In questo episodio Schiavone si trova alle prese con un omicidio molto particolare: un ciclista è stato investito. Si tratta di un ricco cinquantenne che vive da poco ad Aosta. Il suo passato é misterioso e incomprensibile è il suo stile di vita. Rocco lo descrive come "una specie di ectoplasma ai margini della società". Il vice questore capisce subito che non si è trattato di un incidente con omissione di soccorso, ma di omicidio. La vittima dà l'idea di essere un uomo in fuga, in fuga dal passato ed è nel passato che bisogna indagare per risolvere il caso.
Nonostante molte critiche lette sui social riguardo all'ultimo romanzo di Antonio Manzini con protagonista Rocco Schiavone, "Il passato è un morto senza cadavere", io l'ho trovato molto ben scritto, la parte gialla molto avvincente e la componente introspettiva molto profonda. Trovo ridicolo lamentarsi per l'immobilità del personaggio che, secondo alcune bookblogger, negli anni non si sarebbe evoluto. Io trovo che questo non sia del tutto vero e, ad ogni modo, vi chiedo: vi risulta che i detective, ispettori, commissari più famosi siano evoluti nel tempo - invecchiando, sposandosi, mettendo su famiglia? A me non sembra. Sono sempre lì, più o meno fermi nella loro vita e nel loro ruolo. Io ricordo Livia, eterna fidanzata di Montalbano, per esempio...
Quando sostengo che Schiavone nel tempo un po' si è evoluto, mi riferisco alla presa di coscienza della sua infelicità, solitudine, apatia. Se nei primi romanzi Rocco era totalmente incapace di elaborare il lutto subito, viveva alla giornata senza porsi domande sul futuro, saltava da un letto all'altro con storielle e relazioni senza senso, ora è consapevole che se vuole uscire dal loop di negatività in cui è sprofondato, deve lasciarsi alle spalle il passato e provare ad investire sul futuro. Io avverto da parte sua una certa paura di non farcela e di trascinare nell'infelicità anche chi probabilmente ama (Caterina? Sandra?). Io lo capisco Rocco, capisco le sue paure: un conto è essere responsabili della propria infelicità, un conto è esserlo per quella degli altri: meglio non promettere nulla, meglio non rischiare. Qualcosa però sta cambiando. Forse Rocco è ora disposto ad investire nel futuro... lo scopriremo nel prossimo episodio... un prossimo romanzo ci sarà sicuramente, dato che questo è terminato lasciando molte questioni aperte.
"Svegliati, Rocco. Tu, gli altri, questa città, siete vivi e finché lo siete il prezzo da pagare alla vita è accettarla, abbracciarla, farsi ancora male perché è questo che vi tocca. Nascondersi è da vigliacchi"
★★★★★
🍷 vino rossoscopri come valuto i libri
Il vice questore Rocco Schiavone e l'amico Brizio intraprendono un viaggio in Sud America alla ricerca di Furio, a sua volta alla ricerca di Sebastiano, l'amico "traditore".
Si tratta di un racconto breve che serve all'autore per spiegare che fine ha fatto Sebastiano, fuggito dopo aver tradito Rocco e gli inseparabili amici di sempre.
Sconsigliatissimo a chi non ha letto tutto, ma proprio tutto, di Rocco Schiavone.
Io avrei preferito che l'autore svelasse il mistero inserendolo in un romanzo giallo. Fino ad ora Manzini ci aveva raccontato l'evoluzione del personaggio di Rocco, la sua vita, i suoi amori, le sue debolezze parallelamente al racconto di inchieste investigative.
Il libro non è stato molto apprezzato dagli appassionati lettori. Manzini in una recente intervista ha risposto così alle critiche ricevute: "Non so da cosa dipenda l’amaro che rimane in bocca al lettore. Dal finale? Dalla nouvelle intera? È un libro sull’amicizia, sul valore assoluto di un rapporto che si instaura fra esseri umani senza secondi fini o interessi. È quindi un argomento delicato, non sempre si riesce a perdonare o a vendicare un torto. La chiusura di un rapporto così profondo è soggettiva, insindacabile, a mio parere, ed io ho cercato di far comprendere al lettore un pezzo dell’anima di un un uomo come Rocco: che reagisce come sa e come può. Se questo non è piaciuto, mi dispiace ma il libro per me è concluso come meglio non avrei potuto".
