Ci ha lasciati oggi Stefano Benni, 78 anni, dopo lunga malattia. Autore di BAR SPORT, LA COMPAGNIA DEI CELESTINI e L'ORA PIÙ BELLA. Tre opere che io ho amato moltissimo.
Il figlio di Stefano ha invitato chi volesse ricordarlo in questi giorni a leggere le sue opere ad amici, figli, amanti e parenti.
"Ditegli di continuare a sognare, ditegli di resistere." (Stefano Benni, Elianto, 1996)
Iniziano oggi a Riva del Garda i prologhi del festival intermittenze, evento culturale organizzato dal Comune e dalla Biblioteca civica in collaborazione con l'associazione Rapsodia, giunto alla settima edizione. Gli incontri clou con gli scrittori si svolgeranno dall'11 al 14 settembre.
Potete trovare il programma completo su: https://intermittenze.com/
Io vi introdurrò i diciasette libri protagonisti delle intermittenze 2025.
Seguiranno le consuete cronache di intermittenze in cui vi racconterò degli incontri.
Giovedì 11 settembre – ore 18.30
Modena City Ramblers
Nati per la libertà.
"Questo libro racconta la storia di Luisa, che a 17 anni fa la staffetta partigiana, nascondendo i dispacci sotto la sella della sua bicicletta. Parla di Matteo, che davanti al fascista che ha ucciso i suoi amici deve scegliere tra vendetta e giustizia. In queste pagine vivono Kurt, un soldato tedesco diverso dagli altri, e la famiglia che lo aiuterà a nascondersi; si agita inquieto Scarpasoun, il partigiano che non vorrebbe uccidere nessuno; si confida il fantasma di Savoniero, scappato sull’appennino dopo essere fuggito da un campo di prigionia in Russia. E, ancora, si narra l’impresa dei valorosi capaci di rubare un carro armato ai nazisti, si ascoltano le note di un violino partigiano e quelle del pianoforte di casa Mussolini. Soprattutto, in queste storie scorre un’energia vitale più forte anche della guerra: la scoperta dell’amore nonostante tutto, un saluto che forse è un addio, le parole dette e i silenzi che esprimono ogni cosa, un gesto coraggioso che cambia il destino di uno o di tanti. Le vite di uomini e donne “nati per la libertà” sono quelle di partigiani più o meno conosciuti, ma anche di persone troppo normali per essere ricordate come eroi, ugualmente protagonisti della lotta, drammatica e appassionata, che ha portato alla Liberazione del nostro paese." - dalla quarta di copertina -
I Modena City Ramblers sono un gruppo musicale folk.
Il libro dell’incontro Nati per la libertà. Racconti resistenti dei Modena City Ramblers (La nave di Teseo, 2025)
Venerdì 12 settembre – ore 18.00
Antonella Lattanzi e Cristina Marconi
Cose che non si dovrebbero raccontare
"Cose che non si raccontano narra una dolorisissima storia di aborti indotti, naturali, tentativi di gravidanze e tutte le sofferenze e le emozioni che ne conseguono. Ma quanto romanzo c'è in queste pagine? Nulla o quasi nulla. E' la storia dell'autrice che ha avuto il coraggio di raccontare cose che non si raccontano e che sarebbe giusto poter raccontare senza paura di essere giudicati e per permettere a chi vive situazioni simili di sentirsi compreso e meno solo." dalla recensione di LibriCitando -
Antonella Lattanzi è nata a Bari nel 1979 e vive a Roma. È scrittrice e sceneggiatrice. Autrici di romanzi memorabili, per il cinema ha scritto per i registi Claudio Giovannesi e Leonardo D’Agostini. Collabora con il «Corriere della Sera». È tradotta in diverse lingue.
Stelle solitarie - "Cosa vuol dire prendersi cura di qualcuno? Ci si riesce mai veramente? E, soprattutto, cosa cerchiamo per noi nello stare vicino a chi soffre? Houston è la città che da sempre risolve problemi, e lo fa con slanci grandiosi e ambizioni smodate. E cosa c'è di piú ambizioso che curare una malattia che sembra incurabile? Perciò è lí che Cristina accompagna la sua amica Vera, bellissima e piena di luce, che dalla vita ha ricevuto un colpo basso a cui non si rassegna. E forse anche Cristina è in qualche modo in cerca di una cura. Un racconto pieno di intelligenza, che si affida alla leggerezza per provare a dire cosa siamo, e cosa possiamo essere, davanti al dolore degli altri." - dalla quarta di copertina -
Cristina Marconi ha vissuto all’estero per sedici anni, prima a Bruxelles e poi a Londra, scrivendo su vari giornali. Nel 2019 ha esordito con il romanzo Città irreale (Ponte alle Grazie) con cui ha vinto i premi Rapallo Opera Prima e Severino Cesari Opera Prima. Insegna scrittura alla Scuola Belleville di Milano, la città dove ora abita.
I libri dell’incontro: Cose che non si raccontano di Antonella Lattanzi (Einaudi, 2023) e Stelle solitarie di Cristina Marconi (Einaudi, 2024)
Sabato 13 settembre – ore 9.30
Michela Ponzani e Ghost e Blond
"Roma, 8 giugno 1944. Vera Simoni, figlia del generale Simone Simoni, massacrato nell’eccidio delle Fosse Ardeatine, guida un corteo di donne decise a incontrare il tenente colonnello John Pollock, comandante per la pubblica sicurezza a Roma. Sono vedove, madri, sorelle, figlie delle vittime e chiedono che ai 335 ostaggi massacrati il 24 marzo 1944 sia data degna sepoltura. Non hanno tempo per piangere e vogliono che quel luogo di morte diventi un simbolo: un’area sacra di lutto per ricordare i ribelli chiamati a combattere per la libertà. Michela Ponzani ricostruisce la storia delle donne che trasformarono un massacro in un mausoleo, fino alla memoria dei loro nipoti e alle pietre d’inciampo: un monumento sepolcrale antigerarchico e antiretorico, edificato sul luogo della vendetta tedesca per celebrare i martiri dell’antifascismo." - dalla quarta di copertina -
Michela Ponzani, (Roma 1978) insegna Storia contemporanea all’Università degli studi di Roma «Tor Vergata». Autrice e conduttrice televisiva di programmi culturali per Rai Storia e La7, è stata borsista della Fondazione Luigi Einaudi di Torino e consulente dell’Archivio storico del Senato della Repubblica.
