Sono stata a Berlino alcuni giorni. Il compleanno (diciotto anni) di mio figlio è stata l'occasione che mi ha portato lì. Lui si trova nella capitale tedesca per un periodo di studio/lavoro (Erasmus+).
La mia prima impressione non è stata delle migliori. Sono sbucata dalla metropolitana, proveniente dall'aeroporto, direttamente ad Alexanderplatz a mezzogiorno di una giornata caldissima. L'afa e il grigio dell'asfalto e del cemento mi hanno impressionato negativamente. Anche la pulizia lascia un po' a desiderare.
Passato lo choc iniziale, ho iniziato a guardarmi intorno.
La città è multiculturale, aperta e accogliente. La gente è ospitale, cortese e volenterosa di farsi capire, sforzandosi anche di parlare qualcosina di italiano.
Non vi tedierò raccontandovi nel dettaglio il mio tour della città. Ho visitato ovviamente i luoghi più famosi: Alexanderplatz e la torre della televisione, l'elegante Unter den Linden, la porta di Brandeburgo, Potsdamerplatz, l'isola dei musei, il duomo, il Reichstag, la stazione centrale e quella dello zoo di Berlino, il check point Charlie, il Castello di Charlottenburg e il monumento alle vittime dell'olocausto.
Berlino per me, prima ancora di essere la città del "muro", rimane la città "dei ragazzi dello zoo di Berlino".
Ho letto il libro di Christiane F. e visto il film giovanissima, forse troppo, e quella vicenda mi ha colpita profondamente: un vero e proprio pugno nello stomaco, ma mi ha anche insegnato molto.
Per chi non conosce la storia, la riassumo brevemente (anche se credo che, esclusi i giovanissimi, tutti ne abbiano per lo meno sentito parlare).
Il libro è stato scritto da due giornalisti che hanno raccolto la testimonianza di Christiane Vera Felscherinow, una giovanissima ragazza di Berlino entrata nel tunnel della droga a 14 anni e legata sentimentalmente ad un tossicodipendente. Christiane inizia molto presto a prostituirsi per procurarsi la droga e cerca più volte, senza successo, di disintossicarsi.
Il libro punta il dito contro la società tedesca, incapace di creare luoghi di aggregazione giovanile e di aiutare chi si trova in difficoltà.
Non molti anni fa, Christiane ha raccontato in un secondo libro il seguito della sua vita.
A Berlino ho visitato i luoghi frequentati da quei ragazzi, la zona della stazione dello zoo di Berlino, in cui i protagonisti andavano a prostituirsi per racimolare i soldi per comprarsi la droga.
Ho visitato anche un altro sito legato alla letteratura: Bebelplatz, famosa per il rogo dei libri avvenuto il 10 maggio 1933, quando furono dati alle fiamme oltre 20.000 libri di autori censurati dai nazisti, come Karl Marx, Heinrich Heine e Sigmund Freud.
In ricordo del rogo c'è un memoriale sotterraneo realizzato nel 1995 dall'artista israeliano Micha Ullman. Per vederlo bisogna avvicinarsi al centro della piazza e cercare una lastra trasparente inserita nella pavimentazione. Purtroppo la lastra è molto sporca e l'opera si scambia facilmente per una bocca di lupo.
Era molto più bella e scenografica la "torre di libri" installata da una società di comunicazione in occasione dei Mondiali di calcio del 2006, poi smantellata.
Molto vicino a Bebelplatz, lungo il corso Unter den Linden, si trova la Biblioteca nazionale di Berlino, nella quale sono custoditi più di 11 milioni di libri.
Berlino è stata quasi interamente ricostruita dopo la seconda guerra mondiale. È una città moderna e culturalmente molto ricca.
Ho assistito alla presentazione del libro autobiografico "Flash" di Marcell Jacobs, campione olimpico nel 2021 a Tokyo nei 100 metri, al Salone del libro di Torino 2022.
Solitamente chi scrive un'autobiografia da giovane, nel pieno della carriera, mi infastidisce, perché tendo a catalogare la pubblicazione dell'opera come un puro sfruttamento commerciale di un'impresa.
