Una forte amicizia, una storia d'amore tormentata, dubbi e insicurezze, lavoro precario, Roma città da amare e odiare per le sue contraddizioni, proverbi, citazioni di canzoni, spunti per luoghi da visitare e cibi da assaggiare. E un bel po' di erotismo. Questi gli ingredienti del primo e voluminoso romanzo di Isa Grassano, che si legge tutto d'un fiato.
Arabella, la protagonista di "Un giorno sì un altro no", romanzo pubblicato da pochissimi giorni, non ha nulla in comune con me. Lavoro precario, single, sedentaria, "fissata" con l'oroscopo. Una specie di "Bridget Jones" italiana. Eppure tutte noi donne possiamo riconoscerci un po' in lei. Chi di noi non si è sentita inadeguata ad un evento? Chi di noi non ha mai pensato di avere i capelli orrendi, di essere impresentabile e mal vestita o di avere un sedere troppo grosso e cadente? A parte qualche rara eccezione che conferma la regola, la maggior parte delle "anta" è insoddisfatta del proprio fisico e della propria immagine. E per quanto riguarda gli oroscopi, nessuna ci crede, eppure se ci capita di sentire la rubrica alla radio o di trovare il nostro segno zodiacale su una rivista, la nostra attenzione viene catturata nella speranza che le stelle ci riservino un futuro sorprendente.
Ho letto "Un giorno si un altro no" subito dopo "La città dei vivi" di Nicola Lagioia. Entrambi belli, scritti molto bene. Due generi però diversissimi. In comune hanno soltanto l'ambientazione a Roma e l'origine meridionale degli autori (pugliese Lagioia, lucana Isa Grassano). E per fortuna, perché dopo una lettura impegnativa come quella di Lagioia avevo bisogno della leggerezza, simpatia e ironia di Isa Grassano.
Un romanzo rosa, un genere che normalmente non scelgo. Me lo ha inviato Isa grazie ad un'amicizia in comune e sono doppiamente felice di averlo letto: ho conosciuto un genere diverso dalle mie solite letture e mi è pure piaciuto.
La storia, "perora" (come direbbe Arabella), si chiude con un finale per nulla prevedibile che lascia la porta aperta ad un seguito.
Scrittrice di saggi e guide con a tema viaggi e turismo, blogger, insegnante di giornalismo, impegnata in mille attività, chissà che Isa non ci racconti, tra un po', qualcos'altro di Arabella...
"Il primo appuntamento è come un'abitazione in vendita. Le dimensioni giuste, gli spazi ariosi eppure tu rimani sulla soglia a pensare: sarà questa? Andrà bene per me? Pensieri confusi, Un'altalena di euforia e paura."
"Ci sono uomini che si accendono e si spengono ad intermittenza. Ludo era così. Un giorno sapeva illuminare le mie giornate. Un altro le rendeva spente e buie."
★★★☆☆
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🍨 mousse alla fragola
Ho letto "La città dei vivi di Nicola Lagioia" con un gruppo di lettura on line (Immersioni letterarie).
Non si tratta di un romanzo, purtroppo, ma di una storia vera. Un omicidio (apparentemente senza movente) avvenuto 4 anni fa a Roma.
Devo ammettere che, a differenza dell'autore, non avevo per nulla seguito il caso. Non sono molto attirata dalla cronaca nera. L'unica volta in cui mi è capitato di seguire, quasi morbosamente, un fatto del genere è stato con l'omicidio del piccolo Samuele a Cogne. In quell'occasione cercavo di comprendere cosa fosse successo. Ero una giovane mamma e desideravo che la madre risultasse innocente. Volevo un "mostro fuori casa". E, in quel caso, mi sono posta la domanda se sarebbe potuto succedere a me.
Nicola Lagioia pone proprio questa domanda nel suo libro: noi speriamo sempre di non avere la sfortuna di essere vittime di un delitto, ma ci poniamo mai la domanda se potremmo essere noi il carnefice?
Questo libro è scritto benissimo. Descrive alla perfezione, dopo un lunghissimo lavoro di ricerca e indagini, in quale ambiente é maturato l'omicidio. Dipinge Roma basandosi su una conoscenza personale della città, per cui nutre un sentimento di profondo amore/odio.
L'autore ci racconta la vita dei tre ragazzi coinvolti: Manuel Foffo, Marco Prato e Luca Varani. Ce li descrive attraverso le loro deposizioni, le interviste rilasciate, gli atti del processo, le perizie e i ricordi di amici e parenti. E non ci risparmia nemmeno le parti più crudeli di quanto avvenuto. Sicuramente si è trattato di un dramma per tutti, nessuno escluso.
Nicola Lagioia si apre intimamente con i lettori, raccontando anche fatti personali del suo passato riemersi nella sua mente in seguito a questi avvenimenti.