Mi consola sapere che altro leggeremo ancora di Rocco Schiavone e probabilmente questa "parentesi esplicativa" serviva all'autore per chiudere definitivamente un capitolo della vita del vice questore.
Sono anni che scherzosamente nelle interviste Manzini afferma che nel "prossimo episodio Schiavone morirà". Nella realtà l'autore ama questo personaggio quanto noi e molte vicende personali di Rocco sono ancora aperte, confuse e da chiarire. Altri episodi arriveranno e noi restiamo in attesa.
Curiosità: il titolo del libro è chiaramente ispirato al film commedia degli anni Sessanta "Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa?" diretto da Ettore Scola e interpretato da Nino Manfredi e Alberto Sordi.
"Sebastiano l'aveva tradito, un'amicizia lunga quarant'anni e che amicizia non era, dopo la morte di Marina era stato il dolore più profondo della sua vita. Non voleva saperne più nulla di Sebastiano, dimenticare la voce, il viso e il colore degli occhi: anche le storie vissute insieme. Sebastiano doveva trasformarsi in un'ombra, una velatura nel mondo dei ricordi per dissolversi con gli anni fino a trasformarsi in fumo, un filo grigio e sottile che si sarebbe confuso con l'aria e col cielo."
★★☆☆☆
🍨 mousse alla fragola
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Finalmente sono riuscita a prendermi il tempo per leggere e l'ho fatto con ELP, ultimo romanzo con protagonista il vicequestore Rocco Schiavone, pubblicato da pochissimo da Sellerio.
Oramai Rocco è diventato uno di famiglia. Noi che abbiamo letto le sue avventure fin dall'inizio ed abbiamo imparato a comprenderlo ed amarlo, aspettiamo sempre con trepidazione che Antonio Manzini ci racconti nuovamente di lui.
Rispetto ai primi romanzi con Schiavone protagonista, questi ultimi episodi sono molto più "narrativi" e molto meno "gialli".
I delitti e le indagini ci sono, ovviamente, ma c'è tanta introspezione.
Rocco è stanco, depresso, forse innamorato, ma non ne è consapevole. Sandra e Caterina gli ronzano ancora intorno. Io faccio il tifo (da sempre) per Caterina. Sandra secondo me non fa per lui. Troppo radical chic, eppure Rocco pensa a lei. E Caterina? Va bene solo per andarci a letto? Non credo proprio... Rocco sembra refrattario ad impegnarsi sentimentalmente. La presenza di Marina nei suoi pensieri è costante, segno che Rocco è molto in crisi.
Furio e Brizio sono vicini a lui. Sono saliti ad Aosta da Roma.
La squadra di collaboratori sta diventando per Rocco molto importante dal punto di vista affettivo. Schiavone non chiede aiuto, nonostante ne abbia bisogno. I suoi collaboratori invece si affidano a lui. Piano piano si stanno creando tra loro legami e solide amicizie.
Chissà cosa avrà in mente Manzini per Rocco. Evolverà ulteriormente il suo personaggio? Troverà mai pace?
ELP è molto più lungo dei precedenti romanzi. Due sono le indagini in corso: due omicidi, uno dei quali attribuito ad un movimento ambientalista.
Manzini ci fa riflettere sulla necessità di una svolta nei nostri comportamenti per arginare i danni all'ambiente. Ci fa riflettere anche su molte altre questioni, ma non vi svelerò altro, vi rovinerei la lettura. Io odio gli spoiler...
"Il futuro non esiste perchè appena lo vivi diventa passato" gli aveva detto una volta qualcuno, o forse lo aveva letto su un muro o magari l'aveva pensato lui durante una notte insonne.
