per la prima volta l'ispettore Traversa nel romanzo giallo "Quattordici spine". A dire il vero, io conoscevo già il personaggio per averlo conosciuto in alcuni racconti di "Effetti collaterali", di cui ho parlato in una precedente recensione. Tuttavia la prima vera apparizione letteraria avviene in questo romanzo che Rosario Russo ha iniziato a scrivere nella primavera del 2018 tra le montagne della Valtellina (in cui si trovava per lavoro) e completato nella sua Sicilia.
Ad Acireale don Mario Spina, parroco della basilica di San Pietro, viene ritrovato senza vita all’interno della sacrestia. Da un’antica credenza sono state trafugate le spoglie del famoso artista locale Paolo Vasta.
L’ispettore di polizia Luigi Traversa, da poco arrivato dal Veneto, si ritrova a indagare sul caso che risolverà in quattordici giorni.
Bravo Rosario Russo. Un gran bel personaggio il suo ispettore Luigi Traversa: uomo tormentato, spedito in Sicilia per una brutta vicenda, odia il caldo, il pesce e il mare, ma finisce per innamorarsi di questa terra. E come non potrebbe essere così. Nonostante le contraddizioni, la Sicilia è bellissima.
Spero arrivi presto un nuovo episodio con protagonista l'ispettore Traversa.
"L'assassinio di Don Mario era il primo caso importante da quando si trovava in quella città, cioè da poco più di una settimana. Gli avevano descritto Acireale come un posto tranquillo, il luogo adatto in cui dimenticare e ripartire, ma intanto qualcuno aveva pensato bene di accoppare niente di meno che u parrinu"
★★★☆☆
🍾 spumante
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"Nessuna notizia dello scrittore scomparso" è un romanzo noir uscito nel 2017 e scritto da Daniele Bresciani, milanese, ex vicedirettore di Grazia e Vanity Fair e attualmente nella Direzione Comunicazione della Ferrari a Maranello.
E' il suo primo thriller pubblicato dopo l'esordio nel 2013 con il romanzo "Ti volevo dire".
Come ogni mattina Emma entra in redazione. La aspettano riunioni e articoli da scrivere. Non può immaginare che arriverà una notizia che la sconvolgerà: è scomparso in circostanze misteriose Pietro Severi, scrittore di thriller, con cui Emma ha avuto una relazione anni prima e che non sente da molto tempo.
Lo stesso giorno riceve una busta contenente un racconto che parla di un padre assassino. Verità o invenzione?
Emma non sa cosa fare, si sente in pericolo.
Molti racconti nel racconto, tutti interessanti, ben scritti, alternati alla trama avvincente del thriller e alle vicende lavorative e sentimentali dei protagonisti. Vengono trattati temi di attualità, fatti di redazione e la crisi dei giornali. Sicuramente i molti anni di lavoro nelle redazioni di testate giornalistiche importanti hanno permesso all'autore di narrare le dinamiche di redazione in modo efficace e veritiero.
"Erano trascorsi tre giorni dall'arrivo delle pagine di Pietro e ognuna di quelle tre notti aveva dormito sonni agitati.
Troppe domande. Troppe.
Dov'era Pietro? Perchè aveva scritto proprio a lei? E poi, chi era entrato nel suo appartamento? Che cosa cercava? Che cosa sapeva di lei e di Pietro?"
★★★☆☆
🍾 spumante
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Sara Rattaro, laurea in biologia e successivamente in scienze della comunicazione, autrice di numerosi romanzi, pubblica nel 2012 "Un uso qualunque di te", che raggiunge il successo in poche settimane e viene tradotto in molte lingue.
In una famiglia benestante e apparentemente serena una telefonata nella notte risveglia in Viola i sensi di colpa e le inquietudini che da anni le vivono dentro. La figlia Luce è ricoverata in gravi condizioni in ospedale. Il colloquio col chirurgo porta a galla un segreto seppellito per anni.
L'inizio mi ha ricordato "Non ti muovere" di Margaret Mazzantini.
Un romanzo tristissimo, commovente e riflessivo. Un pugno nello stomaco. Respinge ed attira allo stesso tempo. Ti fa arrabbiare e poi ti mette in empatia con la protagonista.