Io sono stata a Roma moltissimi anni fa. Ho trascorso tre giorni da turista. L'ultimo giorno, subito prima di lasciare la città, in un parcheggio qualcuno ha aperto la mia auto, ha frugato nelle mie valigie, ha rubato le cose di valore. Questo episodio mi ha lasciato l'amaro in bocca e a Roma non sono più tornata.
Leggendo questo libro ho avuto la conferma che, seppure bellissima, io a Roma non potrei mai vivere. Il caos, la confusione, i malfunzionamenti, il degrado non fanno per me. Io ho bisogno di un ambiente più pulito,ordinato, come quello che Nicola Lagioia ha trovato a Torino, ma da cui fugge, appena può, per tornarsene nel caos di Roma.
Tutti temiamo di vestire i panni della vittima. Viviamo nell'incubo di venire derubati, ingannati, aggrediti, calpestati. E' più difficile avere paura del contrario. Preghiamo Dio o il destino di non farci trovare per strada un assassino. Ma quale ostacolo emotivo dobbiamo superare per immaginare di poter essere noi, un giorno, a vestire i panni del carnefice? E' sempre: ti prego, fa che non succeda a me. E mai: ti prego, fa' che non sia io a farlo."
"Ci sono genitori persuasi che i figli siano irrimediabilmente dei perdenti, altri credono di aver messo al mondo dei geni, o più modestamente delle creature incapaci di sbagliare. Questo tipo di cecità può esasperare, ma in casi estremi muove a compassione."
★★★★★
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🍋 limone
"Nessuna notizia dello scrittore scomparso" è un romanzo noir uscito nel 2017 e scritto da Daniele Bresciani, milanese, ex vicedirettore di Grazia e Vanity Fair e attualmente nella Direzione Comunicazione della Ferrari a Maranello.
E' il suo primo thriller pubblicato dopo l'esordio nel 2013 con il romanzo "Ti volevo dire".
Come ogni mattina Emma entra in redazione. La aspettano riunioni e articoli da scrivere. Non può immaginare che arriverà una notizia che la sconvolgerà: è scomparso in circostanze misteriose Pietro Severi, scrittore di thriller, con cui Emma ha avuto una relazione anni prima e che non sente da molto tempo.
Lo stesso giorno riceve una busta contenente un racconto che parla di un padre assassino. Verità o invenzione?
Emma non sa cosa fare, si sente in pericolo.
Molti racconti nel racconto, tutti interessanti, ben scritti, alternati alla trama avvincente del thriller e alle vicende lavorative e sentimentali dei protagonisti. Vengono trattati temi di attualità, fatti di redazione e la crisi dei giornali. Sicuramente i molti anni di lavoro nelle redazioni di testate giornalistiche importanti hanno permesso all'autore di narrare le dinamiche di redazione in modo efficace e veritiero.
"Erano trascorsi tre giorni dall'arrivo delle pagine di Pietro e ognuna di quelle tre notti aveva dormito sonni agitati.
Troppe domande. Troppe.
Dov'era Pietro? Perchè aveva scritto proprio a lei? E poi, chi era entrato nel suo appartamento? Che cosa cercava? Che cosa sapeva di lei e di Pietro?"
★★★☆☆
🍾 spumante
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"Il gambero di fiume" è il primo romanzo pubblicato nel 2000 da Enrico Gasperi, scrittore trentino, giunto alla terza edizione e ambientato alla fine del 1400 in Val Rendena.
Il giovane Simone ritrova nel fiume Sarca il cadavere di un frate. Tra eresia, dolciniani, templari e intrighi c'é da scoprire se il frate ritrovato morto sia stato ucciso o deceduto per cause naturali.
Per Simone iniziano i problemi.
Un amuleto a forma di gambero di fiume sarà la chiave per risolvere il mistero.
Si tratta di un giallo avvincente e misterioso, scritto molto bene, infarcito di nozioni storiche e culturali molto interessanti.
Non mancano i riferimenti agli affreschi del Baschenis e ai luoghi della Val Rendena.
"Le ombre della prima sera creavano disegni spettrali nell'intrico della foresta. Enormi braccia nere e dita lunghe e ossute attraversavano la mulattiera e si avvinghiavano alle figure in movimento."
★★★☆☆
🍾 spumante
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Sara Rattaro, laurea in biologia e successivamente in scienze della comunicazione, autrice di numerosi romanzi, pubblica nel 2012 "Un uso qualunque di te", che raggiunge il successo in poche settimane e viene tradotto in molte lingue.
In una famiglia benestante e apparentemente serena una telefonata nella notte risveglia in Viola i sensi di colpa e le inquietudini che da anni le vivono dentro. La figlia Luce è ricoverata in gravi condizioni in ospedale. Il colloquio col chirurgo porta a galla un segreto seppellito per anni.
L'inizio mi ha ricordato "Non ti muovere" di Margaret Mazzantini.