La presentazione di Marcell Jacobs mi è piaciuta. Mi è parso umile, simpatico, intelligente e maturo. Un bel personaggio con un passato da raccontare, seppure molto giovane.
Una volta tornata a casa, ho messo da parte i miei pregiudizi verso le biografie degli atleti in attività ed ho letto "Flash".
In realtà non è una biografia, è il racconto della finale olimpica e di ciò che ha permesso a Marcell di trionfare.
Il suo passato, le sue sconfitte e la sua forza di volontà e la capacità di affrontare i dolori e gli insuccessi sono alla base del risultato ottenuto. Una vittoria che è il punto di partenza di una vita ancora tutta da vivere, nonostante 3 figli e una finale olimpica già vinta.
Cresciuto con i miti di Carl Lewis, Andrew Howe e Usain Bolt, lancia un messaggio ai giovani: se avete un sogno cercate di realizzarlo, con impegno, sacrifici e senza perdere di vista la meta. Racconta di trascorrere lunghi periodi lontano da casa, di sottoporsi a molti sacrifici, ma di restare sempre concentrato sull'obiettivo.
Mi è piaciuto molto il suo discorso a Torino circa la perfezione che va perseguita sempre, anche se è praticamente impossibile raggiungerla, ma ci si può avvicinare.
Marcell attribuisce il merito del suo successo sportivo allo staff di allenatori, fisioterapisti, mental coach che lo seguono, mentre la colpa quando le cose vanno male è solo sua.
Nel libro Marcell Jacobs si mette a nudo raccontando dei suoi blocchi psicologici e del timore reverenziale che nutriva verso Filippo Tortu e del peso delle aspettative altrui. Che brutta cosa i timori reverenziali e le aspettative altrui... Bloccavano anche me da giovane. Non ho avuto, come lui, un mental coach che mi ha aiutata, ci sono riuscita da sola a sbloccarmi, ma dopo anni in cui mi presentavo in pista da favorita e nelle gare più importanti c'era sempre qualcuna che mi batteva ...le altoatesine in particolare. Avevo timore reverenziale verso le altoatesine. Lo sapevo. Lo avevo capito. Riuscivano sempre a rovinarmi la festa. La svolta in un campionato regionale assoluto sugli 800m a Rovereto in una caldissima serata estiva.
Ai 200m dalla fine ero seconda. La prima, altoatesina, cambia marcia e mette tra me e lei qualche bel metro di distacco. A bordo pista il mio amico Mariano mi urla di cambiare ritmo, che posso riprenderla. Scarica di adrenalina, inizio la progressione, la avvicino sempre più, mi convinco di potercela fare, la supero sull'arrivo. La vittoria mi sarà assegnata al fotofinish. Ho vinto tante altre gare, ho fatto risultati cronometrici migliori , ma quella resta la mia gara più importante, quella che mi ha dato più fiducia nelle mie capacità.
"Flash" mi è piaciuto, perché anche se non siamo campioni olimpici, possiamo identificarci nei pensieri e nelle difficoltà di Jacobs. Ai giovani atleti la lettura potrebbe addirittura essere utile per riconoscere, affrontare e superare problematiche loro.
Complimenti a Marco Ventura che ha supportato Marcell Jacobs nella stesura dei testi.
"Se non sai chi sei per davvero, se non capisci le sofferenze o le mancanze che hai avuto, se non conosci il tuo valore come essere umano, è matematicamente impossibile che tu riesca a mettere in pista tutto quello che serve per distruggere i tuoi muri."
★★★★☆
🍾 spumante
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foto Salone del libro di Torino
"La figlia oscura" è un brevissimo romanzo di Elena Ferrante caratterizzato da un profondo scavo psicologico.
Leda è un’insegnante, divorziata, madre di due ragazze grandi. Rimasta sola a casa, in un'estate in cui le figlie hanno deciso di trascorrere del tempo col padre in America, la protagonista parte per una vacanza al mare in un paesino del sud.
Dopo i primi giorni tranquilli, l’incontro con una chiassosa famiglia scatena una serie di spiacevoli eventi.
Il romanzo prende il ritmo di un thriller. L'atteggiamento della protagonista diventa inquietante. I ricordi del suo passato difficile emergono.
