Immaginatevi di svegliarvi un mattino, aprire gli occhi e vedere tutto nero, accendere la luce e scoprire che è ancora solo nero ciò che vedete. La sveglia suona, quindi la corrente elettrica c'è, ma l'ora non riuscite a leggerla. Questo è ciò che è successo a Cristian Sighele una mattina di 25 anni fa quando aveva appena 20 anni. Un risveglio da incubo, un po' come quello vissuto da Gregor Samsa, protagonista del racconto "La metamorfosi" di Franz Kafka, svegliatosi una mattina trasformato in un grosso insetto. Fortunatamente, a differenza di Gregor, Cristian riesce a reagire positivamente alla sua nuova condizione e, nonostante le difficoltà iniziali e il deficit visivo, a ricostruirsi una vita soddisfacente ed a diventare un atleta di successo.
I primi periodi sono difficili per lui, molto difficili. Subisce due operazioni che non riescono a fargli riacquistare la vista. Recupera solamente una diottria, sufficiente per permettergli di vedere luci, ombre, sagome e ostacoli e grazie alla sua tenacia e determinazione e alla "scoperta" della corsa sconfigge la depressione in cui era sprofondato. Conclude maratone e ultramaratone. Ed è proprio attraverso la lunga narrazione della sua prima 24 ore (di corsa) in totale autonomia che Cristian Sighele ci racconta che cosa ha significato e significa per lui la conquista del traguardo di una gara estrema.
Maurizio Panizza, giornalista e scrittore, ha aiutato Cristian a dare forma letteraria ai suoi pensieri e l'opera risulta pertanto scritta a quattro mani. È giusto dare merito anche a chi ha supportato Cristian nella stesura. Se "Open" di Agassi è un capolavoro della letteratura sportiva non è solo merito dei pensieri e delle vicende del tennista, ma anche dello straordinario lavoro fatto da John Joseph Moehringer.
Quando ho saputo della presentazione di questo libro ad Arco, luogo in cui vivo e lavoro, sono rimasta piacevolmente sorpresa ed ho subito iniziato a leggerlo. Non conoscevo la storia di Cristian. Nonostante io sia una ex atleta, le nostre strade non si sono mai incontrate.
Chi mi conosce personalmente sa che io ho avuto una vicenda personale "opposta" a quella di Cristian. Ho iniziato a correre da ragazzina, ma la mia carriera sportiva si è interrotta bruscamente cinque anni fa a causa di una miocardite virale che mi ha lasciato una cicatrice nel cuore. L'agonismo mi è impedito, ma a correre posso andarci ugualmente e la gioia e le belle sensazioni che la corsa mi dà sono le stesse di quelle che prova Cristian. Ora non mi importa più "a quanto al chilometro" vado, mi basta riuscire a correre, a fare sport all'aria aperta. Proprio come Cristian mi sento fortunata rispetto a chi sta peggio di me, vedo il bicchiere mezzo pieno, gioisco delle "piccole cose" e sono orgogliosa dei miei traguardi.
"Impegnarsi per raggiungere un obiettivo, per me vuole dire semplicemente imparare a vedere la stessa cosa sotto un altro punto di vista che non è affatto quello della velocità, dell'agonismo o della rivalità. Semmai, se di gara parliamo, quella non è altro che una competizione che io faccio con me stesso, ovvero con il Cristian che ero un tempo."
"[...] tutti noi atleti ci troviamo qui alla ricerca di qualcosa che va ben oltre la gara in sé. Solo chi corre sa comprendere il valore di un'esperienza così unica nella quale si consumano scarpe ed energie, consapevoli sin dall'inizio dell'estrema fatica necessaria per arrivare fino in fondo. Per noi, in definitiva, non ha grande importanza la durata della gara e neppure è importante quanti saranno i chilometri percorsi, conta solamente correre per la gioia di farlo."
"Per me la corsa è una grande maestra di vita. Certo, a volte può essere un'insegnante amabile, altre volte, invece, molto severa, ma è comunque una maestra a cui voler sempre bene. Credo in questa scuola, nel suo potere, quello che può fare anche miracoli se si ha fiducia in essa e per questo la consiglio a tutti coloro che sentono di avere dentro di sé qualcosa di prezioso da recuperare."
★★★★☆
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Oggi vi consiglio un piccolo ma appassionante libriccino da leggere tutto d'un fiato in una giornata di relax: "Everest" di Vinicio Zuccali, medico altogardesano appassionato di montagna.
Si tratta del suo terzo libro pubblicato, dopo "La via dimenticata" e "Il volo della farfalla".
Non è infrequente incontrare scrittori che svolgono la professione di medico. Per fare alcuni esempi italiani: Carlo Levi, Andrea Vitali e Cristina Cassar Scalia.