L'autoanalisi era una novità. Non che provasse rimorso e sensi di colpa per quello che era successo. Cercava solo di analizzare con freddezza, come guardandosi dal di fuori, il suo comportamento e le sue reazioni. Riflessi, cioè, del suo vivere quotidiano.
Ripenso alle parole di Alberto sulla vita che è meravigliosa, troppo bella per trascorrerla da soli. Forse poi la differenza sta tutta lì. Chi è riuscito a lasciarsi andare e chi invece no, è rimasto fermo, al palo, e la vita s'è limitato a guardarla.
★★★★☆
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🍷 vino rosso
E' uscito esattamente un mese fa l'undicesimo episodio di Rocco Schiavone "Le Ossa parlano", edito da Sellerio. Nonostante le indagini siano avvincenti e Antonio Manzini, in questo suo ultimo romanzo, abbia dato spazio quasi esclusivo al giallo, ciò che mi interessa maggiormente è l'evoluzione del personaggio, che episodio dopo episodio evolve e si fa amare sempre di più, con le sue debolezze, il lutto non completamente elaborato, le delusioni e la depressione.
Rocco, con la vendita dell'appartamento romano, lascia per sempre la capitale. Si porta via un solo oggetto: lo specchio di Marina, dalla quale non riesce a distaccarsi.
Al ritorno ad Aosta si ritrova ad indagare su delle ossa umane scoperte in un bosco. Sono i resti di un bambino scomparso sei anni prima. L'indagine è dolorosissima per tutta la squadra del vicequestore. Emerge una realtà tristissima, una storia di violenza, di infanzia negata, un mondo sommerso che una volta emerso si fatica a scrollarsi di dosso.
Nonostante Manzini abbia riservato al caso la quasi totalità del racconto, la solitudine e la tristezza di Rocco si avvertono in ogni pagina. Sentimentalmente Rocco appare combattuto tra la giornalista Sandra e la collega Caterina, vuole una, l'altra o nessuna. E Marina è sempre nel suo cuore.
Io vi confesso che faccio il tifo per Caterina. Mi è sempre piaciuta. Manzini lo sa già dove vuole arrivare. Ha più volte affermato che quello di Schiavone è un unico grande romanzo diviso in molte puntate. Io aspetto con ansia il prossimo episodio. E voi?
L'indagine di questo romanzo mi ha ricordato Anime trasparenti di Daniele Bresciani, che ha come tema quello della pedofilia.
Curiosità: si è svolto a dicembre presso la Facoltà di scienze cognitive a Rovereto un interessantissimo incontro tra lo scrittore Antonio Manzini e gli studenti del corso di Psicologia dinamica. Guidati dalla professoressa Paola Venuti, gli universitari hanno delineato il profilo psicologico di Rocco Schiavone: personaggio dai tratti schizoidi e borderline, introverso, ritirato e solitario, emozionalmente freddo e socialmente distante, con difficoltà a mostrare le emozioni, impulsivo, con scatti di rabbia immotivata ed intensa, affettivamente instabile. Tuttavia adattivo e funzionale, in progressivo miglioramento e in fase di eleborazione del lutto. Nel complesso non disturbato e mediamente sano.
"Avrebbe voluto essere come Michela Gambino, con le sue folli certezze in un mondo lontano dalla realtà e dalle sue imperfezioni. Chissà, si domandò, ognuno si difende dalle botte della vita come può, magari costruendosi un universo parallelo a propria immagine e per la propria sicurezza, evitando le domande senza risposta e la paura della morte e della solitudine. Anche se Rocco non aveva paura della morte né della solitudine. L'abbandono, quello temeva da sempre. E più lo temeva, più la vita lo puniva. Amici, amori, famiglia, affetti sembravano allontanarsi da lui come calamite di segno opposto. Non sapeva come interrompere questa catena, si sentiva impotente e preda della crudeltà del destino. Forse, pensava, se riuscissi a superare il dolore del distacco, non soffrirei più, non succederà più che perda le persone a cui tengo."