Il libro dell’incontro: Donne che resistono. Le Fosse Ardeatine dal massacro alla memoria di Michela Ponzani (Einaudi, 2025)
Sabato 13 Settembre – ore 11.00
Antonella Lattanzi
Intervista immaginaria a Gustave Flaubert
"Viziata, egoista, capricciosa, indolente, arrivista. Oppure: paladina del Desiderio, la pulsione fondamentale che muove ogni essere umano, che in lei è totalizzante al punto da guidare ogni sua azione, dalle relazioni amorose al suicidio finale. Di tutte le eroine della letteratura poche sono in grado di dividere il parere dei lettori quanto Emma Bovary. Antonella Lattanzi, una delle più grandi scrittrici italiane contemporanee, si è innamorata di Emma. Più di una volta, a ogni rilettura del capolavoro di Flaubert, in periodi diversi, e sempre cruciali, della sua vita. Madame Bovary è il libro del suo cuore, ed Emma per lei quasi un’ossessione." - dalla quarta di copertina -
Antonella Lattanzi è nata a Bari nel 1979 e vive a Roma. È scrittrice e sceneggiatrice. Ha scritto, tra gli altri, Questo giorno che incombe e Cose che non si raccontano. L’ultimo libro pubblicato si intitola Capire il cuore altrui: Emma, Flaubert e altre ossessioni.
Il libro dell’incontro: Capire il cuore altrui di Antonella Lattanzi (Harper Collins Italia, 2024)
Sabato 13 settembre – ore 15.00
Matteo Nucci
Platone. Una storia d’amore
"È un mattino d’estate del 415 a.C. e su un masso che sporge sopra il porto del Pireo sono appollaiati quattro ragazzini. Il canto delle cicale copre il brusio della folla. C’è aria di festa, ma la guerra incombe, e i quattro tacciono, assorti. Tra loro c’è un dodicenne dallo sguardo febbrile. Si chiama Aristocle e, cinque anni più tardi, per via delle ampie spalle, prenderà un nome destinato all’eternità: Platone. Accanto a lui, in quel mattino decisivo, l’uomo che ne racconta la storia. Questa storia. Una storia d’amore." - dalla quarta di copertina -
Matteo Nucci è nato a Roma il 7 ottobre 1970. È scrittore e antiaccademico narratore dell’antichità. Ha studiato il pensiero antico e pubblicato saggi su Empedocle, Socrate e Platone e una nuova edizione del Simposio. Collabora con “La Stampa”, “l’Espresso” e “il manifesto”.
Il libro dell’incontro: Platone. Una storia d’amore di Matteo Nucci (2025)
Sabato 13 Settembre – ore 16.30
Vanessa Roghi e Giulia Siviero
La parola “femminismo”
"La parola «femminista» non conosce mezze misure: la ami o la odi, la dici o la bruci. E ancora dopo anni da quando è stata usata per la prima volta continua a evocare una grande varietà di significati, immagini e letture. Sembra arduo pensare a una definizione che ne comprenda le diverse sfumature e ne mostri l'evolversi nel tempo e nello spazio. Eppure, in questo saggio, Vanessa Roghi riesce a farlo in modo brillante. Unendo la propria storia a quella con la S maiuscola, l'autrice ricorda il femminismo in cui era immersa da bambina, fatto di fiabe senza principesse e riunioni del collettivo di cui faceva parte la madre, e quello vissuto da giovane donna, tra manifestazioni in piazza, diari Smemoranda e musica pop inglese. Ripercorre poi i disastrosi passi indietro degli anni Novanta, complice la nuova rappresentazione della donna propinata da certe trasmissioni televisive di grande successo, e intesse così un racconto che tocca tutti i temi cardine del femminismo, dalla maternità all'aborto, dalla sessualità al genere. Intrecciando voci di donne di tutte le età, intellettuali, scrittrici, giornaliste, come Carla Lonzi, Elena Gianini Belotti e Michela Murgia, questa biografia collettiva ci invita a non dimenticare il passato e a tenere aperta la discussione sulle possibilità che l'atto di «pensarsi e dirsi» può continuare a portare in questo Millennio. Un libro rivolto a chi si è perso per strada la parola femminista e ora sente di dover riempire quel vuoto, a chi si domanda «perché questa parola è scomparsa e poi è riapparsa nelle nostre vite, e se non sarebbe meglio averla sempre accanto»." - dalla quarta di copertina -
Vanessa Roghi è storica e autrice di programmi di storia per Rai Cultura. Bodini Fellow presso l’Italian Academy della Columbia University dal 2020 al 2021, è una ricercatrice indipendente e ha pubblicato diversi libri con una particolare ossessione per Gianni Rodari. Il suo ultimo libro pubblicato da Mondadori si intitola appunto: La parola “femminismo”.
Fare femminismo - "Questo è un libro di racconti e storie, ma intessuto di elaborazione teorica: su come i femminismi abbiano organizzato in piazza funerali alla femminilità tradizionale e liberato topi alle fiere per matrimoni, inventato dispositivi per abortire frugando nei negozi per acquari, distrutto proprietà o opere d'arte. Su come abbiano esposto corpi e vulve nello spazio pubblico, occupato le aule di tribunale per mettere in discussione la legge nei luoghi della sua applicazione, trasformato il silenzio, la rabbia o la provocazione in azione ed escogitato rifiuti, scioperi e ostinati boicottaggi per trasformare sé e il mondo. Le pratiche raccontate da Siviero possono "aprire il presente all'imprevisto, fare la differenza. E questa resta ancora oggi la nostra scommessa politica". Di fronte al successo mondano di parte del femminismo e di un movimento spesso ridotto alla richiesta di diritti civili, questo libro rappresenta un invito a recuperare una genealogia femminista radicale cui poter attingere per rimettere al mondo desideri, invenzioni antagoniste, esperienze di sorellanza e sovversione, gesti di libertà." - dalla quarta di copertina -
Giulia Siviero, femminista, fa politica nei movimenti. Si è laureata in Filosofia all’Università di Verona, lavora al Post e ha collaborato con altre testate, tra cui il manifesto, Internazionale, Valigia Blu e L’Essenziale, occupandosi di questioni di genere e politica delle donne. Il suo libro, pubblicato da Nottetempo si intitola Fare femminismo.