"Everest - Nello spazio della mente" narra di una spedizione sul "terzo polo terrestre", la montagna più alta del mondo.
Protagonista un immaginario medico altogardesano, Carlo Maistri, esperto in medicina d'alta montagna in spedizione sull'Everest con tre compagni di scalata:
il capospedizione che non si toglie mai gli occhiali da sole nemmeno quando dorme, un prete altoatesino a cui è stato concesso un anno sabbatico e un finanziere di Lampedusa trasferito per lavoro a Courmayeur e inaspettatamente innamoratosi dell'alta montagna.
Quattro "lumache d'alta quota"!
Carlo Maistri è reduce da una preparazione fisica svolta sui monti di casa: in primis il monte Altissimo su cui il protagonista sale ogni fine settimana con la fidanzata.
Questo lungo racconto é sicuramente una sorta di "sogno autobiografico" di Vinicio, che sull'Everest non c'è mai stato, ma come Salgari sa raccontare realisticamente luoghi mai visti. Ma è certamente anche un viaggio all'interno di se stesso.
"Ever wrest - lottare sempre" è il motto della spedizione, un gioco di parole che esorta anche noi lettori a non mollare mai.
Parallelamente alla scalata dell'Everest , l'autore racconta un'altra vicenda che si svolge negli stessi giorni sul ghiacciaio della Brenva in valle d Aosta. Due ragazzi africani, senza nessuna dimestichezza con l'alta montagna, si trovano in difficoltà sul Monte Bianco. Ma cosa ci fanno due giovani inesperti sul ghiacciaio? Questo lo scoprirete leggendo.
In un centinaio di pagine, Zuccali ci conduce sulla cima dell'Everest, raccontandoci un po' di storia della montagna "più mortale del mondo", ma affronta anche temi attuali, problematiche che affliggono la nostra epoca: il riscaldamento globale e l'esodo delle popolazioni del sud del mondo verso l'Europa.
Chiudendo il libro ho capito che ciò che sta a cuore a Vinicio è la sorte di questi "scalatori orizzontali" del Mediterraneo.
Vinicio non è solo uno scrittore che apprezzo, è anche il mio vicino di casa. Quanti libri di sua proprietà sono entrati in casa mia, trasformandomi da lettrice di romanzi a conoscitrice delle spedizioni di alta montagna!
"Sapevamo benissimo che dopo l'esperienza sull'Everest non saremmo stati mai più gli stessi. Gli insegnamenti della montagna avrebbero rivestito un ruolo rifondante nella nostra vita: in sintonia con quanto appreso, "we would ever wrest", senza se e senza ma, con la nostra tattica sperimentata di progressione lenta ma inesorabile lungo le corde fisse e dentro le improvvise tempeste dei giorni che ci sarebbero rimasti."
★★★★☆
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Ho letto "Accabadora" di Michela Murgia alcuni anni fa, quando il mio LibriCitando non era ancora nato. Per questo non ne ho mai scritto. È un libro che ho amato molto e che non dimenticherò. Un romanzo che fa riflettere, una storia che insegna, un racconto che svela tradizioni e segreti del popolo sardo.
La notizia di oggi è quella della morte dell'autrice, avvenuta ieri, a causa di una malattia di cui da alcuni mesi tutti eravamo a conoscenza.
Le idee di Michela Murgia potevano non piacere, ma la sua determinazione, la sua combattività e la sua cultura erano apprezzate anche dai suoi "avversari politici".
«Non dire mai: di quest'acqua io non ne bevo»
★★★★★
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Finalmente sono riuscita a prendermi il tempo per leggere e l'ho fatto con ELP, ultimo romanzo con protagonista il vicequestore Rocco Schiavone, pubblicato da pochissimo da Sellerio.
Oramai Rocco è diventato uno di famiglia. Noi che abbiamo letto le sue avventure fin dall'inizio ed abbiamo imparato a comprenderlo ed amarlo, aspettiamo sempre con trepidazione che Antonio Manzini ci racconti nuovamente di lui.
Rispetto ai primi romanzi con Schiavone protagonista, questi ultimi episodi sono molto più "narrativi" e molto meno "gialli".
I delitti e le indagini ci sono, ovviamente, ma c'è tanta introspezione.
Rocco è stanco, depresso, forse innamorato, ma non ne è consapevole. Sandra e Caterina gli ronzano ancora intorno. Io faccio il tifo (da sempre) per Caterina. Sandra secondo me non fa per lui. Troppo radical chic, eppure Rocco pensa a lei. E Caterina? Va bene solo per andarci a letto? Non credo proprio... Rocco sembra refrattario ad impegnarsi sentimentalmente. La presenza di Marina nei suoi pensieri è costante, segno che Rocco è molto in crisi.