Leda, la protagonista, è una mamma che ha avvertito come schiacciante il peso della responsabilità di essere madre. Ed ora che le figlie sono grandi e lontane si sente sollevata. Si sente però in colpa di provare questo sentimento di sollievo.
Leda amava le sue figlie, ma ha vissuto male la condizione di madre. Si sentiva non più libera, limitata nella possibilità di fare carriera.
Si tratta di una protagonista respingente. Caratteristiche solitamente presenti negli antagonisti.
Ho trovato un personaggio simile in "Questo giorno che incombe" di Antonella Lattanzi.
E' il primo romanzo che leggo di Elena Ferrante. L'ho trovato interessante e molto ben scritto.
La volontà dell'autrice di mantenere la sua identità sconosciuta, usando uno pseudonimo e non rivelandosi mai, nemmeno dopo l'enorme successo ottenuto, mi avevano reso antipatica la scrittrice (o scrittore?) e non avevo mai letto, prima d'ora, nulla di scritto da lei. L'occasione si è presentata con un gruppo di lettura. Mi dispiace molto non conoscere la biografia dell'autrice, perchè solitamente io mi documento sulla vita dello scrittore e spesso ciò mi aiuta a comprendere meglio le sue opere.
Parlando con una mia amica psicologa di questa opera, di cui lei ha visto la trasposizione cinematografica, abbiamo concluso che molto debba esserci di autobiografico in questo romanzo, per il modo in cui è scritto, per la particolarità di alcuni dettagli che difficilmente possono essere descritti se non vissuti. La nostra idea è che Leda sia stata ispirata dalla madre della scrittrice. Chissà, forse un giorno scopriremo se la nostra tesi è corretta.
"All'origine c'era un mio gesto privo di senso del quale, proprio perchè insensato, decisi subito di non parlare con nessuno. Le cose più difficili da raccontare sono quelle che noi stessi non riusciamo a capire."
★★★☆☆
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🥃 amaro digestivo
L'autore del romanzo fantascientifico "La finale olimpica" è Marco Giacomantonio, docente universitario di Economia Aziendale e atleta agonista (vanta sui 100m il primato di 10"7).
La prefazione è di Andrea Benatti e la postfazione di Salvino Tortu, entrambi amici dell'autore e conosciutissimi nel mondo dell'atletica. Il primo, atleta master agonista e co-fondatore del notissimo sito web "Queen Atletica" e il secondo, allenatore e padre del fortissimo sprinter azzurro Filippo Tortu.
Grande amante della letteratura fantascientifica, Marco Giacomantonio, prima di "La finale olimpica", ha pubblicato altri due romanzi dello stesso genere: "Più veloce della luce" e "Fantasia - Improvviso".
"La finale olimpica" è stato scritto e pubblicato prima della vittoria di Marcell Jacobs alle Olimpiadi di Tokyo nei 100 metri piani (primo italiano nella storia a riuscirci), quindi si può dire che questo romanzo sia stato di buon auspicio per Marcell.
I personaggi sono quasi tutti realmente esistenti e gli eventi narrati si svolgono durante le Olimpiadi di Las Vegas del 2092.
Alessandro, il protagonista del romanzo, durante la semifinale olimpica dei 100m si infortuna ed è costretto a disertare la finale. Dopo anni di sacrifici e duro allenamento, il sogno di una vita sembra svanire.
Forse però c'è un'altra possibilità: attraversare il tempo e lottare per la medaglia.
In verità il viaggio nella quarta dimensione non è ritenuto possibile nemmeno nel XXI secolo e anche se lo fosse, Alessandro si interroga sulla correttezza nei confronti degli altri concorrenti.
Correrà Alessandro la finale olimpica?
Un romanzo fantascientifico ambientato nel mondo dell'atletica leggera, in cui le nuove tecnologie non hanno intaccato quelli che sono sempre stati i valori fondanti di questo sport: passione, sano agonismo e una continua sfida con sé stessi.
Dopo un primo momento di spaesamento dovuto al fatto di non avere mai letto nulla di fantascientifico e non essere quindi abituata a fare i conti con multiverso, nanotecnologie e connessioni mentali, mi sono divertita un sacco. Il romanzo è avvincente e simpatico.