Un romanzo tristissimo, commovente e riflessivo. Un pugno nello stomaco. Respinge ed attira allo stesso tempo. Ti fa arrabbiare e poi ti mette in empatia con la protagonista.
Mia mamma mi recita spesso un proverbio in dialetto: "Na mama per straza che la sia l'è pur sempre na mama". La saggezza popolare ci ricorda che è meglio una mamma poco presente che l'assenza di una mamma. Viola dimostrerà il suo amore infinito per la figlia.
Vale la pena leggerlo. Fa riflettere sui rapporti di sangue, e non, e sull'amore.
"Non è colpa di nessuno e non esiste un modo giusto per amare qualcuno soprattutto se questo ti dà, comunque, più di quanto ti toglie."
★★★☆☆
🍋 limone
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Lo scrittore Daniele Bresciani è stato giornalista per la Gazzetta dello Sport, vicedirettore di Vanity Fair e Grazia.
Con il suo primo romanzo "Ti volevo dire" ha vinto numerosi premi. Nel 2017 ha pubblicato "Nessuna notizia dello scrittore scomparso" e nel 2020 "Anime trasparenti. Un'indagine dell'ispettore Miranda".
Nel suo ultimo thriller l'ispettore Dario Miranda indaga sull'investimento di Gloria Taranto, una donna di origini sudamericane che gestisce in un edificio abbandonato alla periferia di Milano un asilo "clandestino" per figli di immigrati senza permesso di soggiorno: “La casa dei cento bambini”.
Quando Gloria viene investita l’ispettore Miranda non crede all'incidente ed inizia ad indagare per conto proprio. Ciò che scopre è terrificante.
Questo thriller avvincente, scritto benissimo, a parer mio migliore anche di "Nessuna notizia dello scrittore scomparso", tocca argomenti scabrosissimi che purtroppo capita di leggere sulle pagine dei giornali.
Rende meno pesante il racconto la storia d'amore tra Anna, figlia "adottiva" di Gloria, e Luca, medico non più giovanissimo e dal passato tormentato.
“In quel luogo non ci sarebbero stati vincoli di razza o religione: piccoli sudamericani avrebbero convissuto con bambini africani, asiatici o dell’Europa orientale. Sarebbe stata una zona franca, senza divisioni, muri e rivalità tra bande”.
“A questi bambini viene inculcata prima di tutto la necessità di rendersi invisibili. Devono fare in modo che nessuno si accorga di loro. Sono anime trasparenti. Qui dentro potranno tornare a esistere e essere quello che sono: bambini.”
★★★★☆
🍾 spumante
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Guillaume Musso è autore di numerosi thriller di grande successo e "Central Park" è spettacolare, avvincente, si divora.
Alice, giovane poliziotta di Parigi, e Gabriel, pianista jazz americano, si svegliano ammanettati tra loro su una panchina di Central Park. Non si conoscono, non ricordano nulla dalla sera prima e non comprendono come possano essere a New York dato che il loro ultimo ricordo risale alla sera precedente e Alice si trovava a Parigi e Gabriel a Dublino.
Come sono arrivati a New York? Perchè sono ammanettati tra loro?
Alice si ritrova in tasca una pistola a cui manca un proiettile e la sua camicetta è macchiata di sangue.
L'unico modo per capire cosa sia accaduto è quello di unire le forze e agire insieme.
Musso non delude con questo thriller, che é anche una storia d'amore, divertente, commovente e sorprendente. Si legge come guardare un film d'azione.
"Chiudo gli occhi. Nella mia mente si staccano uno alla volta i frammenti di una storia di cui ho sempre conosciuto il finale. Nel fondo di me stessa, non ho forse sempre avuto la convinzione che la mia vita si sarebbe conclusa cosi?
Sola, ma libera.
Come ho sempre cercato di vivere."
★★★★☆
🍾 spumante
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"Marco da Caderzone" è il settimo e ultimo romanzo di Enrico Gasperi, scrittore trentino della Val Rendena. Laurea in economia, ex insegnante, dirigente di banca, sportivo, musicista, vincitore di numerosi premi letterari. Oltre a romanzi scrive testi teatrali per La Combricola dal gat.
Si appassiona alla scrittura in seguito ad un brutto voto preso in un tema di italiano al liceo. Colma le sue lacune e lo fa alla grande. Appassionato di storia e della bellissima valle in cui vive, scrive racconti e romanzi di vario genere (storici, gialli e d'amore) ambientati nelle sue terre.
Ho conosciuto Enrico Gasperi grazie a mio fratello che aveva avuto a che fare con lui per motivi di lavoro. Scoperto che si trattava di uno scrittore, ha parlato lui del mio blog e della mia grande passione per i libri. Enrico mi ha fatto avere il suo primo romanzo, il giallo "Il gambero di fiume", così lo ho conosciuto ed ho potuto apprezzarlo come scrittore.