Mia mamma mi recita spesso un proverbio in dialetto: "Na mama per straza che la sia l'è pur sempre na mama". La saggezza popolare ci ricorda che è meglio una mamma poco presente che l'assenza di una mamma. Viola dimostrerà il suo amore infinito per la figlia.
Vale la pena leggerlo. Fa riflettere sui rapporti di sangue, e non, e sull'amore.
"Non è colpa di nessuno e non esiste un modo giusto per amare qualcuno soprattutto se questo ti dà, comunque, più di quanto ti toglie."
★★★☆☆
🍋 limone
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Lo scrittore Daniele Bresciani è stato giornalista per la Gazzetta dello Sport, vicedirettore di Vanity Fair e Grazia.
Con il suo primo romanzo "Ti volevo dire" ha vinto numerosi premi. Nel 2017 ha pubblicato "Nessuna notizia dello scrittore scomparso" e nel 2020 "Anime trasparenti. Un'indagine dell'ispettore Miranda".
Nel suo ultimo thriller l'ispettore Dario Miranda indaga sull'investimento di Gloria Taranto, una donna di origini sudamericane che gestisce in un edificio abbandonato alla periferia di Milano un asilo "clandestino" per figli di immigrati senza permesso di soggiorno: “La casa dei cento bambini”.
Quando Gloria viene investita l’ispettore Miranda non crede all'incidente ed inizia ad indagare per conto proprio. Ciò che scopre è terrificante.
Questo thriller avvincente, scritto benissimo, a parer mio migliore anche di "Nessuna notizia dello scrittore scomparso", tocca argomenti scabrosissimi che purtroppo capita di leggere sulle pagine dei giornali.
Rende meno pesante il racconto la storia d'amore tra Anna, figlia "adottiva" di Gloria, e Luca, medico non più giovanissimo e dal passato tormentato.
“In quel luogo non ci sarebbero stati vincoli di razza o religione: piccoli sudamericani avrebbero convissuto con bambini africani, asiatici o dell’Europa orientale. Sarebbe stata una zona franca, senza divisioni, muri e rivalità tra bande”.
“A questi bambini viene inculcata prima di tutto la necessità di rendersi invisibili. Devono fare in modo che nessuno si accorga di loro. Sono anime trasparenti. Qui dentro potranno tornare a esistere e essere quello che sono: bambini.”
★★★★☆
🍾 spumante
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Guillaume Musso è autore di numerosi thriller di grande successo e "Central Park" è spettacolare, avvincente, si divora.
Alice, giovane poliziotta di Parigi, e Gabriel, pianista jazz americano, si svegliano ammanettati tra loro su una panchina di Central Park. Non si conoscono, non ricordano nulla dalla sera prima e non comprendono come possano essere a New York dato che il loro ultimo ricordo risale alla sera precedente e Alice si trovava a Parigi e Gabriel a Dublino.
Come sono arrivati a New York? Perchè sono ammanettati tra loro?
Alice si ritrova in tasca una pistola a cui manca un proiettile e la sua camicetta è macchiata di sangue.
L'unico modo per capire cosa sia accaduto è quello di unire le forze e agire insieme.
Musso non delude con questo thriller, che é anche una storia d'amore, divertente, commovente e sorprendente. Si legge come guardare un film d'azione.
"Chiudo gli occhi. Nella mia mente si staccano uno alla volta i frammenti di una storia di cui ho sempre conosciuto il finale. Nel fondo di me stessa, non ho forse sempre avuto la convinzione che la mia vita si sarebbe conclusa cosi?
Sola, ma libera.
Come ho sempre cercato di vivere."
★★★★☆
🍾 spumante
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"Marco da Caderzone" è il settimo e ultimo romanzo di Enrico Gasperi, scrittore trentino della Val Rendena. Laurea in economia, ex insegnante, dirigente di banca, sportivo, musicista, vincitore di numerosi premi letterari. Oltre a romanzi scrive testi teatrali per La Combricola dal gat.
Si appassiona alla scrittura in seguito ad un brutto voto preso in un tema di italiano al liceo. Colma le sue lacune e lo fa alla grande. Appassionato di storia e della bellissima valle in cui vive, scrive racconti e romanzi di vario genere (storici, gialli e d'amore) ambientati nelle sue terre.
