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Ho faticato un po' all'inizio ad entrare nella trama del romanzo giallo "La pista" di Anne Holt. Alla fine però l'ho apprezzato e in particolare mi è piaciuta molto la protagonista, che ho trovato per molti aspetti un personaggio simile alla Penelope di Carofiglio. Una sciatrice viene accusata di doping a pochi mesi dalle Olimpiadi. Uno sciatore viene ritrovato morto in circostanze poco chiare. Selma Falck, ex atleta di fama mondiale ed ex avvocatessa di successo, ha perso lavoro, marito e figli a causa di un vizio che l'ha rovinata finanziariamente. La sua vita precipita nel baratro della solitudine e della disperazione, fino a quando il padre della campionessa accusata di doping, convinto si tratti di un sabotaggio, chiede a Selma di trovare le prove per scagionare la figlia. Selma è obbligata dalla sua situazione personale ad accettare l'incarico e inizia a investigare. Questo romanzo giallo è il primo con protagonista Selma Falck, a cui hanno fatto seguito "La tormenta" e "Lo sparo". "Le persone parlavano. Con i coniugi. Con gli amici più intimi. A letto. Da ubriache. Ovunque. Come mezzo di ingraziarsi qualcuno. Rendersi interessanti. "Non dirlo a nessuno" era probabilmente la richiesta che era stata e continuava a essere infranta con più frequenza nella storia dell'umanità." ★★★☆☆ 🍞 pane scopri come valuto i libri
L'idea di scrivere "Elogio del gregario" è venuta a Marco Pastonesi un giorno in cui, a causa di una foratura, si è imbattuto per caso nella bottega da ciclista dei fratelli Renzo, Valeriano e Mario Zanazzi, ex gregari professionisti ai tempi di Coppi e Bartali. Mentre riparava la gomma bucata, Valeriano raccontava a Marco episodi della passata vita da gregario. Ex ciclista ed ex giocatore di rugby di serie A, l'autore è stato giornalista della «Gazzetta dello Sport» per moltissimi anni e da cronista ha seguito dodici Giri d’Italia, nove Tour de France e un’Olimpiade, ma anche due Giri del Ruanda e uno del Burkina Faso. Ai suoi sport preferiti ha dedicato numerosissimi libri. L'ultimo è "Elogio del gregario". Il titolo è eloquente. Si tratta di un chiaro riconoscimento al gregario. In realtà gli elogi sono molti, come anche i gregari, a cui Marco Pastonesi dedica racconti e aneddoti con lo scopo di riconoscere l'importanza del ruolo del gregario che, quasi sempre, sgobba per il capitano tutta la gara e appena dopo il traguardo nessuno ricorda più. Il primo racconto è dedicato proprio ai fratelli Zanazzi, a cui ne fanno seguito molti altri. Una raccolta molto interessante, imperdibile per gli amanti del ciclismo, soprattutto del passato. Curiosità: Marco Pastonesi fa parte del Comitato scientifico della Biblioteca della bicicletta Lucos Cozza. La Biblioteca della bicicletta è nata nel 2012 da un’idea di Fernanda Pessolano e un progetto dell’associazione Ti con Zero, è un luogo di raccolta di quello che riguarda la bicicletta in tutte le sue forme e i suoi modi, ma è anche un luogo di lettura e studio aperto a tutti. La Biblioteca della bicicletta Lucos Cozza possiede circa 2300 titoli, tra testi, riviste, cd e dvd, mappe e itinerari. "Il mio gregario ideale è un centauro, metà uomo (o donna) e metà bici, e deve avere una carriera pulita, linda, immacolata da vittorie. In due parole: vittorie zero. Perché la vittoria è una sirena al cui canto bisogna saper resistere con lentezza, se non fermezza. Perché la vittoria è una cattiva consigliera, ingannevole ed effimera. [...] La sconfitta, nel ciclismo, non esiste, al massimo la si sfiora quando si abbandona la gara. Il mio gregario ideale dà tutto prima. Così quell’undici novembre 2018 ci rimasi da bestia. Giuda, pensai, non avrebbe potuto fare di peggio. Un colpo sotto la cintura, una pugnalata alle spalle. Un tradimento bello e buono, uno strappo alle regole. Un salto mortale, un peccato capitale. Dopo dieci anni di esemplare professionismo – zero vittorie in carriera –, proprio nell’ultima corsa da stipendiato, in piena zona Cesarini, ormai a tempo scaduto, Alan Marangoni cedette alla tentazione e fece quello che non aveva mai fatto e che non avrebbe mai dovuto fare. Vincere. [...] Nel 2018, l’anno dell’addio alle corse da immacolato (Nippo-Vini Fantini-Europa Ovini), 8761,06 km in settantuno giorni di corsa, Marangoni perse la testa. Dopo aver messo in crisi mistica chi credeva in lui con due settimi posti (seconda tappa e classifica finale) nella Hammer Stavanger, peccò con un quarto posto nella nona e ultima tappa del Tour of Hainan, finché l’ultimo giorno con il dorsale cedette anche al comune senso del pudore e osò vincere il Tour – ma si tratta della corsa di un giorno, anche se stavolta nefasto – de