Il romanzo di cui vi parlo in questa recensione è l'ultimo che ha pubblicato: "Marco da Caderzone".
Il protagonista è un personaggio realmente esistito nel 1400, figlio illegittimo di un conte Lodron, educato fin da piccolo al combattimento e alla guerra. Nella realtà la sua esistenza è documentata, ma poche altre informazioni su di lui sono arrivate a noi.
Enrico ne ha raccontato la vita in modo molto originale, intrecciando la sua avventurosa esistenza a quella dell'amata Bianca. Il racconto procede alternandosi alle vicende (ambientate nel secolo scorso) della giovane archeologa Nerella e del professor Franco Vettori.
Tra i due personaggi femminili ho amato particolarmente Nerella, giovane e bella studentessa di archeologia, originaria di Riva del Garda, piena di vita e di entusiasmo e appassionata di ciclismo.
Bianca pur essendo un personaggio molto forte, moderno ed interessante, per certi aspetti mi è parsa un po' una "Elisa di Rivombrosa" di qualche secolo prima.
Una lunga storia d'amore quella tra Marco e Bianca, alla stregua di quella di Florentino e Fermina ne "L'amore ai tempi del colera".
Il romanzo è molto ben strutturato e documentato. Avvincente. Numerosi i riferimenti storici e culturali.
Un personaggio presente nel romanzo e realmente esistito è il Maestro Giustina, scrittore e poeta italiano, insegnante in Val Rendena negli anni '70. E molti sono i riferimenti al Baschenis ed ai suoi affreschi.
"Nerella de Stefani aveva ventitrè anni, era originaria di Riva del Garda e stava per laurearsi. Era l'immagine della primavera.
Un viso radioso, contornato da una chioma mossa di capelli scuri, un corpo minuto, ma allo stesso tempo esplosivo di curve e vitalità, una mente effervescente e curiosa, due mani costantemente in movimento ad amplificare parole, emozioni, pensieri."
★★★☆☆
🍞 pane scopri come valuto i libri
Molto bello il booktrailer
Mentre molti di voi stanno leggendo l'ultimo romanzo di Manzini, balzato nei primi posti delle classifiche della settimana in pochissimi giorni, io ho letto un libro inviatomi dall'autore stesso due giorni fa.
Un giovane scrittore alla sua terza opera, ma che personalmente non conoscevo.
Nonostante fosse in fondo alla mia lunghissima lista di libri da leggere, "Effetti collaterali" di Rosario Russo "mi ha scelta" ed ha saltato la fila.
Incuriosita dal fatto che i 6 racconti sono ambientati ad Acireale (ed io ho un debole per gli scrittori siciliani e per i romanzi ambientati in Sicilia) ho iniziato a leggerlo e sono rimasta rapita dalla bravura dell'autore.
Sei racconti, uno più bello dell'altro, in cui Rosario ci trasmette l'amore per la sua terra e, tra invenzione e realtà, mette il dito nelle piaghe siciliane.
L'amore dell'autore per Verga e per Acireale è palpabile e si intuisce la voglia che i siciliani si riprendano le proprie tradizioni, preservino la bellezza dei luoghi e combattano la mafia.
Commovente, bellissimo, ma purtroppo vero, il racconto dedicato ad Annalisa Isaia, uccisa dallo zio perché frequentava coetanei appartenenti a clan mafiosi avversari.
Molto bello e profondo anche "Il delitto delle cartoline" con protagonista Vincenzo Cantone, giovane scrittore di Acireale. Racconto misterioso e sentimentale. Forse c'è qualcosa di autobiografico in questo personaggio con alle spalle studi commerciali e che vuol leggere Platone.
E poi ci sono i racconti gialli veri e propri, con l'ispettore Traversa e il Commissario Stuto.
In tutti traspare l'amore per il proprio paese e per il mare come il mio per il Garda e le montagne.
In Sicilia ed ad Acireale ci sono stata. Luoghi bellissimi. L'unico posto per cui sarei disposta a lasciare il Garda trentino è per la Sicilia.
Senza nulla togliere a Manzini e agli altri autori famosi, vi invito a leggere anche autori meno noti, perché possono sorprendere.
"Traversa sospirò. Del resto era lunedì e si sa che riguardo a squallore i lunedì non temono rivali."
★★★★☆
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🐣 uovo di Pasqua
"L'invenzione di noi due" di Matteo Bussola è un romanzo breve, ma molto bello.
Mi ha sorpresa. Non conoscevo l'autore. Scrive molto bene, ti cattura e ti coinvolge nel racconto.
Un romanzo d'amore, o meglio, una storia di vita quotidiana raccontata con grande abilità.
Riassumendo in poche parole la trama: Milo e Nadia sono sposati da 15 anni. Si sono allontanati sentimentalmente e Milo, nel disperato tentativo di non perdere la moglie, cerca di riconquistarla scrivendole delle mail e fingendosi un altro.
