Ho letto "L'incubo di Hill House" con il gruppo di lettura online di "Immersioni letterarie".
Un libro che non avrei scelto personalmente. Non avevo mai letto nulla classificato come genere horror.
In realtà si tratta di un romanzo gotico con atmosfere cupe e misteriose che generano tensione.
Mi ha incuriosita, ma non spaventata.
E sono contenta di averlo letto.
Partecipare ai gruppi di lettura o fare il giurato per i tornei letterari mi piace, perché mi fa esplorare generi che altrimenti non sceglierei.
Tra i protagonisti del romanzo, oltre ai quattro personaggi principali, io citerei anche la casa.
Da Hill House parte l'incipit e con Hill House termina il libro, quasi a chiudere un cerchio.
Ciò che accade lì dentro è inquietante, però io non ho trovato la casa respingente. Chi l'ha abitata l'ha resa "stregata".
Hill House è una villa solitaria, costruita ottanta anni prima dei fatti narrati e che ha la fama di essere una casa infestata.
Il professor John Montague è un antropologo, studioso dei fenomeni paranormali.
Affitta Hill House per tre mesi con l'intento di dimostrare gli effetti delle interferenze paranormali.
Eleanor Vance ha 32 anni, ha passato gli ultimi 11 anni ad assistere la madre invalida. Non è mai stata felice nel corso della sua vita adulta. Ritenuta responsabile di un evento paranormale avvenuto quando aveva 12 anni, viene per questo contattata dal professor Montague e invitata a Hill House.
Lì si sente a casa, finalmente membro di una famiglia, nonostante tutto...
Theodora è un'artista, si firma Theo.
Viene inserita nella lista del professor Montague per il suo sesto senso molto spiccato.
Luke Sanderson è il nipote della proprietaria di Hill House. Viene descritto come un giovane bugiardo e ladro.
La scrittura di Shirley Jackson rapisce il lettore come Hill House sembra impedire a chi entra di fuggire. Il romanzo mi ha creato però delle aspettative che non ha mantenuto. Ho trovato il finale sbrigativo.
L'autrice, americana, molto apprezzata soprattutto per i suoi racconti ambientati nei paesini americani (tanto da essere stata perfino fonte di ispirazione per Stephen King) è morta giovane. Era sposata con un professore, ha avuto 4 figli e una vita borghese e infelice, a cui si ribellava scrivendo, bevendo e fumando.
Ne "L'incubo di Hill House" c'è sicuramente qualcosa di autobiografico.
È recentemente uscito in America il biopic sull'autrice. In Italia non ancora.
Dal romanzo sono state tratte due trasposizioni cinematografiche e, di recente, una serie tv, dalla trama però poco fedele.
"Quanto a Hill House, che sana non era, si ergeva contro le colline, chiusa intorno al buio; si ergeva così da ottant'anni e avrebbe potuto continuare per altri ottanta. Dentro, le pareti salivano dritte, i mattoni si univano con precisione, i pavimenti erano solidi, e le porte diligentemente chiuse; il silenzio si stendeva uniforme contro il legno e la pietra di Hill House, e qualunque cosa si muovesse lì dentro, si muoveva sola."
★★★☆☆
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Ho letto "La città dei vivi di Nicola Lagioia" con un gruppo di lettura on line (Immersioni letterarie).
Non si tratta di un romanzo, purtroppo, ma di una storia vera. Un omicidio (apparentemente senza movente) avvenuto 4 anni fa a Roma.
Devo ammettere che, a differenza dell'autore, non avevo per nulla seguito il caso. Non sono molto attirata dalla cronaca nera. L'unica volta in cui mi è capitato di seguire, quasi morbosamente, un fatto del genere è stato con l'omicidio del piccolo Samuele a Cogne. In quell'occasione cercavo di comprendere cosa fosse successo. Ero una giovane mamma e desideravo che la madre risultasse innocente. Volevo un "mostro fuori casa". E, in quel caso, mi sono posta la domanda se sarebbe potuto succedere a me.
Nicola Lagioia pone proprio questa domanda nel suo libro: noi speriamo sempre di non avere la sfortuna di essere vittime di un delitto, ma ci poniamo mai la domanda se potremmo essere noi il carnefice?
Questo libro è scritto benissimo. Descrive alla perfezione, dopo un lunghissimo lavoro di ricerca e indagini, in quale ambiente é maturato l'omicidio. Dipinge Roma basandosi su una conoscenza personale della città, per cui nutre un sentimento di profondo amore/odio.
L'autore ci racconta la vita dei tre ragazzi coinvolti: Manuel Foffo, Marco Prato e Luca Varani. Ce li descrive attraverso le loro deposizioni, le interviste rilasciate, gli atti del processo, le perizie e i ricordi di amici e parenti. E non ci risparmia nemmeno le parti più crudeli di quanto avvenuto. Sicuramente si è trattato di un dramma per tutti, nessuno escluso.
Nicola Lagioia si apre intimamente con i lettori, raccontando anche fatti personali del suo passato riemersi nella sua mente in seguito a questi avvenimenti.
Io sono stata a Roma moltissimi anni fa. Ho trascorso tre giorni da turista. L'ultimo giorno, subito prima di lasciare la città, in un parcheggio qualcuno ha aperto la mia auto, ha frugato nelle mie valigie, ha rubato le cose di valore. Questo episodio mi ha lasciato l'amaro in bocca e a Roma non sono più tornata.
Leggendo questo libro ho avuto la conferma che, seppure bellissima, io a Roma non potrei mai vivere. Il caos, la confusione, i malfunzionamenti, il degrado non fanno per me. Io ho bisogno di un ambiente più pulito,ordinato, come quello che Nicola Lagioia ha trovato a Torino, ma da cui fugge, appena può, per tornarsene nel caos di Roma.