Okinawa. Perdipiù aggravando la tragica situazione festeggiandosi, osannandosi, celebrandosi, felicitandosi, battendosi ripetutamente il pugno destro sul cuore. Non mi rimase altro che processarlo per direttissima ed emettere il duro verdetto: espulso. Espulso e squalificato a vita dalla mia squadra. Di cui lui, Alan Marangoni, romagnolo di Cotignola, era – ma tu pensa – il capitano morale, il leader naturale, il comandante esemplare. E per rispetto verso chi era rimasto ai patti, a nulla sarebbero mai valsi inevitabili ripensamenti e tardivi pentimenti. Amen. Ognuno ha la sua squadra. La Bianchi o la Legnano, la Salvarani o la Molteni, la Mercatone o la Mapei, la Tenax o la Flaminia, la Zalf o la Colpack. La mia squadra è trasversale e universale, indipendente e rivoluzionaria, composta esclusivamente da corridori senza vittorie. Ogni anno si arricchisce di nuove illusioni e si valorizza di nuove delusioni, si fortifica di eterni secondi e terzi mondi, si moltiplica di maglie nere e lanterne rosse, puntando e lanciando gli atleti regolari e completi, cioè quelli che – come si recita nel mondo del ciclismo – vanno piano dappertutto." ★★★☆☆ 🍞 pane scopri come valuto i libri
Nel romanzo "Il sentiero dei nidi di ragno", pubblicato nel 1947 da Einaudi, Italo Calvino affronta il tema della lotta partigiana. Lo fa utilizzando un approccio molto originale. Il punto di vista è quello di un ragazzino, Pin, un orfano, povero, rozzo che vive con la sorella prostituta. Pin, dopo alcune peripezie, trova rifugio in un accampamento partigiano. E Calvino inizia a narrare le vicende della "scalcagnata" banda attraverso gli occhi del ragazzino. La storia può essere letta su più piani: quello del bambino solo che non si trova a suo agio nè con i coetanei nè con gli adulti ed è alla disperata ricerca di un amico e quello della vicenda storica della lotta partigiana. Tra le righe emergono le contraddizioni di entrambe le parti in lotta. Chi ha scelto di combattere? È perché proprio da quella parte? Il linguaggio è scorrevole e semplice, tranne l'uso di termini dialettali che inizialmente può mettere in difficoltà rallentando un po' la lettura. "Pin sale per il carrugio, già quasi buio; e si sente solo e sperduto in quella storia di sangue e corpi nudi che è la vita degli uomini" ★★★☆☆ 🍞 pane scopri come valuto i libri
Moltissimi trentini non conoscono la protagonista, tranne forse gli appassionati di tennis ai tempi di Lea Pericoli o gli alpinisti che hanno frequentato il Gran Sasso o le Dolomiti negli anni '60. Tuttavia "LA LIBERTÀ È TUTTO - Chiaretta Ramorino, tante vite in una" è un libro che vale la pena di leggere. Autrice è Francesca Colesanti, nata a Firenze, vive a Roma, giornalista, traduttrice, ex istruttrice del CAI, amica della Ramorino. Nella prefazione di Carlo Alberto Pinelli (regista, alpinista, ambientalista) scopriamo che Maria Chiara Ramorino - che ha novant'anni, è nata a Torino e vive a Roma - è stata una campionessa di tennis di livello nazionale, primatista regionale nel mezzofondo, stella del basket, alpinista, istruttrice di arrampicata, sciatrice da competizione, campionessa di orienteering e scienziata. Laureata in fisica, ha lavorato per molti anni al Comitato nazionale per l'energia Nucleare (ora Enea) ed è stata per 14 anni nel team di ricerca italiano in Antartide. Un ghiacciaio porta il suo nome in suo onore. Andata in pensione a 67 anni, per 20 anni ha continuato a collaborare recandosi due volte a settimana al Centro ricerche Casaccia. "La libertà è tutto" è una sorta di biografia ricostruita attraverso interviste alla protagonista, lettura degli appunti delle sue vecchie agendine e testimonianze di colleghi, amici e avversari sportivi (Lea Pericoli, Reinhold Messner ... ). Partendo da questo collage di informazioni, la giornalista, nel suo racconto, ci trasmette perfettamente l'idea di chi era e chi è la Ramorino: una donna forte e determinata, che ha inseguito e raggiunto i suoi sogni. Ha avuto anche dolori e affrontato difficoltà, ma il bilancio della sua vita è nettamente in positivo. Maria Chiara ha messo la libertà davanti a tutto. Una storia interessante,  una vita da prendere ad esempio. Il suo amore per lo sport all'aria aperta non può che essere da me condiviso. E i suoi successi un po' invidiati (in senso buono). Un unico difetto: non ama leggere. "L'unica cosa che ho sempre desiderato è stato poter fare quello che volevo: in una parola libertà. Con mia grande fortuna, l'ho realizzata." ★★★☆☆ 🍞 pane scopri come valuto i libri
"LA LIBERTÀ È TUTTO - Chiaretta Ramorino, tante vite in una" di Francesca Colesanti, Edizioni del Gran Sasso, ha vinto il Premio Speciale Dolomiti UNESCO 2021 di Pordenonelegge.