La trama è ben architettata. Piano piano si scoprono pregi e debolezze dei protagonisti. Non un libro allegro, molto interessante l'analisi che fa Bussola della coppia.
"Mi definiscono una persona riservata, ed è abbastanza vero. Lo dicono quasi fosse un limite. Io, al contrario, ho sempre pensato alla riservatezza come a una specie di regalo. Riservare qualcosa ha a che fare col tenerlo in serbo per qualcuno, che sia un tavolo al ristorante, la copia di un libro, una bottiglia di vino, oppure una parte fondamentale di noi."
"Questa è una storia di gabbie. Non doveva esserlo, era cominciata come una storia d'amore, ma forse i prigionieri hanno a che fare con gli amanti più di quanto si creda."
"Del resto, mi dicevo, cosa cerchiamo quando lasciamo, o quando tradiamo, se non un'opportunità di ricostruirci dalle fondamenta, la sensazione che nulla sia ancora andato storto, la possibilità di scrivere su un foglio nuovo?"
"Molti anni fa, Milo mi disse che innamorarsi in fondo è un'intuizione, è come fare un progetto. Butti prima giù lo schizzo, l'idea incandescente, sulla carta. Ed è la parte più facile. Amare è invece caricarsi i sacchi di cemento sulla schiena e dar forma a quell'idea. Renderla reale. Ci vuole tempo, fatica, dedizione e sperare di stare costruendo in una zona poco sismica. Il fatto è che quando un amore hai finito di costruirlo devi decidere se abitarlo, e quella è un'altra faccenda."
★★★☆☆
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🍷 bicchiere di vino
"Le parole di Sara" di De Giovanni è un noir nella cui trama si mescolano giochi di potere, investigazioni e politica. È il secondo romanzo con protagonista Sara Morozzi, detta la Mora, ex dipendente dei servizi segreti addetta alle intercettazioni che, dopo essersi innamorata del capo, lascia marito e figlio. In seguito Sara abbandona prematuramente anche il lavoro per assistere il compagno malato. Dopo aver perso lui per malattia e il figlio in un incidente, Sara resta legata alla vita grazie al nipotino e a qualche indagine informale.
Ne "Le parole di Sara", la protagonista si trova ad indagare sulla sparizione di un giovane stagista che lavorava per l'unità di indagine di cui faceva parte.
Il libro è scritto bene, ma non l'ho trovato particolarmente avvincente, forse perché l'autore descrive più gli aspetti psicologici dei protagonisti che non i fatti e le indagini.
Sara è un personaggio originale, una "giustiziera". Per lei io non sono riuscita a provare simpatia. Ho amato di più Davide Pardo, ispettore che segue le indagini con Sara, e Viola, fotoreporter e compagna del figlio di Sara da cui ha avuto un bambino. Li ho trovati più credibili. Sara vive in un suo mondo fatto di dolore e ricordi.
Questa recensione è stata pubblicata sul blog letterario di Robinson della Repubblica.
"Vedi, Viola? A volte bisogna decidere se fidarsi della mente o dell'istinto. I ragionamenti non indicano sempre la strada giusta da prendere. Il cuore, invece, sì. Le parole più sagge, alla fine, le dice proprio il cuore."
★★☆☆☆
🍋 limone
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Un racconto come un fiume in piena di pensieri, aneddoti, emozioni. La biografia di una bambina (l'autrice), figlia di due sordi passionali e litigiosi, nata in America e immigrata in Italia, paese d'origine della sua famiglia e poi nuovamente emigrata. Lei poi diventa una ragazza giramondo, fino a quando si stabilisce a Londra. Ovunque è straniera.
In realtà tutto ruota attorno alla figura della madre. Lei è la vera protagonista. Il libro narra di rapporti di amicizia e parentela tra disabili e normodotati, di emigrazione e immigrazione, di disagio e normalità, soprattutto analizza il particolare rapporto madre-figlia, l'equilibrio che si è creato.
Scritto bene, in uno stile molto particolare, anche se non coinvolgente, a volte noioso. Mi sono sentita sempre in attesa di qualcosa di sensazionale che doveva accadere e alla fine non è accaduto.
Non sono entrata in empatia con la protagonista. Tuttavia mi ha trasmesso molte sensazioni che piano piano sono affiorate, anche a distanza di giorni dalla fine della lettura.
Questa recensione è stata pubblicata sul blog letterario di Robinson della Repubblica.
"La storia di una famiglia somiglia più a una cartina topografica che a un romanzo, e una biografia è la somma di tutte le ere geologiche che hai attraversato."