I libri dell’incontro: La parola femminista. Una storia personale e politica di Vanessa Roghi (Mondadori, 2024) e Fare Femminismo di Giulia Siviero (Nottetempo, 2024)
Sabato 13 settembre- ore 18.00
EmanueleTrevi
Mia nonna e il conte
"Come certe ragazzine così timide e ritrose da sembrare anonime, che svelano il loro fascino al momento giusto, nel giro di un’estate, a sedici o diciotto anni, iniziando a raggiare alla maniera di astri appena scoperti nella carta del cielo, mia nonna diventò bellissima dopo gli ottanta.» È una nonna dai tratti di dea arcaica, Peppinella, la protagonista di questo libro, una perentoria matriarca calabrese che, come una regina, vive riverita da due dame di compagnia – Delia e Carmelina – ma che al pari di ogni donna del popolo guarda Beautiful al pomeriggio. Nel suo giardino dominato dall’imponente cibbia, il nipote Emanuele trascorre – immerso nei libri – le interminabili estati dell’infanzia e della giovinezza. Ed è in questo hortus conclusus che un bel giorno Peppinella si vede comparire davanti addirittura un Conte, anch’egli ultraottantenne e studioso della storia borbonica, che le porge un mazzetto di fiori e chiede il permesso di attraversare la sua proprietà, per accorciare il percorso da casa al paese.
Passaggio dopo passaggio, tra Peppinella e il Conte fiorisce un affetto inaspettato, tardivo,
privo di ansie e pretese, gratuito. «Come se fossero rinchiusi in una sfera di cristallo, custodivano un segreto inaccessibile, la formula di un incantesimo di cui entrambi, a loro insaputa, possedevano la metà necessaria a completare l’altra." - dalla quarta di copertina -
Emanuele Trevi (Roma, 1964) è scrittore e critico letterario, autore di molti saggi e curatele di opere di autori tra cui si possono ricordare: Giacomo Leopardi, Emilio Salgari e Philip K. Dick. Collabora con Radio 3 e scrive su diverse riviste come Nuovi Argomenti, Il caffè illustrato e su quotidiani quali Il Corriere della sera, la Repubblica, la Stampa e il manifesto. Nel 2021 ha vinto il Premio Strega con il libro Due vite (Neri Pozza, 2020)
Il libro dell’incontro: Mia nonna e il conte di Emanuele Trevi (2025)
Sabato 13 settembre – ore 21.00
Massimo Zamboni in
P.P.P. Profezia è Predire il Presente Reading Concerto
"Questa è la storia di mio nonno Ulisse e dei suoi sparatori che si spararono tra loro. Il racconto di ciò che ha innescato quei colpi in canna, e di ciò che è stato dopo. L'eco di uno sparo non si quieta mai.
Il 29 febbraio 1944 Ulisse, squadrista, membro di un direttorio del fascio, viene ucciso dai Gruppi di Azione Patriottica. Pochi mesi prima erano morti i sette fratelli Cervi, fucilati dai fascisti. Il 16 marzo 1961, diciassette anni dopo, il gappista Soragni, nome di battaglia Muso, sarà vittima dell'odio covato nel tempo da un compagno militante e amico, assieme a lui responsabile dell'uccisione di Ulisse. La storia è lineare solo quando scegliamo di raccontarla cosí, ma gli eventi si affastellano in un ordine che, quando ti riguarda da vicino, non è necessariamente quello cronologico. Cosí è per chi cerca di capire le ragioni del sangue, quando il sangue degli oppressori si mescola a quello degli oppressi. E l'eco di quegli spari accompagna Massimo Zamboni nella sua indagine attraverso due secoli per ricostruire una storia che lo riguarda molto da vicino, anche se gli è stata sempre taciuta. «Di mio nonno, due sole cose possedevo: il nome, Ulisse, che io porto come secondo, e che sempre ho dovuto considerare come un intruso, una parte sconosciuta di me; e una giacca, un tessuto ruvido di lana, il nero orbace della sua divisa autarchica. Niente di piú, prima di questo libro». Questa indagine lo porta a respirare polvere negli archivi cercando di decifrare le calligrafie ostili dei registri parrocchiali; lo porta sulle colline reggiane a intervistare i superstiti; lo porta sulla tomba dei fratelli Cervi - sette, come sette erano i fratelli B*, l'agiata famiglia a cui apparteneva il bisnonno Massimo. Una storia che chiedeva di essere raccontata, rimasta sepolta insieme alle tante storie rimosse di questo Paese. Un libro sofferto, inconsueto, che è insieme una presa d'atto, un amaro bilancio e una terrestre ballata incantatrice. La memoria va trasmessa, ci dice Massimo Zamboni, e «tocca ai nipoti tramandare, sottraendo ai genitori un compito che non avrebbero potuto svolgere con giustezza." - dalla quarta di copertina -
Massimo Zamboni (Reggio Emilia, 27 gennaio 1957) è un chitarrista, cantautore e scrittore italiano. È stato chitarrista e principale compositore dei CCCP e dei successivi CSI.
Il libro dell’incontro: L’eco di uno sparo di Massimo Zamboni (Einaudi, 2015)
Domenica 14 settembre – ore 11.00
Barbara Baraldi e Luca Crovi
Indagare la paura. Da Dylan Dog all’Italian thriller Gli omicidi dei tarocchi - "Un giallo magnetico e visionario, una storia che fonde logica e mistero, un segreto sepolto fra molti destini intrecciati.
Trieste è una città abituata al silenzio, ma questa volta tace per paura. Un killer senza volto ha commesso due delitti: le vittime non sembrano avere nulla in comune, se non che sulle scene vengono trovate due carte dei tarocchi, la Temperanza e la Ruota della Fortuna. Appena la commissaria Emma Bellini le vede, il gelo la attraversa. Quelle carte fanno parte di un mazzo realizzato a mano da sua sorella Maia, artista e appassionata di esoterismo, con cui non parla da anni. Emma ora non può evitare il confronto. Deve ritrovare Maia, interrogarla, capire cosa leghi il mazzo agli omicidi. Maia, però, è atterrita: rivela di aver distrutto tutte le carte da tempo, dopo un evento drammatico che ha stravolto la sua vita e l'ha portata a rinnegare per sempre la divinazione.
Un trauma che le ha lasciato una parola incisa nella memoria, come un'eco lontana o un marchio a fuoco. Safir. Quando un terzo cadavere viene ritrovato, con un'altra carta accanto, l'indagine diventa una corsa contro il tempo. Mentre Emma segue i fili logici di un enigma che sembra sfuggire a ogni razionalità, Maia rimette mano ai tarocchi per cercare di far pace con il passato. E, forse, per ritrovare sua sorella." - dalla quarta di copertina -
Barbara Baraldiè autrice di thriller bestseller, su tutti quelli con protagonista, “Aurora Scalviati, profiler del buio” e sceneggiature di fumetti. Da maggio 2023 è curatrice della serie «Dylan Dog» di Sergio Bonelli Editore, di cui è anche sceneggiatrice.