"Bartleby lo scrivano: una storia di Wall Street" è un racconto di Herman Melville scritto nel 1853. L'ho ascoltato su "Ad alta voce". Ho apprezzato molto la maestria dell'autore nel saper tenere alta la curiosità. Voce narrante è l'avvocato presso cui Bartleby lavora come scrivano. Si tratta di un breve racconto. Si ascolta in due ore. Molteplici sono le interpretazioni che la critica ha dato di quest'opera. Italo Calvino avrebbe dovuto dedicare a Bartleby l’ultima delle "Lezioni Americane di Italo Calvino", ma la morte dello scrittore ha impedito la stesura del capitolo. Quasi tutta la critica concorda si tratti di un esempio di resistenza passiva e di denuncia dell'alienazione da lavoro. Volete che vi racconti qualcosa di Bartleby lo scrivano? "Preferirei di no" (“I would prefer not to).... leggetelo! o, come ho fatto io, ascoltatelo e scoprirete il motivo di questa risposta. ★★★☆☆ 🍞 pane scopri come valuto i libri

Qui sotto una rivisitazione moderna del racconto
Ogni libro di Carmine Abate parte sempre da una immagine. In questo caso lo scrittore è rimasto colpito dalla visione del Trittico di Segantini (La vita, La natura e La morte), in particolare da un dettaglio de " La Vita" che poi è diventato la copertina del romanzo Carlo Adami, 12 anni, trascorre l'estate in Scanuppia, sopra Besenello, in una baita circolare (come l'atelier di Segantini a Maloja), costruita da nonno Carlo e ristrutturata da suo padre. Qui c'è un quadro di Segantini che apparteneva al nonno, raffigurante una madre con un bambino in braccio seduta ai piedi di un grande albero. La Moma, la nonna di Carlo, svela al ragazzino come mai quel quadro è appeso nella loro baita in montagna e quando Carlo compie 14 anni regala al nipote l'autobiografia di Giovanni Segantini, dono di Bianca, la figlia del pittore, al nonno Carlo. I racconti della nonna e la lettura dell'autobiografia di Segantini contribuiscono a far nascere in Carlo una profonda ammirazione per il pittore arcense. E tra un racconto e l'altro Carmine Abate ci narra l'intera vita di Giovanni Segantini. Carlo Adami, il ragazzo protagonista, è l'alter ego dello scrittore. Il suo nome ha le stesse iniziali di Carmine Abate. Anche la Moma è un suo alter ego e rimarca l'importanza del racconto orale. Segantini è "il cercatore di luce". Lui che è nato in un luogo naturalmente luminoso, dove il lago di Garda riflette una enormità di luce, ha sempre cercato di imprimere nei suoi quadri lo stesso riflesso. La sua è una vera e propria ossessione per la luminosità. Lui stesso diceva che Arco era il suo "sole dentro". Segantini non ha mai dimenticato la sua città natale. Io me lo vedo Giovanni che si muove veloce per i vicoli di Arco, che corre sul Castello, che si bagna nel Sarca. A dire il vero mi immagino anche Carlo sulla Scanuppia, che corre libero e felice nei prati e nei boschi con gli amici, come facevo io da bambina a San Giovanni al Monte (nel Comune di Arco) dove da bambina ho trascorso tutte le estati nella casetta costruita da mio nonno. Mi fa sorridere pensare alla strada che porta da Besenello a Malga Palazzo (la Scanuppia) e alla paura della nonna di Carlo nel percorrerla sulla Jeep del figlio o l'enorme fatica di Carlo scalandola in mountain bike. È una delle salite più dure al mondo, raggiunge pendenze del 45%. Tempo fa mi ero messa in mente di provare a salire in bicicletta. Ho fatto anche un sopralluogo. Per fortuna il Sindaco ha vietato la salita alle bici, altrimenti ci avrei provato e, anche se allenata, probabilmente avrei spinto il mio mezzo per gran parte degli otto chilometri e mezzo della ripida strada. Ad Arco, durante la prima presentazione del romanzo, Carmine Abate ha dichiarato: "Spero di aver scritto un libro etico ed estetico." Nel romanzo, oltre al dettagliato racconto della vita e della morte del pittore, si trovano tanta natura, animali, fiumi,  montagne. Segantini fu un naturalista ante litteram, un personaggio attuale, moderno. Sono orgogliosa di essere arcense e grata a Carmine Abate (e dovrebbero esserlo tutti gli arcensi) che un narratore del suo calibro abbia raccontato la vita e la persona di Segantini. Abate, calabrese di nascita e trentino di adozione, ha