Da ex atleta sono stata totalmente catturata dalla finale olimpica. Conosco molto bene quelle che sono le sensazioni, i riti e i pensieri pre e post gara. Un mondo, quello delle gare, che mi manca molto. Non mi dispiacerebbe poter fare un salto temporaneo in un mondo parallelo in cui poter di nuovo gareggiare.
"L'atletica, come tutti sappiamo, è uno sport individuale: in gara sei da solo contro tutti e, anche in occasioni come le staffette o i campionati a squadre, è comunque la prestazione del singolo ad essere sotto i riflettori. Tuttavia, qui come nella vita, il lavoro in team è fondamentale: fare parte di un gruppo affiatato aiuta a crescere, a migliorare, a imparare gli uni dagli altri. Motiva e sprona a perseguire gli obiettivi con tenacia e determinazione."
★★★☆☆
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🍨 mousse alla fragola
Ho intervistato Marco Giacomantonio in occasione di un meeting di atletica svoltosi ad Arco (TN).
Oggi siamo rientrati a casa. Gli impegni di studio e lavoro ci chiamano! Finisce il nostro weekend letterario. Un viaggio lungo e stancante, ma ne è valsa sicuramente la pena.
Al Salone si respira ancora il profumo dei libri di carta e nel "bosco degli scrittori", allestito quest'anno all'Oval, si può assistere alle presentazioni seduti su dei tronchi di albero e circondati da piante di numerose specie. Amore per la letteratura, quindi, con un occhio di riguardo per l'ambiente. Alberto Angela diceva ieri che i giovani di oggi hanno sicuramente maturato molta sensibilità al riguardo. È la generazione degli adulti che rischia di fare scelte dannose.
Tra gli stand degli editori e fuori dalle sale in cui avvengono le presentazioni ci si imbatte frequentemente in assembramenti di persone in fila per una firma o una dedica su un libro o per un selfie con l'autore.
Io e Matteo abbiamo incontrato Zerocalcare, ma due ore di fila per un "disegnetto" - come dice lui - ci sembravano troppe.
Matteo è riuscito invece a farsi autografare il libro di Federico Rampini. Tra i pochi giovanissimi presenti all'incontro, Matteo si è "fiondato" fuori dell'Auditorium velocissimo al termine della presentazione, riuscendo a posizionarsi in prima posizione al banchetto degli "autografi e dediche".
All'incontro con Rampini io non ero presente - ero da Marcell Jacobs. Dovrebbe parlarvene lui. Ho cercato di convincerlo a scrivere sul mio blog (lui gestisce il blog Arcopoesia, fondato dal nonno - lo aiutava quando era in vita e ora che non c'è più sta cercando di mantenerlo attivo), ma lui ha declinato l'invito. Riassumerò quindi brevemente quanto mi ha raccontato.
Al Salone Federico Rampini, giornalista e saggista, è venuto a presentare il suo ultimo libro, uscito a marzo, "Suicidio occidentale".
Nel saggio Rampini afferma che il problema che affligge oggi l’Occidente - in particolare gli Stati Uniti - è l’autodistruzione della propria identità culturale, anche attraverso un eccesso di politicamente corretto.
La colpa "occidentale" è quella di essere arrivati all'autodistruzione, partendo da un disarmo culturale.
Per l'autore, l'ideologia dominante che viene diffusa da media, università, cultura di massa mira a demolire la nostra autostima occidentale, portandoci a colpevolizzarci e piangerci addosso, senza proporre più valori al mondo o alle nuove generazioni.
Ciò che ci resta sembrano essere solo crimini da espiare. Da qui nasce quindi il suicidio occidentale.
Non mi sbilancio in merito a questa teoria che mi sembra eccessivamente pessimista. Ad ogni modo fa pensare.
In conclusione, penso abbia ragione Matteo. "Abbiamo organizzato tutto bene, non abbiamo fatto code, abbiamo incontrato chi ci interessava incontrare. Ne è valsa la pena."