Andrea Camilleri: una storia - "Andrea Camilleri è stato tante cose, così tante che faticavano a stare tutte dentro una persona sola. È nota la storia del suo ‘destino ritardato’, come lui stesso lo chiamava: l’esplosione come scrittore a quasi settant’anni, con il commissario Montalbano e una popolarità inaudita. Ma Camilleri non è stato soltanto questo, o meglio, il suo successo ha cominciato a nascere molto tempo prima, e si può dire che ogni frammento della sua lunga esistenza fosse destinato a convergere nella figura che i lettori italiani hanno poi straordinariamente amato. Esiste dunque una storia più complessa e disseminata di sorprese: eventi che neanche un romanziere avrebbe potuto immaginare così come sono accaduti. È la storia di un bambino siciliano che si intrufola nella soffitta dei genitori e vi trova i gialli di Simenon custoditi in un sacco di juta. Di uno studente scapestrato che diventa regista teatrale e alleva importanti attori. Di un giovane intellettuale che entra in Rai e produce alcuni tra i programmi più iconici della storia della radio e della tv. Di un artista poliedrico che da dietro le quinte contribuisce a fare grande la cultura popolare italiana. E di un uomo che per testardaggine e un pizzico di fortuna incontra sul suo cammino una miriade di personaggi leggendari." - dalla quarta di copertina -
Luca Crovi è tra i massimi esperti in Italia di letteratura di genere. Lavora per Sergio Bonelli Editore, dove dal 1993 si occupa della collana Almanacchi. Ha collaborato con «Italia Oggi», «Il Giornale» e «Max» occupandosi di musica.
I libri dell’incontro: Gli omicidi dei tarocchi di Barbara Baraldi (Giunti, 2025) e Andrea Camilleri. Una storia di Luca Crovi, (Salani, 2025)
Domenica 14settembre – ore 15.00
Andrej Longo in
Schegge di Napoli
Lettura spettacolo
"Dieci racconti ambientati nella periferia napoletana, ognuno ispirato a un comandamento, che hanno la capacità di tratteggiare una città cruda, vera, spesso soffocante. Storie, narrate in prima persona, sempre tesissime, impietose, a volte brutali, costantemente protese in una ricerca allo stesso tempo umana e letteraria." - dalla quarta di copertina -
Andrej Longo (1959), nato a Ischia, è autore di opere teatrali, radiofoniche e cinematografiche. Ha vinto diversi premi letterari, tra cui il Bagutta e il Premio Chiara. I suoi libri sono tutti pubblicati da Sellerio editore
Il libro dell’incontro: Dieci di Andrej Longo (Sellerio, 2025)
Domenica 14 settembre – ore 16.30
Nicola Lagioia
Presto saprò chi sono.
L’arte di raccontare storie attraverso la letteratura, da Omero ai giorni nostri
"Questo libro è scritto benissimo. Descrive alla perfezione, dopo un lunghissimo lavoro di ricerca e indagini, in quale ambiente é maturato l'omicidio. Dipinge Roma basandosi su una conoscenza personale della città, per cui nutre un sentimento di profondo amore/odio.
L'autore ci racconta la vita dei tre ragazzi coinvolti: Manuel Foffo, Marco Prato e Luca Varani. Ce li descrive attraverso le loro deposizioni, le interviste rilasciate, gli atti del processo, le perizie e i ricordi di amici e parenti. E non ci risparmia nemmeno le parti più crudeli di quanto avvenuto. Sicuramente si è trattato di un dramma per tutti, nessuno escluso.
Nicola Lagioia si apre intimamente con i lettori, raccontando anche fatti personali del suo passato riemersi nella sua mente in seguito a questi avvenimenti.
Nicola Lagioia pone questa domanda nel suo libro: noi speriamo sempre di non avere la sfortuna di essere vittime di un delitto, ma ci poniamo mai la domanda se potremmo essere noi il carnefice?" - dalla recensione di LibriCitando -
Nicola Lagioia (Bari, 18 aprile 1973) è uno scrittore e conduttore radiofonico italiano, direttore del Salone internazionale del libro di Torino dal 2017 al 2023. È stato vincitore del Premio Strega nel 2015
Il libro dell’incontro: La città dei vivi di Nicola Lagioia, Einaudi, 2020
Domenica 14 settembre – ore 18.00
Marcello Fois e Mario Desiati
Di stirpi, saghe familiari e dintorniL'immensa distrazione - "Ettore Manfredini, nonostante fosse appena morto, la mattina del 21 febbraio 2017 ebbe la netta sensazione di svegliarsi». Inizia cosí il nuovo libro di Marcello Fois, che torna al grande romanzo familiare, questa volta in un'Emilia mitica e concretissima, fatta di campi, allevamenti, industrie, infinite pianure. Per un istante lungo quasi trecento pagine, Ettore ripercorre i momenti decisivi, le grandi gioie e i grandi dolori della sua stirpe. E finalmente vede tutti come sono stati davvero. I Manfredini hanno trasformato un semplice mattatoio in un impero, con l'accanimento di chi conosce la miseria e l'astuzia di chi ha capito come uscirne. Ma ogni cosa che li riguarda, il loro inesausto gioco di sentimenti, alleanze, silenzi e potere, si fonda su un inganno. Sono questo, i Manfredini: spietati, umanissimi." - dalla quarta di copertina -
Marcello Fois (Nuoro, 20 gennaio 1960) è uno scrittore, commediografo e sceneggiatore italiano. Cofondatore del Festival Letterario L’Isola delle Storie di Gavoi di cui è stato Presidente dal 2007 al 2023. Autore del romanzo "Pietro e Paolo".