Ho conosciuto Enrico Gasperi grazie a mio fratello che aveva avuto a che fare con lui per motivi di lavoro. Scoperto che si trattava di uno scrittore, ha parlato lui del mio blog e della mia grande passione per i libri. Enrico mi ha fatto avere il suo primo romanzo, il giallo "Il gambero di fiume", così lo ho conosciuto ed ho potuto apprezzarlo come scrittore.
Il romanzo di cui vi parlo in questa recensione è l'ultimo che ha pubblicato: "Marco da Caderzone".
Il protagonista è un personaggio realmente esistito nel 1400, figlio illegittimo di un conte Lodron, educato fin da piccolo al combattimento e alla guerra. Nella realtà la sua esistenza è documentata, ma poche altre informazioni su di lui sono arrivate a noi.
Enrico ne ha raccontato la vita in modo molto originale, intrecciando la sua avventurosa esistenza a quella dell'amata Bianca. Il racconto procede alternandosi alle vicende (ambientate nel secolo scorso) della giovane archeologa Nerella e del professor Franco Vettori.
Tra i due personaggi femminili ho amato particolarmente Nerella, giovane e bella studentessa di archeologia, originaria di Riva del Garda, piena di vita e di entusiasmo e appassionata di ciclismo.
Bianca pur essendo un personaggio molto forte, moderno ed interessante, per certi aspetti mi è parsa un po' una "Elisa di Rivombrosa" di qualche secolo prima.
Una lunga storia d'amore quella tra Marco e Bianca, alla stregua di quella di Florentino e Fermina ne "L'amore ai tempi del colera".
Il romanzo è molto ben strutturato e documentato. Avvincente. Numerosi i riferimenti storici e culturali.
Un personaggio presente nel romanzo e realmente esistito è il Maestro Giustina, scrittore e poeta italiano, insegnante in Val Rendena negli anni '70. E molti sono i riferimenti al Baschenis ed ai suoi affreschi.
"Nerella de Stefani aveva ventitrè anni, era originaria di Riva del Garda e stava per laurearsi. Era l'immagine della primavera.
Un viso radioso, contornato da una chioma mossa di capelli scuri, un corpo minuto, ma allo stesso tempo esplosivo di curve e vitalità, una mente effervescente e curiosa, due mani costantemente in movimento ad amplificare parole, emozioni, pensieri."
★★★☆☆
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Molto bello il booktrailer
"L'invenzione di noi due" di Matteo Bussola è un romanzo breve, ma molto bello.
Mi ha sorpresa. Non conoscevo l'autore. Scrive molto bene, ti cattura e ti coinvolge nel racconto.
Un romanzo d'amore, o meglio, una storia di vita quotidiana raccontata con grande abilità.
Riassumendo in poche parole la trama: Milo e Nadia sono sposati da 15 anni. Si sono allontanati sentimentalmente e Milo, nel disperato tentativo di non perdere la moglie, cerca di riconquistarla scrivendole delle mail e fingendosi un altro.
La trama è ben architettata. Piano piano si scoprono pregi e debolezze dei protagonisti. Non un libro allegro, molto interessante l'analisi che fa Bussola della coppia.
"Mi definiscono una persona riservata, ed è abbastanza vero. Lo dicono quasi fosse un limite. Io, al contrario, ho sempre pensato alla riservatezza come a una specie di regalo. Riservare qualcosa ha a che fare col tenerlo in serbo per qualcuno, che sia un tavolo al ristorante, la copia di un libro, una bottiglia di vino, oppure una parte fondamentale di noi."
"Questa è una storia di gabbie. Non doveva esserlo, era cominciata come una storia d'amore, ma forse i prigionieri hanno a che fare con gli amanti più di quanto si creda."
"Del resto, mi dicevo, cosa cerchiamo quando lasciamo, o quando tradiamo, se non un'opportunità di ricostruirci dalle fondamenta, la sensazione che nulla sia ancora andato storto, la possibilità di scrivere su un foglio nuovo?"
"Molti anni fa, Milo mi disse che innamorarsi in fondo è un'intuizione, è come fare un progetto. Butti prima giù lo schizzo, l'idea incandescente, sulla carta. Ed è la parte più facile. Amare è invece caricarsi i sacchi di cemento sulla schiena e dar forma a quell'idea. Renderla reale. Ci vuole tempo, fatica, dedizione e sperare di stare costruendo in una zona poco sismica. Il fatto è che quando un amore hai finito di costruirlo devi decidere se abitarlo, e quella è un'altra faccenda."