Chiudo con due video. Alberto Angela che spiega cos'è per lui la divulgazione e Roberto Bolle che racconta quando è nata la sua passione per la danza.
Per noi il Salone del libro finisce qui...alla prossima edizione!
Oggi il Salone del libro di Torino era affollatissimo.
Fortunatamente i pass ci hanno consentito di entrare senza fare la fila (lunghissima) e un pochino in anticipo.
Girare tra gli stand semivuoti, incontrare qualche amico editore (Lorenzo Bernasconi, scrittore ed editore rivano di Isenzatreguaedizioni, per esempio), fare la foto davanti alla "torre dei libri", senza subire gli effetti negativi della calca, sono privilegi che abbiamo saputo sfruttare bene.
Poi il giro tra gli stand e i firmacopie tra fiumane di persone con lo stesso obbiettivo.
Il pranzo (un trancio di pizza e un panino pagati in token - la moneta del Salone) ci è costato quanto un apericena in piazza San Marco o davanti alla fontana di Trevi.
Poi via di corsa all'Auditorium a seguire i "big" che avevamo prenotato, altrimenti si fanno ore di fila senza avere la certezza di poterli sentire.
Quest'anno io e Matteo avevamo scelto di ascoltare Alberto Angela, Marcell Jacobs, Federico Rampini (solo lui) e Roberto Bolle (solo io).
Alberto Angela è meno bello di come lo si vede in televisione, ma molto più simpatico.
L'incontro è stato interessante. Angela non si nasconde e molto chiaramente lancia un messaggio per salvare il pianeta: dobbiamo fare qualcosa tutti, altrimenti molto presto nella fascia tropici/equatore non ci sarà più possibilità di vita per l'uomo con conseguenti cospicue emigrazioni verso luoghi più ospitali.
Dice: "Noi abbiamo la fortuna di vivere nell'epoca in cui si sta meglio di tutta la storia dell'umanità e nel momento in cui l'ambiente è nel suo massimo splendore. Facciamo qualcosa perché questo non finisca."
Molti sono stati gli aneddoti raccontati riguardanti la sua attività di divulgatore.
La sua presenza era legata alla pubblicazione di una collana di libri che celebra il genio: le intuizioni, le invenzioni, le ricerche di uomini e donne capaci di scoperte rivoluzionarie che hanno cambiato il mondo e migliorato la vita di tutti.
Marcell Jacobs, campione olimpico nel 2021 a Tokyo nei 100 metri, a Torino è venuto a parlare del suo libro autobiografico "Flash".
Solitamente chi scrive un'autobiografia da giovane, nel pieno della carriera, mi infastidisce, perché tendo a catalogare la pubblicazione dell'opera come un puro sfruttamento commerciale di un'impresa.
Marcell Jacobs mi è piaciuto: umile, simpatico, intelligente e maturo. Un bel personaggio con un passato da raccontare, seppure molto giovane.
Cresciuto con i miti di Carl Lewis, Andrew Howe e Usain Bolt, lancia un messaggio ai giovani: se avete un sogno cercate di realizzarlo, con impegno, sacrifici e senza perdere di vista la meta.
Racconta di trascorrere lunghi periodi lontano da casa, di sottoporsi a molti sacrifici, ma di restare sempre concentrato sull'obbiettivo.
Mi è piaciuto molto il suo discorso circa la perfezione che va perseguita sempre, anche se è praticamente impossibile raggiungerla, ma ci si può avvicinare.
Marcell attribuisce il merito del suo successo sportivo allo staff di allenatori, fisioterapisti, mental coach che lo seguono, mentre la colpa quando le cose vanno male è solo sua.
Anche Roberto Bolle, primo ballerino al mondo a essere contemporaneamente Étoile del Teatro alla Scala di Milano e Principal Dancer dell'American Ballet Theatre di New York, come Marcell Jacobs, fin da bambino ha capito di avere un sogno e un talento.
A 12 anni supera il provino per la Scala e questo lo costringe ad allontanarsi da casa.
A 15 anni lo nota Nureev, ma la Scala gli impedisce di ballare per lui. Dice si sia trattato della sua unica occasione perduta, ma che, nonostante la delusione del momento, probabilmente è stato meglio così.