★★★★☆
🍋 limone
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"Fa male l’assenza? No. Fa male la perdita. Che è altro dall’assenza. La perdita sa cosa ha perso. L’assenza può essere un vago sentore, un’emozione senza corpo e senza suono di qualcosa che manca e che non ho, ma che non so cos’è."
Antonio Manzini - Non è stagione
Dall'otto dicembre al sei gennaio, su LibriCitando, troverete ogni giorno una citazione letteraria di autori che io amo molto. Buone feste! ❤📚🎄
"Gli ultimi giorni di quiete" è un romanzo di Antonio Manzini, la cui scrittura trae spunto da un fatto realmente accaduto.
Manzini spiega di aver incontrato molti anni fa un signore sconosciuto che gli raccontò un fatto agghiacciante, accadutogli alcuni anni prima: l'incontro in treno con l'assassino di suo figlio, uscito di carcere dopo aver scontato una pena di pochi anni, nonostante il terribile crimine commesso.
Manzini rimase colpito da questa confessione e per anni immaginò quali potessero essere state le reazioni del padre, della madre e dello stesso assassino in seguito a quell'incontro. Ora, a distanza di anni dall'episodio, scrive "Gli ultimi giorni di quiete".
Nora, mentre sta tornando a casa in treno riconosce, seduto nello stesso vagone, Paolo Dainese, il ragazzo che sei anni prima, durante una rapina nel tabacchino di famiglia, ha ucciso Corrado, il suo unico figlio. Da quel giorno la sua vita e quella di suo marito non è stata più la stessa. Il loro rapporto si è svuotato. In comune ora hanno soltanto il dolore per la perdita del figlio.
Nora non si capacita di come possa essere accaduto che un assassino, dopo pochi anni dalla condanna, sia libero di circolare e di rifarsi una vita. Trova ingiusto che ciò che a suo figlio è stato impedito, sia, per legge, consentito al suo assassino.
Dal momento in cui è avvenuto l'incontro, Nora ha in mente soltanto di mettere in atto una sua giustizia personale.
Il marito Pasquale, dopo aver appreso dalla moglie la notizia, cerca anche lui un modo per risolvere la questione.
Tre sono i personaggi: Nora la madre di Corrado, Pasquale il padre di Corrado e Paolo l'assassino di Corrado.
Tre sono i punti di vista, tre le diverse reazioni alla vicenda.
Manzini è bravissimo a farci entrare in tutti e tre i personaggi, attraverso un profondo scavo psicologico. Tutti e tre hanno ragione, dal loro punto di vista.
La voce narrante si mescola ai pensieri in prima persona dei protagonisti, rendendo il lettore ancora più coinvolto.
Il personaggio che mi è piaciuto di più è Pasquale, perché alla fine riesce a svoltare, andare avanti.
Ho trovato Nora un personaggio tristissimo.
Paolo mi fa pena.
Tante le domande sollevate, nessuna risposta, perché non c'è una soluzione, un giusto punto di vista.
L'epilogo è inaspettato. Il romanzo è profondo, intenso, coinvolgente.
Antonio Manzini ex attore, scrittore conosciuto soprattutto per aver creato il personaggio di Rocco Schiavone, dimostra con questo romanzo di avere doti letterarie al di là del genere giallo.
"Un uomo è condannato per sempre, allora? Fine pena mai? A cosa servono i processi, le leggi, la galera? Lui aveva capito, aveva capito tutto. Gli errori commessi, la voglia di ricominciare, lasciarsi alle spalle quello che era una volta. Voltare pagina e provare ad essere un uomo migliore. Uno che lavora, che porta a casa uno stipendio, che magari fa anche un figlio che...
Un figlio.
Quello gli hai tolto. E nessuno glielo restituirà più. Quindi forse sì, fine pena mai per me, per la donna e anche per suo marito. Non c'era uscita né soluzione. Un solo gesto inchioda quattro persone per sempre, a quel giorno di marzo di quasi sei anni prima. La sua vita s'era fermata insieme a quella di Corrado Camplone, di sua madre e di suo padre."
★★★★☆
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