★★★☆☆
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🍷 bicchiere di vino
"Le parole di Sara" di De Giovanni è un noir nella cui trama si mescolano giochi di potere, investigazioni e politica. È il secondo romanzo con protagonista Sara Morozzi, detta la Mora, ex dipendente dei servizi segreti addetta alle intercettazioni che, dopo essersi innamorata del capo, lascia marito e figlio. In seguito Sara abbandona prematuramente anche il lavoro per assistere il compagno malato. Dopo aver perso lui per malattia e il figlio in un incidente, Sara resta legata alla vita grazie al nipotino e a qualche indagine informale.
Ne "Le parole di Sara", la protagonista si trova ad indagare sulla sparizione di un giovane stagista che lavorava per l'unità di indagine di cui faceva parte.
Il libro è scritto bene, ma non l'ho trovato particolarmente avvincente, forse perché l'autore descrive più gli aspetti psicologici dei protagonisti che non i fatti e le indagini.
Sara è un personaggio originale, una "giustiziera". Per lei io non sono riuscita a provare simpatia. Ho amato di più Davide Pardo, ispettore che segue le indagini con Sara, e Viola, fotoreporter e compagna del figlio di Sara da cui ha avuto un bambino. Li ho trovati più credibili. Sara vive in un suo mondo fatto di dolore e ricordi.
Questa recensione è stata pubblicata sul blog letterario di Robinson della Repubblica.
"Vedi, Viola? A volte bisogna decidere se fidarsi della mente o dell'istinto. I ragionamenti non indicano sempre la strada giusta da prendere. Il cuore, invece, sì. Le parole più sagge, alla fine, le dice proprio il cuore."
★★☆☆☆
🍋 limone
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Un racconto come un fiume in piena di pensieri, aneddoti, emozioni. La biografia di una bambina (l'autrice), figlia di due sordi passionali e litigiosi, nata in America e immigrata in Italia, paese d'origine della sua famiglia e poi nuovamente emigrata. Lei poi diventa una ragazza giramondo, fino a quando si stabilisce a Londra. Ovunque è straniera.
In realtà tutto ruota attorno alla figura della madre. Lei è la vera protagonista. Il libro narra di rapporti di amicizia e parentela tra disabili e normodotati, di emigrazione e immigrazione, di disagio e normalità, soprattutto analizza il particolare rapporto madre-figlia, l'equilibrio che si è creato.
Scritto bene, in uno stile molto particolare, anche se non coinvolgente, a volte noioso. Mi sono sentita sempre in attesa di qualcosa di sensazionale che doveva accadere e alla fine non è accaduto.
Non sono entrata in empatia con la protagonista. Tuttavia mi ha trasmesso molte sensazioni che piano piano sono affiorate, anche a distanza di giorni dalla fine della lettura.
Questa recensione è stata pubblicata sul blog letterario di Robinson della Repubblica.
"La storia di una famiglia somiglia più a una cartina topografica che a un romanzo, e una biografia è la somma di tutte le ere geologiche che hai attraversato."
"Quando mi chiedono chi mi ha insegnato a esprimermi, tra nonni immigrati che usavano una lingua tutta rotta e genitori che non sapevano correggere i miei errori di pronuncia, mi rendo conto che la prima lingua che ho parlato è stata quella della prima persona che ho amato: l'italiano di un ragazzino di sei anni più grande di me, melodico e privo di intoppi, difeso con ostinazione quando nessuno attorno a noi lo parlava senza un'inflessione pesante, in una regione in cui l'uso del dialetto coincideva con la cittadinanza. La lingua di un adolescente mutuata dai film doppiati in italiano, ancora fresca, ingenua e dolce, la voce di mio fratello che a tratti è ancora la mia."
★★★☆☆
🍞 pane
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600 pagine, continui colpi di scena e cambi temporali non impediscono all'ultimo romanzo di Joel Dicker di scorrere veloce e farsi divorare.
"L'enigma della camera 622" mi è piaciuto molto.
Sono consapevole delle numerose critiche.
Joel Dicker o si ama o si odia.
Di lui avevo letto "La verità sul caso Harry Quebert" e lo avevo molto apprezzato.
Joel Dicker è un giovane scrittore, figlio di una bibliotecaria e di un insegnante di francese.