Malbianco - "Marco Petrovici ha quarant'anni e vive a Berlino, quando all'improvviso, un giorno, inizia a svenire. Per scoprire l'origine di questi suoi disturbi e ritrovare un po' di pace, decide di tornare in Puglia, dai genitori ormai anziani che vivono immersi in un bosco di querce e lecci nella campagna tarantina. Schiacciato dai sensi di colpa per non essere il figlio che Use e Tonia speravano, si ferma nella casa di famiglia per occuparsi di loro, ma allo stesso tempo si convince che le cause del suo malessere vadano cercate nella memoria sepolta di quel loro cognome cosí strano. A partire da un ricordo d'infanzia dai contorni fumosi - un balordo un po' troppo famigliare che suona il violino sotto la neve di Taranto -, con l'aiuto di zia Ada, della letteratura e della storiografia, della psicoterapia e di un diario ritrovato non per caso, Marco cura il «malbianco» che opprime la sua famiglia. Facendosi largo tra reticenza e continue omissioni, scopre la vita segreta della bisnonna Addolorata, trovatella e asinaia, e ricostruisce le vicende di nonno Demetrio e di suo fratello Vladimiro, entrambi reduci di guerra, una guerra combattuta e patita in modi molto diversi. Chi sono davvero i Petrovici? Da dove arrivano? E cosa c'entra con loro un'antica ninna nanna yiddish che inconsapevolmente si tramandano da quasi cent'anni? Questa è la parabola di chi rivolge lo sguardo dietro di sé, alle proprie origini piú profonde, per vivere il presente e immaginare un futuro libero da quel malbianco che nasconde la vera essenza delle persone." - dalla quarta di copertina -
Mario Desiati è uno scrittore, poeta e giornalista italiano, vincitore del Premio Strega 2022. Collabora con «La Repubblica» e «L’Unità». Da un suo romanzo è stato tratto il film Il paese delle spose infelici.
I libri dell’incontro: L’immensa distrazione di Marcello Fois (Einaudi, 2025) e Malbianco di Mario Desiati (Einaudi, 2025)
Domenica 14 settembre – ore 21.00
Patrizia Valduga e Daniele Di Bonaventura in concerto
Uno strato di buio uno di luce , Incontro tra la poesia e il Bandoneón
"Nel fluire delle quartine di settenari e di endecasillabi ecco dunque Belluno, la piazza e le montagne che vede dalla finestra, e i nomi dialettali delle montagne formano un primo catalogo, un'orgia fonetica che si fa subito filastrocca o litania; ecco il catalogo impietoso dei suoi fidanzati, che prendono la parola per accusare o per difendersi." - dalla quarta di copertina -
Patrizia Valduga all'anagrafe Patrizia Farinazzo (Castelfranco Veneto, 20 maggio 1953), è una poetessa e traduttrice italiana.
Il libro dell’incontro: Belluno. Andantino e grande fuga (Einaudi, 2019)
Le mie recensioni in realtà recensioni vere non sono. Io le definirei esperienze. Avete presente i moderni siti di promozione turistica? Quelle che una volta erano definite proposte, gite, attività sono state sostituite dalle "esperienze" (sportive, culinarie, culturali...). Quello che il sito vi propone è un'esperienza. Allo stesso modo il mio blog propone esperienze letterarie, in cui io vi racconto la mia di esperienza, i ricordi e le emozioni che quella lettura mi ha suscitato.
A dire il vero, qualche anno fa ci avevo provato ad imparare a fare delle recensioni vere, serie. Ho frequentato un bellissimo corso a Brescia, organizzato dall'associazione culturale "Brescia si legge" e tenuto da esperti molto competenti. I miei compagni di corso erano tutti impegnatissimi e bravissimi. Mi è piaciuto, però alla fine ho concluso che io le recensioni vere non le saprò e vorrò mai fare. Mi annoiano. Le recensioni letterarie serie sono quelle che fanno un'analisi approfondita del testo, valutano trama, stile, personaggi, un po' come le schede libro che ci facevano fare a scuola. A me piace scrivere in prima persona ed è vietatissimo! Bisognerebbe utilizzare un linguaggio ricercato, evitare termini colloquiali e mantenere distacco emotivo. Ma io le recensioni le scrivo anche per me, non solo per voi, per fissare ricordi ed emozioni. Quindi, mettetevi bene in mente che, nonostante sia "costretta" a tenere nel menù la dicitura "recensioni" - altrimenti i motori di ricerca non mi considerano - quelle che io scrivo sono solo esperienze letterarie!
Galeotto fu "l'articolo" e chi lo scrisse!
Ebbene sì, lo ammetto: non conoscevo il commissario Mario Mandelli di Gian Andrea Cerone prima di imbattermi in un articolo dell'inserto del Corriere della sera "La lettura" che annunciava l'uscita del quarto episodio -parzialmente- ambientato in val di Fassa. Come avevo potuto perdermi quel personaggio?
Doppiamente incuriosita dal "nuovo" commissario e dell'ambientazione vicino a casa, mi sono documentata meglio ed ho scoperto che Gian Andrea Cerone avrebbe presentato il suo ultimo romanzo noir pochi giorni dopo in Trentino.
Non volevo perdermi l'occasione di incontrarlo e non volevo nemmeno arrivarci completamente "digiuna" riguardo alla squadra dell'unità di analisi del crimine violento, a capo della quale è posto il commissario Mandelli.
Mi sono quindi messa subito alla ricerca del primo episodio. Da brava lettrice "seriale" non volevo assolutamente iniziare a leggere la serie dal quarto episodio. Purtroppo non sono riuscita a trovare "Le Notti senza sonno" e ho quindi iniziato con il secondo: "Il trattamento del silenzio".
A dire il vero non ho avuto nessuna difficoltà ad ambientarmi con la squadra. Cerone non dà nulla per scontato e qui e là nel romanzo inserisce dei brevi incisi, qualche ricordo, che aiutano il lettore che ha già letto il precedente a ritrovare la memoria e agevola la lettura agli altri.
Incontrandolo a Rovereto ho scoperto che tutti i titoli dei suoi romanzi hanno un legame molto profondo con il racconto.
Il "trattamento del silenzio" è una vera e propria forma di violenza psicologica, praticata fin dal Medioevo che consiste nel non comunicare con una persona, provocandone gravi danni psicologici e depressione.
La “curva dell’oblio”, studiata dallo psicologo e filosofo tedesco Hermann Ebbinghaus descrive per quanto tempo siamo in grado di trattenere delle informazioni.
Se non le riutilizziamo velocemente, verranno perse. Più vengono praticate, più la curva si appiattisce e il ricordo migliora.
Lo sa bene Mandelli che i testimoni di un delitto vanno ascoltati subito per non disperdere o alterare informazioni importanti.
Mario Mandelli è un commissario "normale", non un tipo vicequestore Schiavone -scontroso, indisciplinato e un po' dannato-. È sposato da trent'anni con Marisa Bonacina, di cui è ancora innamorato, è colto, tranquillo, simpatico ed empatico, solido, un po' paterno e autorevole nei confronti della squadra.
E la squadra? Quella sì è originale e variegata.
Antonio Casalegno, bello, intelligente, affascinante dongiovanni rubacuori, impulsivo e insofferente.
