Settanta capitoli in 560 pagine del Murakami che piace a me, quello del realismo magico, in cui i confini tra realtà e fantasia sono incerti, come incerte sono le mura della città protagonista del romanzo.
Murakami nel romanzo cita Gabriel Garcia Marquez e il suo saper mescolare la realtà e l'irrealtà, i vivi e i morti, un omaggio all'autore che ha sempre amato e che lo ha ispirato, tanto da averlo spinto a creare un suo realismo magico, contaminato dalle fiabe e dalle credenze popolari giapponesi.
Murakami nella postfazione ci spiega che il romanzo è nato quarant'anni fa sotto forma di romanzo breve, pubblicato solo su una rivista e mai consegnato alle stampe perchè non lo convinceva, lo riteneva immaturo. Il nucleo di quel romanzo breve è poi stato utilizzato per scrivere il romanzo "La fine del mondo e il paese delle meraviglie", ma è nel 2020, in piena pandemia, che Murakami si rende conto di aver maturato le capacità narrative per farlo diventare ciò che desidera. Lo riprende in mano e lo riscrive.
Il romanzo ha il ritmo lento e le atmosfere oniriche che caratterizzano l'autore. Come spesso accade nei suoi romanzi, protagonista è un giovane adolescente innamorato. Lui ha diciassette anni, ha conosciuto lei, sedicenne, ad un concorso letterario organizzato dalla scuola. L'amore è ricambiato. Si tratta di un amore giovane, adolescenziale, quasi platonico. Si frequentano per un anno, si scrivono tante lettere, si incontrano quando possono. Prima di sparire nel nulla, lei gli racconta di una città circondata da alte mura, in cui gli orologi non hanno lancette, i fiumi non scorrono, le persone sono state private della propria ombra e nelle biblioteche non si leggono libri ma sogni. E gli confida che lei vive in quella città, mentre quella con cui sta parlando è solo l'ombra di quella ragazza.
Quando lei sparisce, lui non si dà pace e cerca di trovare il modo per raggiungere la città dalle alte mura incerte.
"La lettura", l'inserto culturale del "Corriere della sera" lo ha collocato al primo posto nella Classifica di Qualità 2024.
A me è piaciuto molto. Nulla a che vedere con "Abbandonare un gatto". Molto più simile allo stile di "1Q84" che a parer mio resta il capolavoro di Murakami.
"E alla fine costruimmo un mondo speciale, segreto, un mondo soltanto nostro che potevamo condividere - una misteriosa città circondata da alte mura."
"...può darsi che la realtà non sia una sola. La realtà è forse qualcosa che noi dobbiamo scegliere fra tante possibilità."
"Vivevo sognando te, quando ero sveglio pensavo sempre e solo a te. E forse ti sognavo anche quando dormivo. Però nelle lettere non osavo confessartelo e mi sforzavo di frenare le mie pulsioni."
"Davi l'impressione di parlare sempre con franchezza di ogni cosa, senza mai nascondere nulla. Ma era proprio vero? Chi lo sa... Non esiste nessuno che non abbia segreti. I segreti sono qualcosa di cui abbiamo bisogno, per vivere in questo mondo. Non è così?"
"Il tuo cuore sta cercando una svolta, ne ha bisogno. La tua coscienza però non l'ha ancora percepito. Il cuore umano è difficile da comprendere."
★★★★★
🥘 ratatouille
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Il film "Drive my car" di Ryusuke Hamaguchi, premio a Cannes per la sceneggiatura e Golden Globe come miglior film internazionale, ha vinto l'OSCAR come miglior film internazionale 2022.
La trama del film trae ispirazione da due racconti: Drive my car e Sheherazade di Haruki Murakami, entrambi contenuti nella raccolta Uomini senza donne.
A me il film, nonostante i numerosi riconoscimenti, non è piaciuto. Fonde e altera enormemente i due racconti.
La tipica lentezza di Murakami, che tanto amo nei suoi romanzi, esasperata nel film, lo rende eccessivamente lungo (2h e 59 minuti) e noioso. Ho faticato a terminare di vederlo. L'ho fatto solo sperando in una svolta clamorosa che non c'è stata.
"Ognuno lascia la sua impronta nel luogo che sente appartenergli di più."
Haruki Murakami - L'arte di correre
Dall'otto dicembre al sei gennaio, su LibriCitando, troverete ogni giorno una citazione letteraria di autori che io amo molto. Buone feste! ❤📚🎄
Videorecensione del racconto di Haruki Murakami "Abbandonare un gatto", tradotto da Antonietta Pastore, illustrato da Emiliano Ponzi, Einaudi Editore.
Con questo racconto, brevissimo, Murakami ha voluto ricordare il padre morto alcuni anni fa, raccontandone la vita e fatti accaduti quando l'autore era un bambino.