Arriva al successo nel 2012 con "La verità sul caso Harry Quebert", romanzo tradotto in 33 lingue.
Il racconto de "L'enigma della camera 622" ruota attorno ad un omicidio avvenuto molti anni prima in un lussuoso hotel in Svizzera. Un caso irrisolto su cui si mettono ad indagare uno scrittore in crisi d'ispirazione e una giovane ragazza che si offre di fargli da assistente nelle indagini. Molti i personaggi coinvolti nelle vicende: Macaire, il giovane banchiere, la moglie Anastasia e Lev, talentuoso impiegato di banca. E
poi Cristina, l'assistente di Macaire, Arma, la domestica, Tarnogol, ricchissimo uomo d'affari russo dall'oscuro passato, e molti altri.
Le loro vite si intrecciano tra amori, amicizie, invidie e tradimenti.
Come succede con i libri che amiamo, non si vede l'ora di arrivare alla fine e allo stesso tempo quando si chiude il libro si è un po' dispiaciuti.
Mi sono affezionata ai protagonisti e mi mancano.
Il romanzo è dedicato a Bernard de Fallois, editore di Dicker, scomparso due anni fa e nel romanzo molti sono i momenti in cui lo ricorda Joel, intrecciando realtà e fantasia.
"Spesso la gente pensa che per scrivere un romanzo si parta da un'idea. Invece una storia prende le mosse innanzitutto da una voglia: quella di scrivere. Una voglia che si impadronisce di te e che niente può ostacolare, una voglia che ti allontana da tutto."
"La vita è un romanzo di cui già si conosce la fine: il protagonista muore.
La cosa più importante, in fondo, non è come va a finire, ma in che modo ne riempiamo le pagine. Perché la vita, come un romanzo, deve essere un'avventura. E le avventure sono le vacanze della vita."
★★★★☆
🍾 spumante
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Forse questo romanzo non l'ho capito, forse non è il mio genere, forse non era questo il momento giusto per leggerlo, perché certi libri vanno letti al momento giusto.
Questo romanzo non mi è piaciuto e mi dispiace molto, perché trovo Chiara Valerio un'ottima scrittrice.
"Il cuore non si vede" mi è parso un esperimento linguistico. La scrittura è particolare, molto impegnativa. La storia è irreale: al protagonista scompaiono gli organi vitali, a partire dal cuore, ma continua a vivere.
Riconosco un valore introspettivo al romanzo e la trama è avvincente, ma l'autrice avrebbe potuto utilizzare la punteggiatura in modo meno originale. Ho faticato, a volte, a capire chi stava parlando, a seguire il discorso senza dover rileggere il testo.
"Era stupito che la malattia si fosse fermata, che nonostante gli organi mancanti avrebbe potuto avere una vita felice. E nel momento in cui pensava felice, si era reso conto che gli sarebbe bastato avere una vita."
★★☆☆☆
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🍷 vino rosso
Camillo Ischia nasce nel 1953 ad Arco. Figlio di piccoli coltivatori. Amante della lettura. Nella sua vita ha viaggiato per lo più con i libri. In una recente intervista ha dichiarato di non essere social, di non andare a riunioni politiche, di non scrivere con il computer, di non fare jogging o altro sport, di giocare però a Risiko da trent’anni alla Beppa Giosef e di animare il Circolo di Cultura Popolare da cinquant'anni.
Il romanzo "Il mestiere del detective" è un giallo/noir ambientato nella seconda metà degli anni '70 ad Arco, tra circoli culturali di sinistra, cineforum e neonazisti.
E tra le pagine di questo "giallonongiallo", "noirnonnoir", "romanzettononromanzetto" (come lo definisce Carlo Martinelli nella prefazione), si riconoscono personaggi, luoghi e avvenimenti reali della storia arcense: la Pasticceria Moderna, Villa Igea (attuale sede della Cassa Rurale), il Bar Centrale, il Caffè Trentino, il Sanatorio Argentina, il night-club Sayonara (dove è realmente accaduto un omicidio), il poeta Luciano Malfer, il Bepi Filippi (capo redattore della redazione dell'Alto Adige a Riva del Garda) e il Teofilo (pittore polacco, amante degli scacchi che viveva in miseria ad Arco), Benito Mancabelli (esponente del partito comunista locale), l'omicidio-suicidio Venturini. E ce ne sono altri che io, per questioni anagrafiche, non sono certa di aver riconosciuto (la giovane Irene che vuol fare la giornalista, Paolino, gli eredi dell'importante industriale tedesco con villa al Bruttagost e il professor Augusto).
