Adoro le protagoniste dei romanzi di Isabel Allende, forti, determinate, a volte sfrontate, coraggiose, anticonformiste, femministe e imperfette. Quante di noi vorrebbero essere una di loro, saper prendere coraggiosamente scelte difficili e controcorrente!
Anche Violeta, la protagonista del suo ultimo romanzo, incarna perfettamente tutte queste caratteristiche. Vita non facile la sua, in un'alternanza di ricchezza e povertà, dolore e amore.
L'amore è sempre protagonista nei romanzi di Isabel: amori sbagliati, amori passionali, amori "tranquilli" e l'amore della vita (che non è detto che sia quello in grado di garantire la felicità).
Ritornano temi a lei cari: orfani abbandonati e accolti con amore in altre case, figli illegittimi, famiglie allargate e, se non ricordo male, per la prima volta affronta il tema dell'omosessualità.
Di femminismo la Allende se ne è sempre occupata. In questo romanzo affronta anche la violenza domestica.
Tantissimi personaggi secondari, ma molto importanti, sono presenti - nel suo tipico stile - e ne conosciamo le vite attraverso il racconto.
Molto originale la narrazione: una lunghissima lettera di Violeta a Camilo, che scoprirete chi è verso la metà del romanzo. Il racconto della sua vita, lungo cento anni, dal 1920 al 2020, da una pandemia all'altra passando per guerre e colpi di stato, periodi di benessere ad altri di carestia, gioie e dolori. Un'altalena di alti e bassi, come è la vita.
Dopo aver letto tutti i romanzi di Isabel Allende e conoscendo la biografia dell'autrice posso affermare che molto di autobiografico c'è nel romanzo.
Gli amori di Violeta hanno molto in comune con quelli di Isabel, il dolore della morte di un figlio per una madre l'autrice lo conosce bene avendo perso una giovane figlia, il periodo della dittatura cilena e il forzato esilio hanno toccato di persona la Allende. Il tema della dipendenza da droga, già affrontato ne "Il quaderno di Maya", torna in "Violeta" e la Allende ha vissuto sulla propria pelle i problemi di tossicodipendenza della figlia del suo secondo marito.
La Fondazione presente nella storia inventata è molto simile alla vera Fondazione Isabel Allende, costituita in memoria della figlia Paula, morta molto giovane a causa di una malattia rara.
Elena Liverani, la traduttrice, ha dichiarato che "la cosa più bella di questo libro è che la protagonista non è collocata dalla parte giusta, politicamente. È una donna conservatrice, molto benestante, che quindi si lascia un po’ scivolare sulla pelle gli avvenimenti. All'inizio non sembra avere precisa contezza dei drammi che si stanno svolgendo e arriva a capire le cose quando gli eventi iniziano a toccarla personalmente."
La Liverani, storica traduttrice di Isabel Allende, ha con lei un rapporto di amicizia.
Come Ilide Carmignani, che ha dato la voce italiana a Luis Sepulveda e stretto con lui un rapporto intenso, Elena Liverani ritiene che la conoscenza personale con l'autore sia di grande aiuto nella traduzione.
"C'è un tempo per vivere e un tempo per morire. E tra i due, c'è il tempo per ricordare. È quel che ho fatto nel silenzio di questi giorni in cui ho potuto scrivere i dettagli mancanti per completare le pagine che ti scrivo, un testamento sentimentale più che disposizioni di ordine materiale."
"Sono nata nel 1920, durante la pandemia della spagnola, e morirò nel 2020, durante la pandemia da coronavirus."
★★★★★
🍾 spumante
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Nel blog potete leggere anche la recensione di Lungo petalo di mare della stessa autrice.
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