Le vite di Chiara, Anna, Giulia, Angela, Enea, Carlo, Andrea e Marco si sfiorano e poi si intrecciano in questo romanzo di Sara Rattaro.
Durante l'alluvione avvenuta a Genova il 4 novembre 2011, Chiara era in auto bloccata dalla piena, Anna era a casa al sicuro, Giulia era nel negozio dei genitori, Angela era lontana da Genova.
Un anno dopo le loro vite sono molto cambiate.
Romanzo molto breve, scritto bene, introspettivo.
"Impiegai mesi a rimettermi al volante. Non sopportavo l'idea di tornare dentro quello spazio minuscolo, sollevavo gli occhi al cielo e ne cercavo le sfumature grigiastre. Bastava un cielo coperto senza squarci tra le nuvole a riportarmi le immagini di quel giorno, come un chiodo allentato nella testa che non riesci a togliere."
★★★☆☆
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Mi capita spesso di leggere libri che vengono assegnati ai miei figli come compito per scuola e devo dire che condivido le scelte dei loro insegnanti, a differenza di ciò che accadeva quando erano i miei professori a scegliere le letture per me. Nel tempo mi sono trovata a leggere D'Avenia, Balzano, Carofiglio, Genovesi e questa volta è toccato a Malvaldi. Tutti autori famosi che conoscevo già e di cui avevo letto molto.
"Vento in scatola" però mi mancava. Di Malvaldi ho letto l'intera serie del "Barlume" e qualche altro romanzo.
"Vento in scatola" è un romanzo giallo scritto a quattro mani da Marco Malvaldi e Glay Ghammouri, tunisino, ex militare, attualmente detenuto in Italia.
Gli autori si sono conosciuti in carcere, a Pisa, dove Malvaldi teneva un corso di scrittura creativa per carcerati. Glay Ghammouri si è subito fatto notare per le sue notevoli capacità letterarie.
Protagonista di questo romanzo è Salim, tunisino, laureato, fuggito dal suo paese con una considerevole somma di denaro ottenuta truffando e arrestato in Italia per un fatto non commesso. In carcere Salim, detenuto modello, conosce Gaetano Quarello, un boss che, saputo delle sue abilità in ambito finanziario, decide di affidare a Salim la gestione dei suoi risparmi.
Salim si troverà di fronte ad una scelta: guadagnare la libertà come collaboratore di giustizia e perdere tutti i suoi soldi o rimanere in galera e recuperarli una volta scontata la pena.
Il romanzo descrive l'ambiente carcerario con leggerezza, in modo divertente, pur affrontando un tema molto serio.
Il suo senso è che "così come non si può tenere il vento in scatola, non si può imprigionare l'umanità che è in ciascuno di noi."
"Allora, aveva avuto due proposte. Aiutare un camorrista a investire i suoi soldi, oppure aiutare la polizia a tracciare i conti del camorrista. In cambio, uno sconto di pena e una nuova identità.
Delle due cose, quella che gli piaceva di più era la nuova identità. Carcerato è una condizione transitoria. Lunga, a volte senza fine, ma di natura transitoria. Prima o poi passa, e ti ritrovi ex detenuto. Ed ex detenuto lo rimani a vita, la realtà delle cose è quella. Non passa mai, non se ne va mai. Un marchio a fuoco, un tatuaggio che non ti puoi togliere e che difficilmente fa una buona impressione. A meno che tu non voglia rimanere nel giro."
★★★☆☆
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Nella prefazione l'autore dichiara di essere nato ad Arco nel 1960, di scrivere fin da giovane poesie, fiabe per bambini e racconti, ma di non aver pubblicato nulla fino ad ora, se non in rete e usando degli pseudonomi. È di recentissima pubblicazione infatti "Venire al mondo e altre follie", dedicato alla figlia Emma.
Marco Depentori si definisce "bracciante autodidatta con zappa e penna".
Bollato da bambino come "limitato" per via del suo carattere chiuso, timido e schivo, frequenta, su indicazione degli insegnanti, una scuola professionale. In seguito dimostra tutta la propria determinazione e le proprie capacità ottenendo la maturità agraria e la laurea in giurisprudenza.
L'introduzione è di Paolo Leoni, scrittore trentino, che fa notare come Marco Depentori "ci trascini attraverso quattro racconti, intensi e ricchi di contenuti, in un viaggio autobiografico dell'autore."
I quattro personaggi, inventati, delle quattro memorie hanno tutti attinenza alla biografia e alle esperienze dell'autore.
Nella prima memoria Angelo Calmi, riflessivo e apparentemente persona semplice, lotta tra la voglia di distinguersi e quella di omologarsi.
Scappare, scomparire sono due parole che ricorrono spesso nei titoletti di questo racconto.
Scappare dall'omologazione, affermare il diritto alla diversità, senza per questo essere emarginati.
"Certe persone fanno di tutto per essere visibili, per farsi notare, per essere sempre nei primi banchi in chiesa o a scuola. Fanno di tutto per arrivare al potere. Angelo Calmi invece ha sempre coltivato il grande desiderio di scomparire da tutta l'ipocrisia del mondo."