È stato un pioniere nel portare la danza in televisione, il balletto all'Arena di Verona e in altri teatri all'aperto e nelle piazze e nel rendere così la danza più popolare, meno d'elite.
Ogni giorno 1h30 di lezione più 5h di prove,
grandi sacrifici per lunghi periodi, prove difficili sostenibili solo grazie a grandi motivazioni.
Il tempo passa anche per lui, ma lo stile di vita, l'alimentazione, la cura del corpo lo aiutano a spostare in là il limite.
Sia Jacobs che Bolle affermano di essere pigri... Mah... Queste dichiarazioni non mi convincono. Probabilmente pretendono molto da loro stessi e vivono con la convinzione di non fare mai abbastanza.
Entrambi mi hanno dato l'impressione di non essere "solo muscoli", ma di avere anche "tanto cervello".
"Più testa che piedi" diceva Carla Fracci e Bolle conferma che il talento non basta per emergere.
Domani torniamo a casa, stanchi ma soddisfatti!
Lunga vita al Salone del libro!
Oggi splendida tappa di avvicinamento al Salone del libro di Torino (da Arco a Milano).
Due "cuori selvaggi" sono partiti in auto per raggiungere la stazione dei treni di Peschiera del Garda. Arrivarci dalla Gardesana è stato uno spettacolo: il lago e il cielo azzurrissimi, i borghi lacustri, le torri e le fortificazioni lungo la strada appagano la vista.
Il programma di oggi prevedeva la visita a Milano dello spazio Alda Merini ai Navigli. Mi aspettavo di poter entrare nella stanza da letto della poetessa, ricreata nell'ex tabaccheria frequentata da Alda, ora spazio sociale. Non nascondo di aver provato un po' di delusione nello scoprire che la camera è visibile solamente attraverso un vetro. Quindi la visita è stata rapidissima. Poi siamo arrivati a piedi fino al Duomo, passando per il Naviglio Grande, le colonne e la Basilica di San Lorenzo. In centro ci attendeva una sorpresa: il megapalco di Radio Italia e le prove del concertone di domani sera.
Ed ora siamo carichi per domani mattina. Ci attende una giornata speciale tra libri e personaggi famosi.
Pubblicato esattamente un anno fa in Italia, "Cattivi presagi" è il primo libro di una quadrilogia fantasy scritta (in inglese) da L.A. Di Paolo, italo americano, e tradotta in italiano da Paolo PILATI.
Il traduttore è originario di Arco di Trento. Appassionato di letteratura, poesia e musica, suona nella band Electric Circus. Attualmente vive a Torino.
A Settembre 2021 è uscito in Italia il secondo volume della serie: "Prima eruzione", sempre tradotto da Paolo Pilati.
Paolo, raccontaci come è avvenuta la scelta del traduttore da parte dell'autore.
L’autore, Libero A. Di Paolo, aveva pubblicato un annuncio sulla piattaforma online dell’Università Sapienza di Roma, JobSoul. Io ero in cerca di lavoro perché avevo da poco finito l’università e mi sono imbattuto in quell’annuncio.
A quel punto, Libero mi ha contattato e mi ha sottoposto a un test, facendomi tradurre il primo capitolo del romanzo. All’autore è piaciuta la mia traduzione e così abbiamo iniziato a collaborare.
Per prima cosa ho tradotto “Ronin” una mini-saga, che introduce personaggi che avranno un grande impatto sugli eventi che vivranno i personaggi del romanzo “Cattivi presagi”.
Che percorsi di studio, ma anche di vita, ti hanno portato a svolgere ora la professione di traduttore letterario?
Dopo aver fatto il liceo linguistico, ho continuato a studiare lingue all’università: Mediazione Linguistica in triennale e Traduzione come Laurea magistrale. La letteratura, in particolare quella straniera, è sempre stata una passione centrale nel mio percorso di studi (entrambe le mie tesi hanno trattato temi letterari), tuttavia non posso dire di essere un traduttore “letterario”. Questo perché il mio lavoro non è fatto di sola letteratura, o di cinema nel caso dei sottotitoli. Questi sono solo una piccola parte di quello che faccio e, sinceramente, sono contento così. Campare di sola letteratura è difficile e, purtroppo, non significa tradurre solo libri che piacciono. Per ora preferisco lavorare anche in ambiti diversi e tradurre libri e poesie quando e se mi va.