Furio e Brizio sono vicini a lui. Sono saliti ad Aosta da Roma.
La squadra di collaboratori sta diventando per Rocco molto importante dal punto di vista affettivo. Schiavone non chiede aiuto, nonostante ne abbia bisogno. I suoi collaboratori invece si affidano a lui. Piano piano si stanno creando tra loro legami e solide amicizie.
Chissà cosa avrà in mente Manzini per Rocco. Evolverà ulteriormente il suo personaggio? Troverà mai pace?
ELP è molto più lungo dei precedenti romanzi. Due sono le indagini in corso: due omicidi, uno dei quali attribuito ad un movimento ambientalista.
Manzini ci fa riflettere sulla necessità di una svolta nei nostri comportamenti per arginare i danni all'ambiente. Ci fa riflettere anche su molte altre questioni, ma non vi svelerò altro, vi rovinerei la lettura. Io odio gli spoiler...
"Il futuro non esiste perchè appena lo vivi diventa passato" gli aveva detto una volta qualcuno, o forse lo aveva letto su un muro o magari l'aveva pensato lui durante una notte insonne.
L'autoanalisi era una novità. Non che provasse rimorso e sensi di colpa per quello che era successo. Cercava solo di analizzare con freddezza, come guardandosi dal di fuori, il suo comportamento e le sue reazioni. Riflessi, cioè, del suo vivere quotidiano.
Ripenso alle parole di Alberto sulla vita che è meravigliosa, troppo bella per trascorrerla da soli. Forse poi la differenza sta tutta lì. Chi è riuscito a lasciarsi andare e chi invece no, è rimasto fermo, al palo, e la vita s'è limitato a guardarla.
★★★★☆
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Molto intimo questo scritto di Chiara Gamberale, che ha la forma di un breve "diario" del periodo del lockdown. Di lei avevo letto alcuni romanzi. Non conoscevo l'aspetto fragile della sua personalità, i problemi di depressione con cui è costretta a convivere. Che bella persona è! Ha saputo trasformare le sue debolezze in forza, facendo volontariato, aiutando i malati. Brava Chiara Gamberale!
Come Chiara anch'io, per certi aspetti, ho apprezzato il lockdown .
Mi mancavano alcune persone, affetti, ma ho gradito la riduzione dei contatti . Sono "un'orsetta " e a casa, a fare il pane, senza troppi obblighi sociali, ci stavo bene. Forse perché, comunque, la mia numerosa famiglia era tutta riunita.
Ho letto questo romanzo per il torneo letterario di Robinson.
★★★☆☆
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Mario Calabresi racconta in modo molto coinvolgente, quasi fosse un romanzo, la vita di Carlo Saronio, giovane benestante rapito negli anni Settanta dal gruppo di estrema sinistra Potere operaio.
Saronio stesso ne aveva fatto parte, ma fu tradito dagli amici con cui aveva condiviso idee politiche e battaglie.
A voler far emergere il ricordo di Carlo è stata la figlia Marta, nata otto mesi e mezzo dopo la morte del padre, avvenuta il giorno stesso del rapimento a causa di un errato uso del narcotizzante da parte dei rapitori. Per quarantacinque anni Marta non ha chiesto nulla a nessuno di suo padre. Temeva che far affiorare i ricordi potesse essere troppo doloroso per la madre e la nonna. Un giorno parla con il cugino Piero, missionario, e insieme decidono che è arrivato il momento di capire chi era veramente Carlo Saronio, di scoprire "quello che non ti dicono". Piero e Marta hanno entrambi letto "La mattina dopo" di Mario Calabresi. Concordano che lui sia la persona in grado di aiutarli a fare luce sulla vita di Carlo. Piero scrive a Calabresi una mail, Marta si presenta a lui al termine di un evento letterario. Dopo una iniziale incertezza, Mario Calabresi comincia ad aprire armadi, sfogliare album di foto, visitare i luoghi in cui Carlo viveva, studiava, incontrava gli amici. Calabresi è costretto a tornare agli anni settanta, a fatti che lo toccano in prima persona. Anche lui, come Marta, ha perso il padre per mano di terroristi.
Mario Calabresi, giornalista, è stato direttore di "La Stampa" e "La Repubblica". Oltre a "Quello che non ti dicono" ha scritto: "Spingendo la notte più in là", "La fortuna non esiste", "Cosa tiene accese le stelle", "Non temete per noi, la nostra vita sarà meravigliosa" e "La mattina dopo".
“Quello che non ti dicono, alla fine te lo vai a cercare.”
★★★★☆
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