Marica Ambrosio, ex giavellottista, imponente e dolce allo stesso tempo.
Zilli, l'hacker.
Caterina Dei Cas, poliziotta valtellinese, bella, indipendente e capace, si aggiunge alla squadra nel secondo romanzo.
E poi ce ne sono molti altri che scoprirete leggendo.
Ora vi racconterò brevemente la trama de "Il trattamento del silenzio", senza anticipare nulla che possa rovinarvi la lettura.
Il commissario Mandelli e l'ispettore Casalegno indagano su una serie di crimini violenti commessi a Milano, tra cui la morte di due collezionisti e la scomparsa di un libro antico. Altre vicende si intrecciano, accadono strane sparizioni di ragazze universitarie e un losco tipo si aggira tra i corridoi dell'Università. La squadra si troverà impegnata su piu fronti di indagini.
Il racconto è avvincente e non mancano i colpi di scena. Non mancano nemmeno vicende amorose e riflessioni profonde.
Le storie d'amore non finiscono mai di colpo, quello è l'alibi degli imbecilli. Spesso scivolano lentamente sul piano inclinato del tempo, finchè uno dei due non si ritrova con il culo per terra. In molti casi entrambi.
★★★★☆
🍾 spumante
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Chiudo con tre curiosità: la prima è che Mandelli e la sua squadra si riferiscono ai casi loro assegnati utilizzando la scala di Stone. Un caso di Stone22 indica gli omicidi peggiori. È una classificazione creata dal criminologo americano Michael Stone. Oltre il gradino 22 non c'è nulla.
Mi ricorda un po' le rotture del decimo livello di Schiavone.
La seconda è che Marisa Bonacina, detta Isa, moglie del commissario Mario Mandelli, è la protagonista del racconto: "La prima indagine di Marisa Bonacina", contenuto nella raccolta "Un lungo Capodanno in noir".
Io l'ho letto!
E infine, la terza: è in produzione la serie tv di Sky!
Ed ora vi lascio e continuo la lettura de "La curva dell'oblio". A presto con la recensione!
Oggi vi voglio parlare di un simpatico romanzo giallo, "La ragazza dell'anagrafe", scritto da una dipendente comunale (come me) e di cui ho scoperto l'esistenza pochi mesi fa.
L'autrice è Valeria Maranò, nata a Bari nel 1968. Valeria però ha vissuto e lavorato molti anni in provincia di Torino. Ha scritto questo romanzo e i successivi due nel periodo in cui era responsabile del servizio demografico del Comune di Coazze.
Purtroppo Valeria non c'è più ed io ho saputo dei suoi romanzi leggendo la notizia della sua morte sul gruppo degli ufficiali di anagrafe e stato civile.
Ho subito cercato i suoi libri ed ho acquistato immediatamente il suo romanzo d'esordio che mi incuriosiva doppiamente, non solo perché scritto da una dipendente comunale appassionata di letteratura come me, ma anche perché il suo giallo è ambientato negli uffici demografici di un piccolo comune torinese (inventato) e la protagonista fa proprio il mio lavoro.
Da "esperta" del settore vi posso dire che mi ci sono ritrovata tantissimo.
Mi viene da pensare che è proprio vero che "tutto il mondo è paese", visto che i curiosi episodi di cui ci parla la protagonista sono gli stessi che capitano a me e alle mie colleghe "urpesse" (matrimoni e separazioni di comodo, assurde richieste di copie conformi di autocertificazioni del nulla, richieste di cittadinanza di discendenti di cittadini italiani che non parlano una parola di italiano e che non hanno nessuna intenzione di rimanere a vivere nel nostro Paese ...).
Per chi non è del settore spiego che il termine "urpesse" è un vocabolo che abbiamo inventato noi dei servizi demografici ed urp (ufficio relazioni con il pubblico) del comune in cui lavoro per accomunare tutte le impiegate che si trovano a diretto contatto con il pubblico e affrontano ogni giorno vicende simili a quelle descritte nel romanzo. E noi urpesse ci ritroviamo a svolgere spesso ruoli non proprio che ci competono (psicologo, assistente sociale...), ma di cui abbiamo acquisito le competenze lavorando allo sportello, perché si sa che "la pratica vale più della grammatica".
Scherzi a parte, il romanzo è bello, scorrevole ed originale, anzi molto originale, in quanto scritto in prima persona dalla protagonista che vive le vicende da un punto di vista particolare. Molto particolare direi. La narratrice, Lucia Colella, 40 anni, impiegata presso l'ufficio anagrafe del Comune di Tricino, segue le indagini del suo omicidio dall'aldilà. Non ricorda nulla di quello che è accaduto pochi giorni prima ed assiste incuriosita a tutto ciò che accade dentro e fuori gli uffici comunali.
Oltre a scoprire l'assassino, il lettore completamente digiuno della materia anagrafica avrà modo di capire quello che si fa nei nostri uffici, che per rilasciare un certificato basta sì schiacciare un bottone, ma affinchè il computer stampi un documento corretto, una carta d'identità o un atto veritiero, è necessario il lavoro coordinato e complesso di molte persone.
Leggetelo! È leggero, ma non frivolo. Va bene per una lettura sotto l'ombrellone, ma anche per passare un pomeriggio piovoso.
"Sono belle le mie colleghe, ognuna a suo modo, e ognuna di loro completa l'altra; sono accomunate tutte dalla voglia di collaborare, di darsi una mano per creare un ambiente sereno. Cosa non da poco, vista la quantità di tempo che si trascorre insieme lavorando. Io mi sentivo parte di tutto questo, e volevo bene a tutte, ma a Viviana in particolare perchè mi ha insegnato tutto quello che c'era da sapere per lavorare con coscienza e serenità, esattamente ciò a cui ho sempre ambito.
Già, io ci tenevo davvero a rendermi utile al cittadino, a essere uno strumento per risolvere problemi, e mi sono sempre impegnata per conoscere a fondo le leggi, per diventare un punto di riferimento."
★★★★☆
🍨 mousse alla fragola
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Valeria Maranò ha inoltre pubblicato "Scorie" nel 2023.
"Carmela, detta Melina, impiegata comunale di cinquant’anni, si trova improvvisamente ad affrontare una malattia invalidante. Il suo medico di famiglia è convinto che la malattia sia dovuta allo stress e possa essere affrontata supportando con rimedi alternativi quelli proposti dalla medicina allopatica. La terapia alternativa di Melina, su consiglio del medico, consisterà nello scrivere di tutto ciò che le procura sofferenza. Pagina dopo pagina, Melina emergerà dal percorso con una visione totalmente rinnovata della realtà e riuscirà a recuperare, oltre alla salute, una relazione che riteneva irrimediabilmente persa."