Il fantasy è un genere che amavi già prima di assumerti l'incarico di tradurre la quadrilogia di Di Paolo?
Parto dicendo che il Signore degli Anelli è un libro che avrò sempre nel cuore, grazie a mia madre che me lo leggeva quando ero bambino, e questa passione per Tolkien mi accompagnerà sempre. Detto questo, non posso dire di essere un amante del genere, ma d’altro canto non sono neanche un detrattore. Credo che, al di là dei pregiudizi, come ogni altro genere letterario il fantasy e la fantascienza (altro genere letterario manifesto nella saga di Di Paolo) hanno prodotto svariati capolavori e “mostri sacri”.
Si tratta di filoni letterari che appassionano molto le rispettive nicchie, ma che possono essere considerati anche un vero e proprio fenomeno di massa: in un modo o nell’altro, tutti quanti abbiamo avuto a che fare con storie fantasy o di fantascienza.
I traduttori svolgono un compito importantissimo e molto spesso per entrare meglio nella testa dell'autore studiano i suoi lavori precedenti, si confrontano con l'autore approfonditamente per interpretare bene le sue intenzioni e sovente accade che tra traduttore e autore nasca una vera e propria amicizia (Ilide Carmignani e Luis Sepulveda, per esempio).
Com'è il tuo rapporto con l'autore?
Io e l’autore abbiamo costruito un rapporto molto bello di amicizia. Lui ha origini italiane, quindi parla italiano e abbiamo avuto modo di conoscerci personalmente qui in Italia e di presentare pubblicamente il libro “Cattivi presagi” in spiaggia a Termoli, grazie ad Alta Marea Festival.
In fase di traduzione abbiamo avuto un confronto costante e abbiamo revisionato insieme su un file condiviso tutto il lavoro svolto nel corso dei mesi. Il fatto che l’autore sapesse l’italiano ha permesso a me di beneficiare del suo parere e di dissipare ogni mio dubbio interpretativo quasi in tempo reale e, viceversa, ha permesso a lui di incidere sul risultato finale e in certi casi, di migliorare l’orginale, dice lui.
Nella foto, da sinistra verso destra: Paolo Pilati, il traduttore, L.A. Di Paolo, l'autore, e Valentina Salierno che ha letto e riletto l'intero manoscritto per rimuovere errori e refusi.
Nel leggere "Cattivi presagi" mi sono chiesta se la versione originale in inglese abbia un linguaggio accurato come nella versione italiana. Ho sempre avuto l'impressione che la lingua inglese abbia una terminologia limitata rispetto all'italiano.
E l'uso del latino è presente anche nella versione inglese?
In realtà, anche se è difficile fare stime accurate, l’inglese parrebbe avere un lessico più esteso e flessibile rispetto all’italiano, in generale. Inoltre, l’autore in questo caso è piuttosto specifico nel differenziare ogni aspetto, usa spesso un linguaggio tecnico. Credo faccia parte del suo animo scientifico da biologo.
Quindi, la mia risposta alla prima domanda è che non penso sia così.
Tuttavia, potrei aver utilizzato più parafrasi e sinonimi per evitare le ripetizioni e i periodi più lunghi, che in italiano pesano molto di più. Questo perché nella nostra lingua in media le parole sono più lunghe e di conseguenza lo è il numero di accenti all’interno di una frase e anche il “tempo di lettura”. Perciò, in un certo senso, potresti avere ragione: è probabile che in italiano abbia usato più soluzioni a livello di lessico e struttura della frase. Ma se così anche fosse, l’ho fatto più che altro per necessità.
Il latino era presente anche nella versione originale del romanzo ed è un elemento interessante della storia e un collegamento, di cui però non posso rivelare molto. Mi limito a dire che le lingue hanno un ruolo importante all’interno della saga e che i libri della saga di Ronin potrebbero dare al lettore qualche risposta in più.