Il Maestro è il protagonista del secondo racconto, ma sono numerosi i comprimari della vicenda che si interrogano sulla ragione per farla finita o continuare a vivere. La stessa storia viene narrata da più punti di vista.
"Sulla tela dell'esistenza l'atto di nascita ha tracciato un disegno che deve essere colorato."
Kaciniewscki è il protagonista della terza memoria.
"Il mio nome è Kaciniewscki, non sono polacco, non faccio ginnastica artistica, non conosco Papa Woity.
La storia è fatta di errori. La mia vita inizia con un grandissimo equivoco. Quel maledetto vizio di mio padre di bere whisky alle nove di mattina. Quei deficienti dell'ufficio anagrafe."
Un caleidoscopio di personaggi caratterizza il quarto racconto "Cuore d'anatra". E voglio condividere una citazione di questa memoria che credo abbia molto di autobiografico:
"Certo che avrei voluto giocare quelle maledette partite a pallone ma non mi volevano, ero troppo fragile, cadevo facilmente. Cosa mi rimaneva nel guscio della mia solitudine se non tentare almeno di scrivere? Scrivevo e correvo da mia madre a farle leggere quelle tristi parole, per sentirmi dire che erano belle, che erano dettate dal cuore."
Certamente non è un libro leggero. I quattro racconti sono introspettivi, vanno letti con attenzione, ma ne vale la pena. Pongono molti interrogativi sulla vita, la morte, la fede, la giustizia, l'empatia, la normalità (ma che cos'è la normalità?) e la follia.
Un libro dalla parte dei "diversi", contro l'omologazione.
Ho avuto l'impressione che l'autore scriva più per il piacere di farlo, con un effetto terapeutico per se stesso, non per compiacere, divertire o sorprendere il lettore. Risultato che ottiene comunque.
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★★★☆☆
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Qui l'intervista rilasciata da Marco Depentori a LibriCitando.
Il primo romanzo di Camilleri con protagonista Montalbano lo lessi molti anni fa, durante una vacanza in Sicilia.
La RAI aveva da poco iniziato a trasmettere gli episodi in tv. Io non avevo seguito la fiction, però ne avevo sentito molto parlare. Fu così che, in un'edicola nel ragusano, acquistai "La gita a Tindari". "La forma dell'acqua", primo episodio con protagonista Montalbano, era esaurito.
Di quel linguaggio inventato, in cui si mescola il siciliano all'italiano, mi innamorai subito.
Non senza difficoltà di comprensione all'inizio.
Anche la prosa di Camilleri mi catturò. In seguito lessi quasi tutti i romanzi e racconti con Montalbano protagonista e guardai anche tutti gli episodi televisivi.
"Riccardino" è stato scritto nel 2005, ma conservato per la pubblicazione dopo la morte dell'autore. Uscito l'anno scorso, non ho voluto leggerlo subito. Volevo essere pronta a chiudere definitivamente la storia del Commissario.
Purtroppo "Riccardino" di Andrea Camilleri non mi ha convinta, non mi è piaciuto. Ho trovato molto originale far interagire il Montalbano dei romanzi con il Montalbano della tv e l'autore.
Il finale però mi ha delusa. Mi aspettavo qualcosa di più geniale. Anche l'indagine non è niente di che.
Mi sa che leggerò i vecchi episodi di Montalbano che non ho ancora letto.
Voglio ritrovare Mimì Augello, galante e spregiudicato, Fazio, buono come era (non aggressivo come in questo ultimo romanzo), Livia, lagnosa e sdolcinata e la bella e sfrontata Ingrid e soprattutto il Salvo Montalbano perspicace, intuitivo, intelligente, incorruttibile e audace che Camilleri ci ha tanto fatto tamare.
L'unico personaggio che in "Riccardino" si trova immutato è Catarella, imbranato e divertente come sempre.
" «Dottori, c'è il profissori e autori, quello che abita a Roma, che ci voli parlare di pirsona pirsonalmenti».
Che fari? Mannarlo a catafottirisi? Ma quello, testa di calabrisi, non avrebbi mollato, capace che l'avrebbi acchiamato a Marinella a notti funnuta.
«Passamillo».
“Ma quelli che abitano nella via interessata al fatto di sangue sono tutti lì, affacciati ai balconi e alle finestre, per vedere che cosa succede. Quindi, appena Montalbano scende dalla macchina, subito sente un dialogo “aereo” sulla sua testa, un dialogo che lo riguarda.
«U Commissario arrivò!».
«Cu? U Commissario?»
«Sì, Montalbano!».
«Ma cu, chiddru de la televisione o quello vero?».
Tutto questo fa subito girare le scatole al Commissario. Montalbano infatti non sopporta di essere scambiato per il suo alter ego”.
★★★☆☆
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Ho chiuso gennaio in bellezza con la lettura della splendida "Autobiografia di Petra Delicado" che descrive una donna dura e dolce al tempo stesso, dalla personalità complessa. Anche il nome scelto per la sua eroina dall'autrice, Alicia Gimenez-Bartlett, sta ad indicare questa ambivalenza.