lavorato quasi 3 anni per scrivere "Il cercatore di luce", documentandosi, leggendo le 900 lettere di Segantini e dei suoi parenti e amici, studiando tutti i testi in circolazione che parlano di lui e delle sue opere, visitando i luoghi in cui il pittore è stato, confrontandosi con i discendenti, immedesimandosi con lui per regalarci un ritratto il più possibile vero. Inventando, ma con la certezza della verosimiglianza. Carmine Abate ha la capacità di farti entrare nel romanzo, di farti provare empatia per i suoi personaggi, al punto di sentirti così coinvolto da considerarli tuoi familiari. "Lei è Luigia, ma la chiamano Bice. Lui è il pittore Giovanni Segantini, Segantini per noi amici. Uno bravo, molto bravo, che si è fatto da solo. Di Segante già si dice un gran bene qui a Milano. In futuro conquisterà il mondo intero. Ve lo garantisco io che di arte me ne intendo." ★★★★☆ 🍞 pane scopri come valuto i libri io e Carmine Abate ad Arco alla presentazione de "Il cercatore di luce"
Ilide Carmignani, traduttrice di tutti i romanzi e racconti pubblicati in Italia da Luis Sepulveda, legata all'autore da sincera amicizia, quando lo scrittore viene a mancare nel 2020 per Covid, non ci pensa due volte e contatta la moglie dell'autore cileno. Luis ha avuto una vita piena e coraggiosa, ma per modestia non ha mai voluto raccontarsi. Chiede alla moglie di poterlo fare per lui. La compagna ne è entusiasta, così Ilide Carmignani ne scrive la vita utilizzando uno stile a Sepulveda molto caro, quello del racconto in forma di favola. E così incontriamo Luis, detto Lucho, in una biblioteca di Amburgo molto particolare, di cui custode è il gatto Diderot, amico di quello di Sepulveda, Zorba. In quella magica biblioteca in cui si va per consultare libri, ma anche per scrivere il racconto del giorno più felice della propria vita e lasciarlo in un cassetto di un armadio speciale, Luis inizia a scrivere della propria vita, perché un solo giorno è troppo poco per metterlo in quel cassetto. Nelle pagine troverete il racconto della sua nascita, dell'incontro con la moglie, delle sue lotte in Sud America, dei 1000 giorni a fianco del presidente Salvador Allende, dell'esilio dal Cile, del suo ruolo nelle lotte a difesa dell'ambiente e tanto altro. Una biografia adatta a tutti, grandi e piccini, arricchita da una poesia e dalla post fazione della moglie di Sepulveda, la poetessa Carmen Yanez, detta Pelusa. Prosa molto particolare, con più piani di scrittura: la fiaba che si intreccia con il racconto "autobiografico" di Lucho. Ilide Carmignani è la traduttrice di Jorge Luis Borges, Luis Cernuda, Carlos Fuentes, Almudena Grandes, Gabriel García Márquez, Mayra Montero, Pablo Neruda, Octavio Paz, Arturo Pérez-Reverte, Luis Sepúlveda e Roberto Bolaño. "Attraverso il genere della favola, creando personaggi ispirati dalla grandissima intesa che aveva con la natura e gli animali, Lucho ha esaltato i valori di cui era fatto per passare all'umanità i concetti etici della diversità, dell'uguaglianza, del rispetto dell'altro e della solidarietà." ★★★★☆ scopri come valuto i libri 🍞 pane
“Il mistero di Evita” di Giovanni De Plato è un libro molto interessante. La storia di Evita Peron, seconda moglie del Presidente argentino Peron, viene raccontata da tre punti di vista: il suo, quello del marito Juan Domingo Peron e quello dell'amico sindacalista Carlos Maiorino, leader con Evita del movimento degli "scamiciati". Il racconto scorre fluido, veloce, ben scritto. Ripercorre le vicende politiche dell'Argentina. Evita Peron è amata dal popolo, infiamma le folle, acclamata più del marito, un mito. Sta dalla parte dei poveri, ne migliora le condizioni di vita , ottiene il suffragio universale. Muore a soli 33 anni di tumore. Al termine del romanzo c'è una riflessione del medico che la ebbe in cura e svela il mistero dell'operazione a cui Evita fu sottoposta. Quello che non si capisce e non viene specificato è quanto c'è di documentato e quanto di romanzato nel racconto. Ho letto questo romanzo per il Grande torneo letterario di Robinson "Finché il mio cuore palpiterà sarò a fianco di voi umili con tutte le mie forze e con ogni mezzo. Sarò al vostro fianco fino alla fine, per il bene vostro e della nazione." ★★★☆☆ scopri come valuto i libri 🍞 pane