E nel 2025 ha pubblicato "Con tutta la gioia possibile".
"Chiara conduce una vita tranquilla nella sua casa con giardino in un ridente paesino pedemontano, assieme a suo marito e ai suoi cani. Il lavoro non è entusiasmante come non lo sono i colleghi, ha poche amicizie sulle quali contare e una famiglia d’origine che è il suo punto di riferimento. Un temporale imprevisto si abbatte su di lei, una malattia dal nome terrificante. Non può che imboccare il percorso che le si prospetta, con l’aiuto e il sostegno di una nuova famiglia, fatta di persone straordinarie vestite di bianco. Anche se la strada è in salita e appare impervia, Chiara è decisa ad arrivare in alto per godersi il panorama."
“DELITTI NEL MONASTERO DI ARCO” di Tea Vergani arriva in radio!
In questi ultimi mesi l'autrice ha lavorato alla riduzione radiofonica del suo romanzo.
Andrà in onda con il titolo "MEDIOEVO ANDATA E RITORNO" da martedì 1 luglio, ogni settimana alle 13.40 su RAI Radio 1 Regionale. 15 puntate della durata di 20 minuti ciascuna, ascoltabili anche in streaming e, dopo qualche giorno dalla diretta, in podcast su RaiPlaySound (sezione Trentino).
La trama della riduzione radiofonica intreccia le vicende medievali di un eremita eretico con quelle di un carabiniere ai tempi nostri.
L'opera da cui è tratta è un romanzo ibrido, composto dall'intreccio di un racconto storico ambientato nel Basso Medioevo trentino e di un giallo investigativo collocato ai giorni nostri.
La prima vicenda si svolge ad Arco, tra l'anno 1206 d.C. e 1210 d.C.
Un gruppo di monaci si stabilisce ad Arco. Tra di loro c'è un giovane bolognese che deve redimere la propria gioventù dissoluta votandosi alla preghiera e all'isolamento, in una grotta. Per anni, i suoi splendidi codici miniati portano prestigio all'Ordine monastico. Intanto, il conflitto tra Imperatore e Papa raggiunge il suo picco, mentre la lebbra falcidia la popolazione. I nobili d'Arco proteggono il monastero ma sono divisi tra guelfi e ghibellini e non godono dei favori del Principe Vescovo di Trento. Il traffico di codici miniati avviato dall'Abate viene scoperto e il conflitto politico e religioso nella valle costringe i monaci alla fuga.
La seconda vicenda si svolge sempre ad Arco ai giorni nostri.
Il Maresciallo dei Carabinieri è stato trasferito ad Arco da Milano, per punizione. Annoiato e svogliato, indaga svagatamente ma finisce per sventare un crimine di narcotraffico. Risolve anche il caso dell'omicidio di un alpinista, ucciso su una falesia di Arco, a cui fa seguito un altro delitto. Con l'aiuto dei paesani e di una ragazza, con la quale inizia una relazione sentimentale, il Maresciallo smaschera il colpevole, scoprendo che tutti i crimini sono in vari modi legati alla grotta, sulla rupe di Arco.
Avete presente quando di notte vi capita di vedere una finestra illuminata e vi viene da immaginare quali vite si stiano vivendo dietro quel vetro?
A me capita.
Allo stesso modo la parola ἰοίην, unico frammento sopravvissuto di una poesia di Saffo, che significa "che io possa andare oltre" scatena i miei pensieri e le mie riflessioni.
Questo frammento - il n. 182 - è stato interpretato dagli studiosi come compatibile con molte ipotesi: andare oltre le divisioni, i muri, le incomprensioni, le distanze, i dubbi, le indecisioni, le sofferenze, i limiti propri, le convenzioni sociali, le aspettative degli altri, ....
Chissà che cosa ci raccontava Saffo in quella poesia. Non lo sapremo mai. Ognuno di noi immaginerà qualcosa di diverso, dettato dal proprio carattere, dal momento di vita che sta vivendo, dalle proprie esperienze passate.
Certo è che quel frammento suona come speranza in qualcosa di migliore. È una specie di parolina magica che non può essere intesa se non in senso positivo. E quindi, auguro a me e a tutti voi "di poter andare oltre".
"ἰοίην"
"Elogio dell'ignoranza e dell'errore" è l'ultima fatica letteraria di Gianrico Carofiglio. Non mi permetterei mai di contestare le sue abilità letterarie e filosofiche. Ha creato dei personaggi interessantissimi ed affascinanti nei suoi romanzi "seriali": l'avvocato Guerrieri, il maresciallo Fenoglio e l'ex pubblico ministero Penelope Spada. Ha filosofato in numerosi suoi saggi. Ho letto tutte, o quasi, le sue opere ed è per questo che mi sento di dire che in questo libriccino di meno di cento pagine, Carofiglio ci evidenzia gli aspetti positivi dell'ignoranza e dello sbaglio, ma che tali concetti l'autore li ha già spiegati più volte in altri suoi scritti. Indubbiamente scorrevole, interessante e introspettivo, ma può risultare ripetitivo per chi già conosce i suoi scritti. Se siete dei fan di Carofiglio, potreste quindi restare delusi; al contrario, se non lo conoscete, godrete di un piccolo antipasto delle sue abilità.
Un pregio di questo scritto, che vale per tutti, è quello di sentirsi, al termine della lettura, un po' sollevati, con meno sensi di colpa per gli errori commessi.
L'educazione ricevuta da molti di noi si basa sulla condanna dell'errore e dell'ignoranza. E' sicuramente corretto cercare di evitare di sbagliare e colmare le proprie lacune, ma dobbiamo arrenderci davanti all'evidenza: impossibile non fallire mai, impossibile avere conoscenza di tutto. Ma lo sapete quante scoperte, quante vite cambiate (in positivo) sono frutto proprio di un errore? Carofiglio ne cita alcune. Lui stesso, deluso per un concorso andato male, ha chiuso la sua carriera di magistrato e si è dato alla scrittura ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti...
"Fallire" è un termine che ha un valore talmente screditante che perfino la legge ha eliminato questa definizione per gli imprenditori. Ora le imprese non "falliscono" più, vengono "liquidate giudizialmente" e la ratio nel sopprimere questo termine è stata proprio quella di voler evitare la "marchiatura a vita" dell'imprenditore.