"Quando mi chiedono chi mi ha insegnato a esprimermi, tra nonni immigrati che usavano una lingua tutta rotta e genitori che non sapevano correggere i miei errori di pronuncia, mi rendo conto che la prima lingua che ho parlato è stata quella della prima persona che ho amato: l'italiano di un ragazzino di sei anni più grande di me, melodico e privo di intoppi, difeso con ostinazione quando nessuno attorno a noi lo parlava senza un'inflessione pesante, in una regione in cui l'uso del dialetto coincideva con la cittadinanza. La lingua di un adolescente mutuata dai film doppiati in italiano, ancora fresca, ingenua e dolce, la voce di mio fratello che a tratti è ancora la mia."
★★★☆☆
🍞 pane
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600 pagine, continui colpi di scena e cambi temporali non impediscono all'ultimo romanzo di Joel Dicker di scorrere veloce e farsi divorare.
"L'enigma della camera 622" mi è piaciuto molto.
Sono consapevole delle numerose critiche.
Joel Dicker o si ama o si odia.
Di lui avevo letto "La verità sul caso Harry Quebert" e lo avevo molto apprezzato.
Joel Dicker è un giovane scrittore, figlio di una bibliotecaria e di un insegnante di francese.
Arriva al successo nel 2012 con "La verità sul caso Harry Quebert", romanzo tradotto in 33 lingue.
Il racconto de "L'enigma della camera 622" ruota attorno ad un omicidio avvenuto molti anni prima in un lussuoso hotel in Svizzera. Un caso irrisolto su cui si mettono ad indagare uno scrittore in crisi d'ispirazione e una giovane ragazza che si offre di fargli da assistente nelle indagini. Molti i personaggi coinvolti nelle vicende: Macaire, il giovane banchiere, la moglie Anastasia e Lev, talentuoso impiegato di banca. E
poi Cristina, l'assistente di Macaire, Arma, la domestica, Tarnogol, ricchissimo uomo d'affari russo dall'oscuro passato, e molti altri.
Le loro vite si intrecciano tra amori, amicizie, invidie e tradimenti.
Come succede con i libri che amiamo, non si vede l'ora di arrivare alla fine e allo stesso tempo quando si chiude il libro si è un po' dispiaciuti.
Mi sono affezionata ai protagonisti e mi mancano.
Il romanzo è dedicato a Bernard de Fallois, editore di Dicker, scomparso due anni fa e nel romanzo molti sono i momenti in cui lo ricorda Joel, intrecciando realtà e fantasia.
"Spesso la gente pensa che per scrivere un romanzo si parta da un'idea. Invece una storia prende le mosse innanzitutto da una voglia: quella di scrivere. Una voglia che si impadronisce di te e che niente può ostacolare, una voglia che ti allontana da tutto."
"La vita è un romanzo di cui già si conosce la fine: il protagonista muore.
La cosa più importante, in fondo, non è come va a finire, ma in che modo ne riempiamo le pagine. Perché la vita, come un romanzo, deve essere un'avventura. E le avventure sono le vacanze della vita."
★★★★☆
🍾 spumante
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Forse questo romanzo non l'ho capito, forse non è il mio genere, forse non era questo il momento giusto per leggerlo, perché certi libri vanno letti al momento giusto.
Questo romanzo non mi è piaciuto e mi dispiace molto, perché trovo Chiara Valerio un'ottima scrittrice.
"Il cuore non si vede" mi è parso un esperimento linguistico. La scrittura è particolare, molto impegnativa. La storia è irreale: al protagonista scompaiono gli organi vitali, a partire dal cuore, ma continua a vivere.
Riconosco un valore introspettivo al romanzo e la trama è avvincente, ma l'autrice avrebbe potuto utilizzare la punteggiatura in modo meno originale. Ho faticato, a volte, a capire chi stava parlando, a seguire il discorso senza dover rileggere il testo.
"Era stupito che la malattia si fosse fermata, che nonostante gli organi mancanti avrebbe potuto avere una vita felice. E nel momento in cui pensava felice, si era reso conto che gli sarebbe bastato avere una vita."
★★☆☆☆
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🍷 vino rosso
"Il guaritore" di Brollo è un libro ansiogeno quanto un thriller, una storia forte, quasi horror, seppur raccontata in modo lieve. Impossibile non provare empatia per Carlo, evirato da bambino per mantenere la sua splendida voce bianca e sottoposto a vere e proprie torture fisiche e psicologiche per cancellare la sua memoria e modificarne il fisico.
Il romanzo è scritto bene, è avvincente, tuttavia l'ho trovato respingente. Mi ha suscitato gli stessi sentimenti di "Non mi lasciare" di Kazuo Ishiguro: pena per il protagonista e orrore per la storia narrata (liberamente ispirata alla vita del cantore settecentesco Farinelli, seppur ambientata ai giorni nostri).
Questa recensione è stata pubblicata sul blog del torneo letterario di Robinson della Repubblica.
"Aveva imparato una cosa molto importante e che il suo Maestro non gli aveva mai insegnato. Che non c'è solo la musica a questo mondo che può salvare e aiutare a guarire. Ma ci sono anche le parole che, senza altri suoni se non la loro stessa pronuncia, sanno trasportarci in alto e lontano."