Chi è Petra Delicado? Senza svelare troppo, per chi non la conoscesse già, Petra è un'ispettrice di polizia, al terzo matrimonio, con un passato da avvocatessa e approdata in Polizia non più giovanissima. Assegnata alla sezione omicidi, svolge le sue indagini con il vice ispettore Fermin Garzon, con cui forma una coppia davvero ben assortita.
Io ho amato Petra Delicado fin dal primo romanzo con lei protagonista e ho letto tutti gli episodi e racconti gialli in cui compare.
Non so se Alicia Gimenez-Bartlett ci regalerà ancora appassionate indagini con Petra e Fermin. Lo spero. Forse scriverà il romanzo che risolve il caso a cui accenna al termine della biografia. Se non sarà così, avrà chiuso la serie con una bellissima introspezione nella vita della protagonista, e forse a qualcuno verrà la voglia di rileggere le sue avventure. A me è venuta.
Chissà, forse Alicia in futuro scriverà anche l'autobiografia di Fermin Garzon. Non sarebbe una brutta idea.
CURIOSITA': Nel 1999, in Spagna, dai gialli in cui è protagonista Petra Delicado è stata tratta una serie televisiva, mai tradotta in italiano.
Nel 2020 è andata in onda su Sky una miniserie con Paola Cortellesi nei panni dell'ispettrice, ma ambientata a Genova e con protagonisti italiani. Su questa fiction non posso esprimere un parere. Non l'ho guardata, convinta che una trasposizione così alterata (ambientata a Genova, anzichè a Barcellona e con protagonisti italiani anzichè spagnoli) mi avrebbe delusa.
"Sono orgogliosa della mia carriera finora? Non lo so, può darsi. Ma, con soddisfazione o meno, sono diventata una vera poliziotta. Dove non c'era una vocazione chiara ora c'è una convinta paladina della legge. Non voglio fare altri bilanci."
"Dopo anni di reciproca compagnia, Garzon per me è l'amicizia allo stato puro."
★★★★☆
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Ho incontrato Fabio Stassi al Festival Intermittenze di Riva del Garda l'anno scorso.
Io adoro i festival letterari. Si incontrano gli autori dei libri e si viene a conoscenza di aneddoti e curiosità che altrimenti sarebbe difficile scoprire e che spesso aiutano a comprendere meglio ciò che si legge.
Intermittenze si svolge a due passi da casa mia e io non mi perdo nemmeno una presentazione, siano autori che conosco che scrittori di cui non ho ancora letto nessun romanzo.
Di Fabio Stassi non avevo letto nulla e con molta curiosità ho ascoltato il suo racconto sulla nascita del personaggio di Vince Corso (insegnante precario, con problemi sentimentali ed economici, che si inventa la professione di biblioterapeuta) e del suo ultimo romanzo "Uccido chi voglio" (terzo episodio della serie).
Un detenuto albanese rivelò allo scrittore, in un incontro in carcere, il significato del soprannome della sua famiglia, Vrascadù. La nonna gli aveva raccontato che significava braccia cadute (vras cadù). In realtà è una frase arbëreshë (Stassi ha origini albanesi) che significa: uccido chi voglio.
Superato l'imbarazzo per la rivelazione, Stassi lo trovò un titolo perfetto per un romanzo giallo.
Il detenuto scrisse il significato della frase su un bigliettino che Stassi conserva ancora nel portafogli.
Inutile dire che questa presentazione mi ha molto incuriosito e mi è venuta voglia di conoscere Vince Corso.
Non mi piace iniziare a leggere una serie dall'ultimo romanzo e quindi ho letto il primo: "La lettrice scomparsa", pubblicato nel 2016 e vincitore del Premio Scerbanenco come miglior giallo-noir italiano dell'anno.
La vicina di casa di Vince è scomparsa e il marito è accusato di omicidio. Il biblioterapeuta si improvvisa detective e comincia a studiarla attraverso i libri che leggeva fino a convincersi che la lettrice scomparsa sta scrivendo una storia che soltanto lui potrà comprendere.
Romanzo adatto solo a veri appassionati lettori, altrimenti potrebbe risultare pesante.
Innumerevoli sono i consigli di lettura e le citazioni del protagonista che denotano conoscenze letterarie sconfinate dell'autore.
Io ho preso nota di numerosi romanzi da leggere.
È un giallo un po' atipico. E la scrittura particolare. A tratti si ha l'impressione che la trama del romanzo si mescoli con le trame dei libri consigliati da Vince Corso.
È un romanzo non di puro svago, ma che spinge alla riflessione.
"Svanire, non lasciare niente dietro di sé, nessun recapito, nessun bene, è una soluzione di gran lunga preferibile al suicidio. Se ci si vuole davvero separare da un uomo o da una donna e da un'intera esistenza bisogna dissolversi, non essere più l'indirizzo di nessuno, rinunciare alla pretesa di ricevere o mandare messaggi. Scomparire è il solo modo per lasciare veramente qualcuno. Per lasciarlo libero, intendo, e non continuare a esercitare intorno a sé altre insane forme di controllo o di ricatto, come alcuni fanno anche dopo la morte."
★★★☆☆
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