Questo romanzo mi ha incantata. Il suo andamento lento mi ha catturata. Solitamente non amo questo genere di prosa. "Canto della pianura" però non è assolutamente noioso. E il ritmo lento e le descrizioni dettagliate trasportano il lettore nei paesaggi rasserenanti di Holt. Nonostante nelle vite dei protagonisti ci sia tanta solitudine e tristezza, prevale il senso di speranza e solidarietà e nella narrazione si alternano le vicende di molti personaggi a cui affezionarsi. Infatti mi mancano gli anziani fratelli McPheron, i piccoli Ike e Bobby e Victoria e mi manca l'immaginaria cittadina di Holt. Questo è il primo romanzo che leggo di Kent Haruf. L'ho apprezzato ben oltre le aspettative che mi ero fatta, nonostante ne avessi sentito parlare molto bene. "Due uomini anziani con una ragazza di diciassette anni seduti al tavolo sparecchiato di una sala da pranzo di campagna, dopo cena, mentre fuori, oltre le pareti di casa, oltre le finestre senza tende, un gelido vento del nord scatenava l'ennesima tempesta invernale sugli altopiani." ★★★☆☆ scopri come valuto i libri 🍞 pane
Un gioco di parole il titolo di questo divertente e utilissimo saggio sulla bicicletta che è un vero e proprio "abc" del ciclista slow, ricco di curiosità e informazioni utili. Ludovica Casellati con "La bici della felicità" trasmette al lettore il suo amore per la bicicletta, o meglio, per l'uso della bicicletta come mezzo di trasporto quotidiano sostenibile e soprattutto come compagna di viaggio in vacanza. Sposata con un cicloamatore, la sua passione per la bici è nata in seguito alla proposta del marito di trascorrere una vacanza familiare in sella, visitando i castelli della Loira. Ludovica è tornata trasformata, tanto da cambiare lavoro, dopo una lunga carriera in ambito comunicativo e mediatico, fondando la rivista online viagginbici.com dedicata al cicloturismo e guadagnandosi il soprannome di Ladybici. Condivido pienamente la sua "ciclosofia" ("La bicicletta, come stile di vita, è la vera rivoluzione pacifica che potrebbe salvare il pianeta!") e credo nell'effetto terapeutico dell'uso della bici. CURIOSITÀ: Ludovica Casellati è figlia di Maria Elisabetta Alberti Casellati, attuale presidente del Senato. "La bici appaga quel desiderio, innato in ognuno di noi, di curiosità verso il mondo che l'auto, transitando ad alta velocità, non consente. È la natura lo scenario che fa da sfondo alla biciclettata in famiglia: che si tratti di una passeggiata lungo gli argini di un fiume o di una gita fuori porta, tutto è piacere e divertimento all'aria aperta." ★★★☆☆ scopri come valuto i libri 🍞 pane
"Supereroi senza poteri" è il terzo romanzo di Michele Ungolo, giornalista free lance, scrittore e responsabile della Casa di riposo di Stigliano. Si tratta di una storia molto particolare, commovente e divertente al tempo stesso. Una specie di diario della quarantena di marzo, ambientato nella Casa di riposo Hostilianus di Stigliano in Basilicata. Nella prima parte Vincenzo, ospite della casa di riposo e narratore, presenta gli altri "supereroi" della casa, uno per capitolo. Nella seconda parte il racconto diventa più avvincente e romanzato. Quattro ospiti della struttura, tra cui Vincenzo, fuggono dalla casa di riposo, rubano un furgoncino e si dirigono in un luogo molto particolare, il Cinto dell'Eremita, vicino al fiume Sauro. Da questo momento il ritmo del racconto accelera. I quattro anziani (Vincenzo, Iosca, Natalino e Antonio) si trovano coivolti in un brutto affare, inseguiti da due malviventi pronti anche ad uccidere pur di recuperare il loro bottino. Il finale vi sorprenderà. Seppure la narrazione sia molto divertente, l'autore, che nel romanzo compare nel proprio ruolo di responsabile della struttura, ci spinge a riflettere. "La vecchiaia è così, arriva un punto nella vita, dove comprendi che non puoi chiedere nient'altro al tuo Dio, chiuso nella stanza con le luci spente, preghi che finisca presto la tua penitenza terrena, ma sono certo che tra di noi, durante la pandemia, tutti abbiamo pregato che non accadesse. Nessuno vuole lasciare il suo posto nel mondo da solo." Come spiega l'autore