Camillo Ischia colloca le vicende narrate tra delitti realmente accaduti e altri inventati, sparatorie e pestaggi, in cui il detective Piero Bortolotti, ex poliziotto, si trova ad indagare.
"Il mestiere del detective" di Camillo Ischia, parafrasando Carofiglio, lo intitolerei "La versione del Bortolotti".
Il racconto inizia nel 2010, anno in cui l'ex detective Bortolotti viene ricoverato nella Pia Casa della Divina Provvidenza. E lì conosce l'ingegnere minerario Giulio, suo compagno di stanza (la 237! chiaro richiamo alla trasposizione cinematografica di Kubrick di Shining di S. King).
Per poi tornare agli anni 70 in cui accadono le vicende narrate e in particolare l'omicidio del segretario del partito comunista Palmiro Bergamini.
Ma non vi svelerò altro della trama per non rovinarvi la lettura.
Il romanzo è strutturato in modo molto originale, "rompe gli schemi del racconto" con continui salti temporali e cambi della voce narrante, addirittura con l'ingresso del narratore nei dialoghi dei protagonisti. Un metaracconto alla stregua di "Riccardino", opera postuma di Andrea Camilleri con protagonista Montalbano.
Camillo Ischia non lo sa, ma io ho un debito nei suoi confronti. In un certo senso il mio blog è nato grazie a lui. Il giorno in cui è uscito sul giornale un articolo che annunciava la pubblicazione del suo romanzo, ho incontrato per la strada un'amica che mi ha chiesto se lo avevo letto e mi ha detto che avrebbe aspettato una mia recensione per farlo, perchè io ero la sua "book influencer". Tornata a casa ho riflettuto sulle sue parole ed una settimana dopo è nato LibriCitando, il mio blog di recensioni letterarie.
"- Questa storia è assurda, non sta in piedi nulla!-
- Lo so - risponde sconsolato Cesconi -e la colpa è di quel coglione che la sta scrivendo. Adesso voglio vedere come fa a tirarci fuori da questo casino! Cazzo, non siamo mica il RIS di Parma! -"
★★★☆☆
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🐣 uovo di Pasqua
"Il guaritore" di Brollo è un libro ansiogeno quanto un thriller, una storia forte, quasi horror, seppur raccontata in modo lieve. Impossibile non provare empatia per Carlo, evirato da bambino per mantenere la sua splendida voce bianca e sottoposto a vere e proprie torture fisiche e psicologiche per cancellare la sua memoria e modificarne il fisico.
Il romanzo è scritto bene, è avvincente, tuttavia l'ho trovato respingente. Mi ha suscitato gli stessi sentimenti di "Non mi lasciare" di Kazuo Ishiguro: pena per il protagonista e orrore per la storia narrata (liberamente ispirata alla vita del cantore settecentesco Farinelli, seppur ambientata ai giorni nostri).
Questa recensione è stata pubblicata sul blog del torneo letterario di Robinson della Repubblica.
"Aveva imparato una cosa molto importante e che il suo Maestro non gli aveva mai insegnato. Che non c'è solo la musica a questo mondo che può salvare e aiutare a guarire. Ma ci sono anche le parole che, senza altri suoni se non la loro stessa pronuncia, sanno trasportarci in alto e lontano."
★★★☆☆
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🍋 limone
Santo Profani, penalista, è il protagonista del romanzo "Storia di un avvocato" di Fabio D'Anna, legale siciliano.
Non è un romanzo autobiografico, ma sicuramente le esperienze e il vissuto dell'autore emergono.
Dopo aver assistito il suo cliente nel corso di una ventina di udienze, Santo non si presenta in Tribunale per l'ultima arringa. Sparisce nel nulla senza avvertire nessuno. La figura dell'avvocato si delinea nel racconto di chi lo cerca e nelle lunghissime analessi che, alternandosi ai sette giorni che impiega la moglie a leggere le sette lettere trovate in un cassetto della scrivania dello studio, svelano il passato di Santo, i suoi rapporti con i genitori, la moglie, le numerose amanti e i colleghi.