★★★☆☆
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🍋 limone
Santo Profani, penalista, è il protagonista del romanzo "Storia di un avvocato" di Fabio D'Anna, legale siciliano.
Non è un romanzo autobiografico, ma sicuramente le esperienze e il vissuto dell'autore emergono.
Dopo aver assistito il suo cliente nel corso di una ventina di udienze, Santo non si presenta in Tribunale per l'ultima arringa. Sparisce nel nulla senza avvertire nessuno. La figura dell'avvocato si delinea nel racconto di chi lo cerca e nelle lunghissime analessi che, alternandosi ai sette giorni che impiega la moglie a leggere le sette lettere trovate in un cassetto della scrivania dello studio, svelano il passato di Santo, i suoi rapporti con i genitori, la moglie, le numerose amanti e i colleghi.
La scrittura è molto buona e avvincente, tanto che risulta difficile trovare il momento giusto per sospendere la lettura.
Lo scavo psicologico è profondo.
Il racconto ci fa riflettere su come viviamo la nostra vita, quali scelte sono propriamente nostre, quanto ci adattiamo a ciò che gli altri si aspettano da noi.
Il racconto si chiude soddisfacendo la curiosità del lettore e conducendolo ad approvare la scelta fatta dal protagonista.
Questa recensione è stata pubblicata sul blog del torneo letterario di Robinson della Repubblica.
"Aveva bisogno di amare, e non solo di avventure erotiche, di riprendere a ridere e non limitarsi a sorridere, di incontrare nuovi sguardi e occhi che gli dessero fiducia, restituendogli il desiderio di andare avanti con la voglia di scoprire e non con la minaccia della desolante consuetudine."
"Forse anche per lui non era troppo tardi, forse avrebbe potuto ancora smettere di vivere la vita di un uomo che gli sembrava estraneo e riprendere ad ascoltare i ritmi del vento e degli alberi, i percorsi colorati delle stagioni e le morbide alternanze tra il giorno e la notte."
"E anche se pensavo di non essermi mai piegato alle ipocrisie sociali, quando ho smesso di lottare per affermare il mio diritto a svolgere il mio ruolo, ho compreso che non tutta la vita che avevo vissuto corrispondeva ai miei desideri."
★★★☆☆
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🍷 vino rosso
"Il ciclista curioso" di Davide Cassani e Giacomo Pellizzari ( prefazione di Gianni Mura) è una bellissima guida "galattica" per ciclisti.
Scritto molto bene, a tratti addirittura poetico.
Per ogni percorso (in totale sono 20) c'è una scheda tecnica, la descrizione del percorso, l'introduzione "sentimentale" con citazioni letterarie e culturali, la cartina e i consigli su cosa visitare e quali cibi gustare.
Un ottimo lavoro destinato a tutti i ciclisti "curiosi" che non si limitano a pedalare a testa bassa attenti solo al cronometro. Quelli sono i ciclisti "furiosi".
Recentemente ho eseguito presso l'ospedale di Rovereto un esame lungo ed impegnativo.
Il medico che lo ha effettuato, sapendomi una sportiva, mi ha chiesto di estraniarmi dalla procedura e pensare di essere in bici e di fare un bel giro.
Non è stato facile trovare la concentrazione, ma ci sono riuscita, sebbene non per l'intera durata.
Mi sono immaginata, in sella alla mia bici, partire da Varignano ed arrivare a San Giovanni fino alle Marcarie, poi cambiarmi le scarpette e fare il giro di corsa dei Prai da Gom e poi di nuovo in sella per ridiscendere.
Ho rivisto mentalmente l'intera strada, ogni curva ed ogni abitazione, che conosco come le mie tasche per esserci salita centinaia di volte.
Leggendo "Il ciclista curioso" di Davide Cassani e Giacomo Pellizzari, mi sono ritrovata nel pensiero di Gianni Mura che nella prefazione dice: "Si può pedalare anche con la testa."
Se sono riuscita ad immaginarmi mentalmente nei minimi dettagli l'intero percorso significa che anch'io in passato sono stata una "ciclista curiosa", capace di guardarsi intorno mentre pedala.
Se ci fosse stata qualche foto dei luoghi avrei attribuito a questo libro 5 stelle.
"la bici non è solo uno sport o un mezzo di trasporto. E' anche uno strumento di scoperta. La bicicletta è prima di tutto un punto di vista, un modo di vedere le cose. Una lente di ingrandimento straordinaria sul mondo, capace di farci vedere cose che altrimenti non noteremmo."
★★★★☆
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🐣 uovo di Pasqua
"Le assaggiatrici" è un romanzo di Rosella Postorino, pubblicato nel 2018, ispirato alla vera storia di Margot Wölk, una delle 15 assaggiatrici di Hitler.