stesso nei ringraziamenti finali, "i supereroi senza poteri sono coloro i quali non hanno bisogno di apparire, ma di essere un qualcosa o un qualcuno nelle vite di chi chiede aiuto attraverso gli occhi quando le parole faticano a uscire." Questo romanzo è dedicato a Michele, Iosca e Vincenzo, protagonisti di questa avventura e che non sono più tra noi e a tutti gli altri ospiti della struttura che "attraverso l'intrecciarsi delle loro vite, non smettono mai di regalare nuove storie." La bella prefazione è della giornalista e scrittrice Isa Grassano, di cui ho recentemente recensito il romanzo "Un giorno sì un altro no". «Continuai a chiedermi ripetutamente per quale ragione avessi imparato a vivere come se non dovessi mai morire. Tutti sappiamo di dover morire un giorno, eppure siamo alla continua ricerca di noi stessi, della felicità, dell’amore. Ci circondiamo continuamente di cose superflue: l’automobile nuova, la casa al mare, il telefono di ultima generazione, però mettiamo spesso da parte gli affetti, quelli che oggi mancano, quelli che ci salvano la vita ogni giorno senza accorgercene». ★★★☆☆ scopri come valuto i libri 🍞 pane
"Luce della notte" di Ilaria Tuti è il recentissimo romanzo con protagonista Teresa Battaglia, la commissario di polizia, non più giovane, acciaccata, diabetica e con problemi di memoria. Personaggio che l'autrice ci ha fatto conoscere e amare in "Fiori sopra l'inferno" e "Ninfa dormiente". Ilaria Tuti fa un passo indietro nel tempo e inserisce questo episodio tra il primo e il secondo romanzo. L’indagine parte dal sogno di una bambina di nove anni, Chiara, affetta dalla malattia rara che le impedisce di stare alla luce del sole. Un sogno che forse è realtà e Teresa, chiamata dalla madre della bambina a scoprire quanto sia realmente accaduto, entra subito in empatia con la piccola. E così, a pochi mesi dall’ultima indagine (quella di Travenì che ha portato alla cattura di Andreas e che ritroviamo in questo romanzo), Teresa e l'ispettore Marini rinunciano alle vacanze di Natale e indagano in un paesino tra i boschi della Carnia alla ricerca delle prove che ciò che Chiara racconta non è solo un sogno. E purtroppo in quel racconto confuso c'è molto di vero e viene a galla una vicenda legata al traffico di esseri umani. Ilaria Tuti, come promesso, dopo la deviazione dal genere giallo/thriller fatta con la pubblicazione del romanzo storico "Fiore di Roccia", torna alle indagini di Teresa e Massimo. Romanzo breve o racconto lungo? Io lo definirei un racconto per la brevità (si legge in un pomeriggio o poco più), ma un romanzo per i contenuti (vengono trattate anche vicende parallele). Non l'ho trovato all'altezza dei precedenti romanzi. Non così avvincente. Scritto indubbiamente bene, come Ilaria Tuti sa fare. La prosa è come sempre ricercatissima. L'autrice dichiara di averlo scritto molto velocemente, in meno di due mesi. A scopo quasi terapeutico, per superare il lutto per la morte della nipotina. I proventi della vendita saranno devoluti alla ricerca sul sarcoma di Ewing. Nella nota finale l'autrice scrive: “È la seconda volta nella mia vita che la scrittura mi viene incontro come una rinascita, ma sentivo che non doveva esserlo solo per me, volevo che fosse al servizio di chi quella strada - durissima - la sta percorrendo o la percorrerà: i miei proventi relativi a questo libro saranno devoluti al Centro di riferimento oncologico di Aviano, a favore della ricerca sul sarcoma di Ewing.” "La casa davanti a loro li stava attendendo. Le finestre accese di un bagliore soffuso, il camino fumante, il giardino addobbato con luminarie che respingevano le ombre ai confini più lontani del bosco, dove animali intagliati sembravano fungere da ultimi guardiani prima del buio. Un orso, uno scoiattolo, un'aquila in procinto di spiccare il volo. Era uno scenario da fiaba. Eppure." ★★★☆☆ scopri come valuto i libri 🍞 pane