Leggi qui la recensione completa.
Se non avete letto ancora nulla di Murakami, non iniziate da "Abbandonare un gatto". Vi fareste un'idea sbagliata.
Io adoro Murakami, mi piace perdermi nei suoi romanzi infinitamente lunghi, ma mai noiosi, scoprire i suoi mondi inventati, affezionarmi ai sui personaggi.
Con questo racconto, brevissimo, Murakami ha voluto ricordare il padre morto alcuni anni fa, raccontandone la vita e fatti accaduti quando l'autore era un bambino.
Si tratta di uno scritto molto semplice. Si legge in un paio d'ore.
Di questo racconto si é detto che é molto importante, perché mai Murakami aveva scritto della propria vita. É vero che in "Abbandonare un gatto" Murakami parla per la prima volta del padre, ma ne "L'arte di correre" aveva scritto molto di sé.
Il memoir è illustrato da Emiliano Ponzi.
Lo consiglio solo a chi già conosce Murakami e non vuole perdersi nulla di ciò che ha scritto. Qualche pillola di saggezza c'è e interessanti sono anche gli aiku citati, scritti dal padre.
Leggere "Abbandonare un gatto" senza aver mai letto nulla dell'autore, potrebbe avere l'effetto di non invogliare alla lettura dei suoi romanzi. Niente di più sbagliato. In questo racconto non c'è nulla del realismo magico che lo caratterizza.
Credo che "Abbandonare un gatto" sia stato sopravvalutato dalla critica oppure io non sono riuscita ad entrare in sintonia con questo suo diverso stile di scrittura.
"Da tanto tempo avevo in mente di scrivere qualcosa di adeguato su mio padre, ormai scomparso, ma ho lasciato passare gli anni senza nemmeno provarci. Non è facile parlare di qualcuno della propria famiglia, scegliere da dove e in che modo iniziare (io per lo meno non riesco a farlo a cuor leggero). Così mi sono tenuto dentro questa intenzione per molto tempo, come una spina rimasta in gola. Finché, per caso, mi sono ricordato che una volta, da bambino, ero andato con mio padre ad abbandonare un gatto su una spiaggia; ho cominciato a scrivere da lì, e il racconto è venuto fuori da solo, molto più facilmente di quanto avessi pensato."
★★☆☆☆
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🍷 vino rosso
L'assassinio del commendatore" non è il primo libro di Haruki Murakami che leggo. È il primo che recensisco su LibriCitando.
Confesso che per Murakami ho un debole. Adoro soprattutto i suoi romanzi surreali.
La musica e l'arte in generale sono spesso protagonisti nei suoi libri.
Il titolo di questo romanzo si riferisce ad un quadro, dipinto da un anziano pittore giapponese, raffigurante una scena del Don Giovanni di Mozart. E attorno a questo quadro si sviluppa l'intero racconto.
La scrittura è lenta e dettagliata, ma tutt'altro che noiosa, calamitante. È necessario però leggere entrambi i libri. Se vi fermate al primo, avrete letto metà storia, senza concludere nulla. A parer mio i due libri avrebbero dovuto essere pubblicati insieme, non a due anni di distanza.
Ai personaggi di Murakami non ci si può non affezionare. Pensi a loro, anche dopo aver terminato il libro, come a degli amici di gioventù.
Murakami ti prende per mano e ti conduce nel racconto.
"L'assassinio del commendatore" è un romanzo onirico e surreale, un urban fantasy, molto introspettivo.
Seppure il racconto proceda lento, Murakami mi ha tenuta incollata alle pagine grazie al suo modo di scrivere ipnotico e misterioso.
Ho trovato alcune analogie con 1Q84.
Da leggere solo se si conosce già Murakami.
"La maggior parte delle cose, viste da lontano, ci sembrano belle"
"Vederle una accanto all'altra bastava già a far apparire il mondo un po' più allegro. Natale e Capodanno che arrivano lo stesso giorno."
"Tutti quanti abbiamo nel cuore segreti che non possiamo svelare."
★★★★☆scopri come valuto i libri
🥘 ratatouille
"Non sarebbe meglio se rimanessimo separati fino alla fine, conservando il desiderio di incontrarci? In questo modo continueremmo a vivere mantenendo intatta dentro di noi la speranza di rivederci, un giorno.» "Ci sono amori che devono attraversare universi per incontrarsi. Ci sono amori che devono superare ostacoli, difficoltà, avversari, enigmi. Amori che devono, soprattutto, vincere le paure interiori inquietanti e terribili come piccole creature che albergano dentro di noi per poter creare a propria volta un mondo in cui non ci sia più la paura, un mondo nuovo in cui essere al sicuro in due."