Tutti temiamo di vestire i panni della vittima. Viviamo nell'incubo di venire derubati, ingannati, aggrediti, calpestati. E' più difficile avere paura del contrario. Preghiamo Dio o il destino di non farci trovare per strada un assassino. Ma quale ostacolo emotivo dobbiamo superare per immaginare di poter essere noi, un giorno, a vestire i panni del carnefice? E' sempre: ti prego, fa che non succeda a me. E mai: ti prego, fa' che non sia io a farlo."
"Ci sono genitori persuasi che i figli siano irrimediabilmente dei perdenti, altri credono di aver messo al mondo dei geni, o più modestamente delle creature incapaci di sbagliare. Questo tipo di cecità può esasperare, ma in casi estremi muove a compassione."
★★★★★
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Sara Rattaro, laurea in biologia e successivamente in scienze della comunicazione, autrice di numerosi romanzi, pubblica nel 2012 "Un uso qualunque di te", che raggiunge il successo in poche settimane e viene tradotto in molte lingue.
In una famiglia benestante e apparentemente serena una telefonata nella notte risveglia in Viola i sensi di colpa e le inquietudini che da anni le vivono dentro. La figlia Luce è ricoverata in gravi condizioni in ospedale. Il colloquio col chirurgo porta a galla un segreto seppellito per anni.
L'inizio mi ha ricordato "Non ti muovere" di Margaret Mazzantini.
Un romanzo tristissimo, commovente e riflessivo. Un pugno nello stomaco. Respinge ed attira allo stesso tempo. Ti fa arrabbiare e poi ti mette in empatia con la protagonista.
Mia mamma mi recita spesso un proverbio in dialetto: "Na mama per straza che la sia l'è pur sempre na mama". La saggezza popolare ci ricorda che è meglio una mamma poco presente che l'assenza di una mamma. Viola dimostrerà il suo amore infinito per la figlia.
Vale la pena leggerlo. Fa riflettere sui rapporti di sangue, e non, e sull'amore.
"Non è colpa di nessuno e non esiste un modo giusto per amare qualcuno soprattutto se questo ti dà, comunque, più di quanto ti toglie."
★★★☆☆
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"Le parole di Sara" di De Giovanni è un noir nella cui trama si mescolano giochi di potere, investigazioni e politica. È il secondo romanzo con protagonista Sara Morozzi, detta la Mora, ex dipendente dei servizi segreti addetta alle intercettazioni che, dopo essersi innamorata del capo, lascia marito e figlio. In seguito Sara abbandona prematuramente anche il lavoro per assistere il compagno malato. Dopo aver perso lui per malattia e il figlio in un incidente, Sara resta legata alla vita grazie al nipotino e a qualche indagine informale.
Ne "Le parole di Sara", la protagonista si trova ad indagare sulla sparizione di un giovane stagista che lavorava per l'unità di indagine di cui faceva parte.
Il libro è scritto bene, ma non l'ho trovato particolarmente avvincente, forse perché l'autore descrive più gli aspetti psicologici dei protagonisti che non i fatti e le indagini.
Sara è un personaggio originale, una "giustiziera". Per lei io non sono riuscita a provare simpatia. Ho amato di più Davide Pardo, ispettore che segue le indagini con Sara, e Viola, fotoreporter e compagna del figlio di Sara da cui ha avuto un bambino. Li ho trovati più credibili. Sara vive in un suo mondo fatto di dolore e ricordi.
Questa recensione è stata pubblicata sul blog letterario di Robinson della Repubblica.
"Vedi, Viola? A volte bisogna decidere se fidarsi della mente o dell'istinto. I ragionamenti non indicano sempre la strada giusta da prendere. Il cuore, invece, sì. Le parole più sagge, alla fine, le dice proprio il cuore."
★★☆☆☆
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"Il guaritore" di Brollo è un libro ansiogeno quanto un thriller, una storia forte, quasi horror, seppur raccontata in modo lieve. Impossibile non provare empatia per Carlo, evirato da bambino per mantenere la sua splendida voce bianca e sottoposto a vere e proprie torture fisiche e psicologiche per cancellare la sua memoria e modificarne il fisico.
Il romanzo è scritto bene, è avvincente, tuttavia l'ho trovato respingente. Mi ha suscitato gli stessi sentimenti di "Non mi lasciare" di Kazuo Ishiguro: pena per il protagonista e orrore per la storia narrata (liberamente ispirata alla vita del cantore settecentesco Farinelli, seppur ambientata ai giorni nostri).
Questa recensione è stata pubblicata sul blog del torneo letterario di Robinson della Repubblica.
"Aveva imparato una cosa molto importante e che il suo Maestro non gli aveva mai insegnato. Che non c'è solo la musica a questo mondo che può salvare e aiutare a guarire. Ma ci sono anche le parole che, senza altri suoni se non la loro stessa pronuncia, sanno trasportarci in alto e lontano."
★★★☆☆
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Ho sentito molto parlare di Barbara Baraldi, autrice italiana di numerosi thriller, romanzi per ragazzi e sceneggiature di fumetti. Anche la mia collega Francesca ne parla molto bene. Incuriosita, ho letto questo racconto ("La sconosciuta") per conoscerla. Un ottimo "antipasto" per prossime letture.
La Baraldi, in pochissime pagine, è capace di creare l'atmosfera di un thriller psicologico che ti tiene incollato fino alla fine del racconto, ambientato a Modena, all'ombra della Bonissima, statua simbolo della città. Quando si muore si rimane nei ricordi di chi ci ha amato. Ma se nessuno ci ama?"
★★★★☆ 🍋 limone scopri come valuto i libri