"Marco da Caderzone" è il settimo e ultimo romanzo di Enrico Gasperi, scrittore trentino della Val Rendena. Laurea in economia, ex insegnante, dirigente di banca, sportivo, musicista, vincitore di numerosi premi letterari. Oltre a romanzi scrive testi teatrali per La Combricola dal gat. Si appassiona alla scrittura in seguito ad un brutto voto preso in un tema di italiano al liceo. Colma le sue lacune e lo fa alla grande. Appassionato di storia e della bellissima valle in cui vive, scrive racconti e romanzi di vario genere (storici, gialli e d'amore) ambientati nelle sue terre. Ho conosciuto Enrico Gasperi grazie a mio fratello che aveva avuto a che fare con lui per motivi di lavoro. Scoperto che si trattava di uno scrittore, ha parlato lui del mio blog e della mia grande passione per i libri. Enrico mi ha fatto avere il suo primo romanzo, il giallo "Il gambero di fiume", così lo ho conosciuto ed ho potuto apprezzarlo come scrittore. Il romanzo di cui vi parlo in questa recensione è l'ultimo che ha pubblicato: "Marco da Caderzone". Il protagonista è un personaggio realmente esistito nel 1400, figlio illegittimo di un conte Lodron, educato fin da piccolo al combattimento e alla guerra. Nella realtà la sua esistenza è documentata, ma poche altre informazioni su di lui sono arrivate a noi. Enrico ne ha raccontato la vita in modo molto originale, intrecciando la sua avventurosa esistenza a quella dell'amata Bianca. Il racconto procede alternandosi alle vicende (ambientate nel secolo scorso) della giovane archeologa Nerella e del professor Franco Vettori. Tra i due personaggi femminili ho amato particolarmente Nerella, giovane e bella studentessa di archeologia, originaria di Riva del Garda, piena di vita e di entusiasmo e appassionata di ciclismo. Bianca pur essendo un personaggio molto forte, moderno ed interessante, per certi aspetti mi è parsa un po' una "Elisa di Rivombrosa" di qualche secolo prima. Una lunga storia d'amore quella tra Marco e Bianca, alla stregua di quella di Florentino e Fermina ne "L'amore ai tempi del colera". Il romanzo è molto ben strutturato e documentato. Avvincente. Numerosi i riferimenti storici e culturali. Un personaggio presente nel romanzo e realmente esistito è il Maestro Giustina, scrittore e poeta italiano, insegnante in Val Rendena negli anni '70. E molti sono i riferimenti al Baschenis ed ai suoi affreschi. "Nerella de Stefani aveva ventitrè anni, era originaria di Riva del Garda e stava per laurearsi. Era l'immagine della primavera. Un viso radioso, contornato da una chioma mossa di capelli scuri, un corpo minuto, ma allo stesso tempo esplosivo di curve e vitalità, una mente effervescente e curiosa, due mani costantemente in movimento ad amplificare parole, emozioni, pensieri." ★★★☆☆ 🍞 pane scopri come valuto i libri


Molto bello il booktrailer



Un racconto come un fiume in piena di pensieri, aneddoti, emozioni. La biografia di una bambina (l'autrice), figlia di due sordi passionali e litigiosi, nata in America e immigrata in Italia, paese d'origine della sua famiglia e poi nuovamente emigrata. Lei poi diventa una ragazza giramondo, fino a quando si stabilisce a Londra. Ovunque è straniera. In realtà tutto ruota attorno alla figura della madre. Lei è la vera protagonista. Il libro narra di rapporti di amicizia e parentela tra disabili e normodotati, di emigrazione e immigrazione, di disagio e normalità, soprattutto analizza il particolare rapporto madre-figlia, l'equilibrio che si è creato. Scritto bene, in uno stile molto particolare, anche se non coinvolgente, a volte noioso. Mi sono sentita sempre in attesa di qualcosa di sensazionale che doveva accadere e alla fine non è accaduto. Non sono entrata in empatia con la protagonista. Tuttavia mi ha trasmesso molte sensazioni che piano piano sono affiorate, anche a distanza di giorni dalla fine della lettura. Questa recensione è stata pubblicata sul blog letterario di Robinson della Repubblica. "La storia di una famiglia somiglia più a una cartina topografica che a un romanzo, e una biografia è la somma di tutte le ere geologiche che hai attraversato." "Quando mi chiedono chi mi ha insegnato a esprimermi, tra nonni immigrati che usavano una lingua tutta rotta e genitori che non sapevano correggere i miei errori di pronuncia, mi rendo conto che la prima lingua che ho parlato è stata quella della prima persona che ho amato: l'italiano di un ragazzino di sei anni più grande di me, melodico e privo di intoppi, difeso con ostinazione quando nessuno attorno a noi lo parlava senza un'inflessione pesante, in una regione in cui l'uso del dialetto coincideva con la cittadinanza. La lingua di un adolescente mutuata dai film doppiati in italiano, ancora fresca, ingenua e dolce, la voce di mio fratello che a tratti è ancora la mia." ★★★☆☆ 🍞 pane scopri come valuto i libri