"Spesso siamo terrorizzati dai nostri errori e dal fatto che gli altri possano accorgersene e giudicarci in modo negativo. Invece gli errori, più di tutto, rendono gli uomini amabili, scriveva Goethe. [...] Il primo significato della frase, quello più ovvio, è che gli errori ci umanizzano agli occhi degli altri esattamente come pretendere di avere sempre ragione ci rende piuttosto odiosi. Ma forse il significato più profondo è che gli errori ci rendono amabili con noi stessi. Accettare l'idea che sbagliare non è una catastrofe ma un passaggio fondamentale dell'evoluzione. Una forma di armistizio con noi stessi.
Un modo per diventare persone migliori."
★★★☆☆
🍷 vino rosso
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Del romanzo autobiografico di Emanuela Bizzotto, Figlia di madre che non consente di essere nominata, vi avevo già parlato. Avevo letto il racconto della sua vicenda personale di abbandono alla nascita da parte della madre e ne ero rimasta molto colpita. Attraverso le sue parole avevo potuto conoscere i pensieri, le paure, le emozioni dei figli abbandonati e soprattutto scoprire che questi bambini si portano dentro quasi sempre una irrefrenabile voglia di sapere, di scoprire le motivazioni che ci sono dietro al loro abbandono e quali sono le loro vere radici biologiche.
Emanuela Bizzotto, nel suo romanzo autobiografico e ieri pomeriggio presso la Biblioteca di Arco, ci ha raccontato tutta la sua vita, dall'infanzia fino ad oggi, da quando i suoi genitori adottivi l'hanno portata a casa, a Telve, dall'istituto a cui era stata affidata, fino al lungo percorso intrapreso per cercare la madre biologica. Lo ha fatto narrandoci le sue vicende personali con passione, con un linguaggio semplice ed efficace, in modo emozionante. Emanuela è una donna solare ed empatica ed ha raccontato la sua storia suscitando nel pubblico presente emozione e voglia di comprendere. Emanuela ci ha confidato il dolore subìto, le fragilità superate, i dubbi che l'hanno assalita nella sua infanzia, soprattutto nell'adolescenza e quando ha intrapreso il percorso per ritrovare la madre biologica. Emanuela è riuscita a trovarla nel 2019, dopo anni di attesa e diverse fasi di arresto. Ieri Luisa, la sua "mamma di pancia", era presente a Palazzo dei Panni ad assistere, per la prima volta, alla presentazione del libro.
Mi sarebbe piaciuto che ci fosse un pubblico più numeroso, che l'auditorium di Palazzo dei Panni straripasse di persone ad ascoltarla. Emanuela lo meritava. Ha subìto sicuramente un orario non proprio congeniale (di venerdì alle 17.30) ed il fatto di non essere originaria della zona. Chi c'era però è tornato a casa sicuramente arricchito. Lo dimostrano i lunghi applausi e la grande partecipazione che c'è stata da parte dei presenti. Solitamente alle presentazioni dei libri, alla fatidica richiesta se ci sono domande, la sala piomba in un imbarazzante silenzio. Ieri, al contrario, il pubblico si è fatto travolgere dalla simpatia e bravura di Emanuela nel raccontare e, messi da parte timori ed imbarazzi, ha interagito con l'autrice trasformando la presentazione in uno scambio di domande, risposte e testimonianze personali.
Bravissima è stata Maria Angela Zadra, amica di Emanuela e responsabile del settore socio-assistenziale della Comunità Valsugana e Tesino, a guidare il racconto dell'autrice. Ed io sono orgogliosa di aver contribuito a portare Emanuela Bizzotto ad Arco, nello splendido auditorium della Biblioteca di Arco.
"Alma" di Federica Manzon è un romanzo meraviglioso. Ho ricevuto il libro in regalo per il mio compleanno E' stata una vera sorpresa per me. Di lei non avevo mai letto nulla. Federica Manzon con "Alma" ha vinto il Premio Campiello 2024. Meritatissimo direi.
Che storia racconta "Alma"? E chi è la protagonista?
Alma è un'anima inquieta, una bambina e poi una donna, figlia unica di una strana coppia. Cresce in una famiglia disfunzionale: mamma triestina, nonni "simpatizzanti" austro-ungarici, di famiglia benestante, padre slavo e misterioso che appare e scompare in continuazione.
Federica Manzon parla di Trieste, dell'isola di Brioni e di Roma, ma non lo fa mai esplicitamente. Nel romanzo sono: la città di confine, l'isola e la capitale. Ma le descrive in modo così dettagliato che è impossibile non riconoscerle: le rovine romane e lo zoo di Tito - occhi di vipera - sull'isola di Brioni, i Caffè San Marco, Torinese e degli specchi e i negozi di jeans, la casa dei matti e il grande parco dell'ospedale psichiatrico di Trieste, il cimitero austro-ungarico, la casa sul carso e la "Bora".
Abitando a Trieste, Alma bambina vive gli anni di Tito grazie ai frequenti viaggi al di là del confine e al passaporto slavo.
Alma oramai diventata una giovane donna vive la guerra dei Balcani dei primi anni Novanta, di qua e di là del confine, inseguendo e scappando da Vili, entrato nella sua vita da ragazzino e capace di suscitare in lei sentimenti contrastanti.
Da Trieste fugge, ma è costretta a tornarci molti anni dopo, ormai adulta, a causa di un'eredità e lì, giocoforza reincontra Vili.
"Alma" è molto di più di un romanzo d'amore. E' un romanzo storico che sprona a ricordare i tempi della ex Jugoslavia, di Tito e per chi è troppo giovane per poter ricordare è uno stimolo ad approfondire le poche nozioni ricevute a scuola.
Io che non sono stata mai un'appassionata di storia, grazie a questo tipo di romanzi imparo molto, approfondisco e ricordo. Anche dai viaggi imparo molto. A Trieste e a Brioni sono stata alcuni anni fa. Ho visitato il museo di Tito sull'isola e quando l'autrice descrive Alma ragazzina che nuota tra le rovine romane o gli animali dello zoo, mi sono immedesimata, ho riconosciuto i luoghi, i profumi. Anche Trieste mi è rimasta nel cuore. La trovo una città bellissima, elegante e multietnica.
"La geografia ha sempre la meglio sulla storia"
"Lei non saprebbe dire dove sta la sua appartenenza, neanche la sua città lo sa: si è pensata sempre parte di una nazione che non era la sua, immaginava l'Austria, sognava il regno degli slavi, e perfino la nazione garibaldina, ma poi è rimasta estranea a tutto e soprattutto a se stessa."
★★★★★
🐣 uovo di Pasqua
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