La Postorino ha deciso di scrivere un romanzo con un personaggio immaginario (Rosa Sauer) perché non ha mai avuto la possibilità di conoscere la Wölk, deceduta nel 2014, poco prima che riuscisse ad incontrarla.
Il romanzo, vincitore del Premio Campiello 2018, narra le vicende di Rosa e altre nove assaggiatrici di Gross-Partsch, un villaggio vicino alla Tana del Lupo, il quartier generale di Hitler nascosto nella foresta. Rosa viene reclutata nel '43, appena arrivata da Berlino a casa dei suoceri per sfuggire ai bombardamenti. Il marito sta combattendo sul fronte russo. Rosa e le altre assaggiatrici mangiano i piatti che escono dalle cucine del cuoco di Hitler, per scongiurare avvelenamenti.
Tra le giovani donne s’intrecciano amicizie e rivalità. Rosa instaurerà con il comandante un rapporto molto stretto.
Ho letto molte recensioni negative. Io dissento. Il romanzo mi è piaciuto molto. All'inizio l'ho trovato un po' lento, poi diventa più avvincente. I pensieri, le emozioni di Rosa sono coinvolgenti. Sembra di essere con lei in mensa, sul pulmino con le colleghe, nel fienile...
Io ho apprezzato il modo lieve in cui la Postorino accenna agli orrori del regime nazista. Forse è proprio questa mancanza di crudeltà nelle descrizioni che l'ha fatta criticare negativamente, confondendo la delicatezza con superficialità.
Vale la pena di leggerlo per conoscere la storia delle "assaggiatrici di Hitler" e mettersi nei panni di chi, per sopravvivere, ha dovuto accettare di rischiare la propria vita per tutelare quella del dittatore, seppure con sensi di colpa e vergogna.
"Come si diventa amiche? Ora che ne riconoscevo le espressioni, che addirittura le anticipavo, i volti delle mie compagne mi sembravano diversi da quelli che avevo visto il primo giorno.
Succede a scuola, o sul posto di lavoro, nei luoghi in cui si è obbligati a passare tante ore della propria esistenza. Si diventa amiche nella coercizione."
"Tutto quello che ho imparato, dalla vita, è sopravvivere."
"Sei responsabile del regime che tolleri."
★★★☆☆
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🥃 amaro digestivo
Era da molto tempo che non leggevo un libro di alpinismo. Questo di Elisabeth Revol l'ho trovato molto ben scritto e introspettivo. La storia (vera) che narra, molti di voi la conoscono già. Fece molto scalpore la tragedia che colpì l'alpinista due anni fa: dopo aver raggiunto la cima del Nanga Parbat, in stile alpino ed in inverno, fu costretta ad abbandonare il compagno Tomek Mackiewicz, in preda a sintomi di edema polmonare e cerebrale, per scendere e mettersi in salvo.
Nel libro la Revol, aiutata nella stesura dalla giornalista Eliane Patriarca, racconta in modo coinvolgente e sincero l'ascesa e anche i terribili momenti della discesa. Svela i suoi più intimi pensieri, i sensi di colpa e la depressione che l'hanno colpita al rientro e la sua difficile ripresa.
"Anche se in alta quota ho vissuto esperienze terribilmente dure, insopportabili, l'attrazione resta sempre più forte."
"Eri un uomo dal cuore grande e ti sei battuto fino alla fine per scendere il più in basso possibile, per salvarmi la vita. Devo la mia vita a te, a te per primo, Tomek, perchè se non avessi avuto la forza e il coraggio di batterti per scendere a 7280 metri durante quella notte glaciale, disumana, tra il 25 e 26 gennaio, in modalità sopravvivenza, non sarei qui, ma sarei con te...
★★★★☆
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🍷 vino rosso
Maddalena Fingerle, giovanissima scrittrice bolzanina che vive e lavora a Monaco di Baviera, ha vinto due settimane fa il prestigioso premio letterario Italo Calvino con il romanzo (inedito) "Madre lingua".
In attesa di poterlo leggere, non appena sarà pubblicato, ho conosciuto la scrittura di Maddalena attraverso i suoi racconti, tra i quali "Le galline del signor Razzoli".
Si tratta di un simpatico e divertente testo in cui Maddalena gioca con le parole, raccontando le comiche vicende di uno studente "ossessionato" dal signor Razzoli che "va a letto con le galline" e che, nonostante i ripetuti tentativi, non riesce mai ad incontrare.
Mi è piaciuto il suo stile di scrittura divertente e giocoso, solo apparentemente leggero.
Trovate questo ed altri suoi racconti sul sito dell'autrice.
"Si dice che il signor Razzoli vada a letto con le galline. Mi sono sempre chiesto come faccia, ma non ho mai avuto il coraggio di chiederglielo. Però vorrei tanto saperlo, così decido di andare a trovarlo."
★★★☆☆
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🍨 mousse alla fragola