"L'avversario" di Emmanuel Carrere non è un romanzo, ma una storia vera, incredibile, come le menzogne che per tutta la vita ha raccontato il protagonista/assassino.
La scrittura di Carrere è estremamente avvincente e coinvolgente.
Leggere questa non fiction novel mi ha ricordato una vicenda simile avvenuta alcuni anni fa a Trento. Una tragedia che mi aveva molto colpito. Conoscevo chi aveva commesso l'omicidio-suicidio e non riuscivo a capacitarmi di come ciò potesse essere accaduto. Leggere Carrere mi ha aiutata a capire cosa possa essere passato per la testa dell'omicida.
Nell'ultimo anno ho iniziato ad apprezzare il genere non fiction novel. Dopo aver letto "La città dei vivi" di Nicola Lagioia, aver visto il film "Truman Capote" e letto "L'altra Grace" di Margaret Atwood, non potevo non essere attirata da Carrere.
"Il 9 gennaio 1993 Jean-Claude Romand ha ucciso la moglie, i figli e i genitori, poi ha tentato di suicidarsi, ma invano. L'inchiesta ha rivelato che non era affatto un medico come sosteneva e, cosa ancor più difficile da credere, che non era nient'altro. Da diciott'anni mentiva, e quella menzogna non nascondeva assolutamente nulla. Sul punto di essere scoperto, ha preferito sopprimere le persone il cui sguardo non sarebbe riuscito a sopportare. È stato condannato all'ergastolo. Sono entrato in contatto con lui e ho assistito al processo. Ho cercato di raccontare con precisione, giorno per giorno, quella vita di solitudine, di impostura e di assenza. Di immaginare che cosa passasse per la testa di quell'uomo durante le lunghe ore vuote, senza progetti e senza testimoni, che tutti presumevano trascorresse al lavoro, e che trascorreva invece nel parcheggio di un'autostrada o nei boschi del Giura. Di capire, infine, che cosa, in un'esperienza umana tanto estrema, mi abbia così profondamente turbato - e turbi, credo, ciascuno di noi." (Emmanuel Carrère)
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Ho letto "La città dei vivi di Nicola Lagioia" con un gruppo di lettura on line (Immersioni letterarie).
Non si tratta di un romanzo, purtroppo, ma di una storia vera. Un omicidio (apparentemente senza movente) avvenuto 4 anni fa a Roma.
Devo ammettere che, a differenza dell'autore, non avevo per nulla seguito il caso. Non sono molto attirata dalla cronaca nera. L'unica volta in cui mi è capitato di seguire, quasi morbosamente, un fatto del genere è stato con l'omicidio del piccolo Samuele a Cogne. In quell'occasione cercavo di comprendere cosa fosse successo. Ero una giovane mamma e desideravo che la madre risultasse innocente. Volevo un "mostro fuori casa". E, in quel caso, mi sono posta la domanda se sarebbe potuto succedere a me.
Nicola Lagioia pone proprio questa domanda nel suo libro: noi speriamo sempre di non avere la sfortuna di essere vittime di un delitto, ma ci poniamo mai la domanda se potremmo essere noi il carnefice?
Questo libro è scritto benissimo. Descrive alla perfezione, dopo un lunghissimo lavoro di ricerca e indagini, in quale ambiente é maturato l'omicidio. Dipinge Roma basandosi su una conoscenza personale della città, per cui nutre un sentimento di profondo amore/odio.
L'autore ci racconta la vita dei tre ragazzi coinvolti: Manuel Foffo, Marco Prato e Luca Varani. Ce li descrive attraverso le loro deposizioni, le interviste rilasciate, gli atti del processo, le perizie e i ricordi di amici e parenti. E non ci risparmia nemmeno le parti più crudeli di quanto avvenuto. Sicuramente si è trattato di un dramma per tutti, nessuno escluso.
Nicola Lagioia si apre intimamente con i lettori, raccontando anche fatti personali del suo passato riemersi nella sua mente in seguito a questi avvenimenti.
Io sono stata a Roma moltissimi anni fa. Ho trascorso tre giorni da turista. L'ultimo giorno, subito prima di lasciare la città, in un parcheggio qualcuno ha aperto la mia auto, ha frugato nelle mie valigie, ha rubato le cose di valore. Questo episodio mi ha lasciato l'amaro in bocca e a Roma non sono più tornata.
Leggendo questo libro ho avuto la conferma che, seppure bellissima, io a Roma non potrei mai vivere. Il caos, la confusione, i malfunzionamenti, il degrado non fanno per me. Io ho bisogno di un ambiente più pulito,ordinato, come quello che Nicola Lagioia ha trovato a Torino, ma da cui fugge, appena può, per tornarsene nel caos di Roma.
Tutti temiamo di vestire i panni della vittima. Viviamo nell'incubo di venire derubati, ingannati, aggrediti, calpestati. E' più difficile avere paura del contrario. Preghiamo Dio o il destino di non farci trovare per strada un assassino. Ma quale ostacolo emotivo dobbiamo superare per immaginare di poter essere noi, un giorno, a vestire i panni del carnefice? E' sempre: ti prego, fa che non succeda a me. E mai: ti prego, fa' che non sia io a farlo."
"Ci sono genitori persuasi che i figli siano irrimediabilmente dei perdenti, altri credono di aver messo al mondo dei geni, o più modestamente delle creature incapaci di sbagliare. Questo tipo di cecità può esasperare, ma in casi estremi muove a compassione."
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