"Me" è una biografia lunga, molto dettagliata e intima, narrata in prima persona. Un buon libro scritto molto bene da Elton John con l'aiuto del giornalista Alexis Petridis. Elton non si nasconde, mette a nudo le sue debolezze e insicurezze, gli errori commessi e con uno scavo psicologico ne ricerca le cause. Racconta, senza reticenze, i problemi di dipendenza da droga e alcool, lo shopping compulsivo, la bulimia, l'omosessualità, le difficoltà a mantenere una relazione stabile, l'impegno nella lotta contro l'AIDS e i lutti subiti. La narrazione parte dall'infanzia tra i litigi dei genitori, le lezioni di musica, il talento prodigioso. Prosegue con l'esposizione dettagliata dei tentativi di affermarsi in campo musicale, le difficoltà, i rifiuti, la scoperta dell'omosessualità e infine il successo e l'infelicità, gli abiti eccentrici, gli spettacoli bizzarri, la cocaina, i tentativi di suicidio, l'impegno nella lotta contro l' AIDS, l'acquisto del Watford calcio, l'amicizia con Freddie Mercury e John Lennon, le vacanze con Rod Stewart, il matrimonio etero con Renate, le dipendenze e la disintossicazione, le sfuriate. E finalmente l'accettazione di sé, un nuovo amore, una vita più "normale" nonostante il successo. I dolori tuttavia non cessano: viene assassinato l'amico Gianni Versace, muore la principessa Diana, si ammala di cancro, il suo cuore cede. Elton decide di ridurre gli impegni per dedicarsi ai due figli piccoli e alla famiglia e organizza il tour mondiale di addio partito nel 2018 e destinato a concludersi (pandemia permettendo) quest'anno. Una vita solo apparentemente da sogno la sua. Come accade spesso, ricchezza e successo non sempre sono sinonimi di felicità, ma Elton ci dice che "vivo e ho vissuto una vita straordinaria, e onestamente non la cambierei, nemmeno le parti di cui mi pento, perché sono felicissimo di com'è oggi." La biografia è lunghissima e dettagliatissima, voluta da Elton a coronamento della sua carriera. Ne saranno felici i numerosissimi fan. Dal libro è tratto il musical Rocketman, più leggero e divertente del libro, adatto anche a chi, per questioni anagrafiche, non conosce Elton John. "Se vi piace vivere in un mondo di sconforto, deliri e stronzate ininterrotte, la cocaina è quello che fa per voi". "Il Watford mi regalava una felicità che coi soldi non avrei mai potuto comprarmi." 
★★★☆☆ 
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“Una volta è abbastanza” è il romanzo d’esordio di Giulia Ciarapica, giovane book blogger, ambientato nelle Marche a Casette d’Ete e narra le vicende della sua famiglia d’origine. Si tratta del primo libro di una trilogia (gli altri due non ancora pubblicati). Consigliatomi dalla mia collega d’ufficio Francesca, non mi ha delusa. Si fa leggere con calma. Non ti mette addosso la tensione del thriller, eppure non appena hai un momento di tempo, riprendi in mano il libro e continui a leggere ciò che accade nelle vite di Giuliana e Annetta, con la curiosità con cui ascolteresti il racconto della vita dei tuoi nonni.

"Perché resta solo quel che conta, e conta soltanto ciò che resta. Al di là di tutto. Nonostante tutto."
★★★☆☆

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"Una volta è abbastanza" nella presentazione di Giulia Ciarapica


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Chi sono

Mi chiamo Cristiana Bresciani, sono una mamma lavoratrice, sportiva e mangiatrice di libri. Vivo in Trentino, sul Lago di Garda. Amo viaggiare con la testa tra nuvole di libri e nel mondo con i piedi agganciati ai pedali di una bicicletta.

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Al termine di ogni mia recensione troverete un numero di stelline che corrispondono ad un mio giudizio complessivo sul libro e uno o più simboli di cibo che evocano le emozioni suscitatemi.

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