La scrittura è molto buona e avvincente, tanto che risulta difficile trovare il momento giusto per sospendere la lettura.
Lo scavo psicologico è profondo.
Il racconto ci fa riflettere su come viviamo la nostra vita, quali scelte sono propriamente nostre, quanto ci adattiamo a ciò che gli altri si aspettano da noi.
Il racconto si chiude soddisfacendo la curiosità del lettore e conducendolo ad approvare la scelta fatta dal protagonista.
Questa recensione è stata pubblicata sul blog del torneo letterario di Robinson della Repubblica.
"Aveva bisogno di amare, e non solo di avventure erotiche, di riprendere a ridere e non limitarsi a sorridere, di incontrare nuovi sguardi e occhi che gli dessero fiducia, restituendogli il desiderio di andare avanti con la voglia di scoprire e non con la minaccia della desolante consuetudine."
"Forse anche per lui non era troppo tardi, forse avrebbe potuto ancora smettere di vivere la vita di un uomo che gli sembrava estraneo e riprendere ad ascoltare i ritmi del vento e degli alberi, i percorsi colorati delle stagioni e le morbide alternanze tra il giorno e la notte."
"E anche se pensavo di non essermi mai piegato alle ipocrisie sociali, quando ho smesso di lottare per affermare il mio diritto a svolgere il mio ruolo, ho compreso che non tutta la vita che avevo vissuto corrispondeva ai miei desideri."
★★★☆☆
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🍷 vino rosso
"I panni degli altri" è un romanzo leggero leggero, una piacevole lettura per passare il tempo, seppure tratti argomenti impegnativi quali la scoperta della propria omosessualità e il peso delle aspettative altrui sulle proprie scelte. Un libro quasi autobiografico di Andrea Pinna, creatore della pagina facebook "Le perle di Pinna", in cui l'autore racconta le vicende di Eugenio, giovane ragazzo appena diplomato al liceo classico che sogna di lavorare nel mondo della moda. I genitori hanno previsto per lui una strada già tracciata, sulle orme della sorella, in campo giuridico.
"Quel ragazzo ha un'intelligenza fuori misura, ma è debole e dipendente.
Dipendente dagli affetti, principalmente, sempre affamato d'amore. E, come
qualcuno ha detto, se sei dipendente da una cosa, ben presto lo diventi anche
da molte altre. Freud? Elton John, caro"
★★☆☆☆
🍨 mousse alla fragola
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"L'istante largo" è un romanzo di Sara Fruner con protagonista un ragazzo quindicenne di nome Macondo, il cui quadro preferito si intitola "Gracias Gabo".
La storia è narrata dal ragazzino che ci parla con linguaggio e pensieri tipici della sua età, seppure molto profondi, e una nonna che racconta la sua vita attraverso lettere e bigliettini.
Tre mamme per Macondo che non ne ricorda nemmeno una e una nonna, Rocio Sanchez, pittrice famosa di origine cilena, trapiantata in Italia, con un breve tratto di vita trascorso a New York.
Macondo cerca di scoprire chi delle tre è la sua mamma biologica e che fine ha fatto.
Uno stile narrativo tragicomico, tipico degli autori sudamericani (che io amo molto), per un romanzo scritto da una rivana trapiantata negli Stati Uniti.
Una splendida sorpresa. Non conoscevo l'autrice, poetessa al suo primo romanzo, ma ho acquistato e letto il suo libro appena uscito.
Sono rimasta affascinata dalla sua scrittura, divertente e commovente allo stesso tempo, molto originale. Si alternano racconti del passato e del presente, narrati attraverso lettere, mail, bigliettini e prosa.
Un esordio brillante per Sara Fruner.
La sua scrittura mi ricorda per molti aspetti quella di Isabel Allende.
Curiosità: Sara scrive: "c'è un paese in mezzo alle Dolomiti che per tre mesi all'anno, d'inverno, non vede il sole."
Si riferirà a Pré in Valle di Ledro che da S.Martino (11 novembre) a S.Agata (5 febbraio) i raggi del sole non riescono a baciare?
"Il passato non si contiene. È ovunque, e sempre, come l'aria. Vive dentro e fuori di noi, nei nostri passi, nei nostri gesti."
★★★★☆
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🐣 uovo di Pasqua