Parlaci dei tuoi prossimi lavori (se non sono progetti da tenere segreti) e delle tue passioni extra letterarie.
A livello letterario mi piacerebbe innanzitutto realizzare un articolo accademico sulla mia tesi magistrale, in cui era centrale un poeta anglo-indiano, Henry L.V. Derozio e la letteratura post-coloniale. Poi, vorrei finire di tradurre la saga di Di Paolo non appena sarà ultimata la versione inglese.
In secondo luogo, avevo iniziato a pubblicare alcune poesie da me tradotte nel blog sul mio sito professionale. Era anche una sorta di esercizio, che mi teneva vicino alla letteratura e mi permetteva di sperimentare (ad esempio, quando ho iniziato a studiare russo ho pubblicato una mia traduzione di Anna Akhmatova). Mi piacerebbe rianimare questo progetto, anche se forse dovrei trovare uno spazio più appropriato in cui dargli forma.
Infine, la musica è una delle mie passioni e con il mio gruppo (Electric Circus), stiamo lavorando a diversi progetti, tra cui l’uscita di brani nuovi, colonne sonore e concerti, e stiamo anche lavorando a una collaborazione con due musicisti del Mali.
Insomma, probabilmente ne ho per qualche anno!
Nella foto gli Electric Circus
Animali domestici: No.
Hobby e passioni: Musica e calcio.
Autori preferiti: Hermann Hesse, J.D. Salinger, Umberto
Eco.
Libro del cuore: Il Maestro e Margherita.
Film visto e rivisto: Il buono, il brutto e il cattivo.
Cantante, gruppo o genere musicale preferito: Daft Punk (difficile
sceglierne uno solo, ascolto un po’ di tutto).
Cibo a cui non sai dire di no: Carbonara e tiramisù.
Sport praticato: Calcio.
Pregi: Gentile, onesto, riflessivo.
Difetti: Impaziente, distratto, riflessivo.
Uscirà il 5 maggio il nuovo romanzo giallo di Milka Gozzer, "Occhio per occhio". È il secondo della serie "I delitti di Capriata", dopo "Torna a casa, Viola!"
È inutile che cerchiate il paese di Capriata su google, è un posto inventato dall'autrice, ma collocato tra luoghi reali della Valsugana e ispirato (forse) a Vetriolo Terme.
In "Occhio per occhio" ritroviamo i protagonisti di "Torna a casa, Viola!": il barista Stefano, Viola (la pecora del Camerun), la figlia Betty, il Sergente Garcia, gli amici Roberto e Terry e i frequentatori del bar di Capriata che mi ricordano un po' i simpatici vecchietti del BarLume di Marco Malvaldi.
Non è però necessario aver letto il primo volume per leggere il secondo. Ogni episodio è autoconclusivo.
"A Capriata pare tornato finalmente il sereno, ma all’improvviso un nuovo atroce delitto arriva a turbare la quiete della montagna: la vittima in questo caso è una studentessa poco più che ventenne, Rosa Paladino, trovata morta nei boschi.
Nulla è come sembra.
E, mentre Stefano, il proprietario del bar del paesino, e i suoi amici sono impegnati a sbrogliare l’intricata matassa del mistero che avvolge il misero destino della ragazza, nuovi personaggi e colpi di scena finiscono per complicare non poco le indagini e le vite degli abitanti della zona.
Anche a casa Mattivi non mancano i segreti: Betty, la figlia di Stefano, sembra afflitta da mille preoccupazioni, ma non ne vuole fare parola con il padre. Intanto il pastore Roberto, amico d’infanzia del barista di Capriata, pare scomparso nel nulla.
Grazie all’insostituibile aiuto di Viola, la pecora del Camerun ormai divenuta la mascotte del gruppo, Stefano e il suo fidato Sergente Garcia riusciranno infine a giungere alla terribile verità che si cela dietro l’omicidio della giovane Rosa.
Ma la potranno davvero considerare una vittoria, questa volta?"
Molto belle le descrizioni dei luoghi e dei personaggi. Traspare l'amore dell'autrice per la sua terra, per le tradizioni popolari e la cucina tipica.Milka è sempre attenta ai particolari. L'uso frequente delle espressioni dialettali tradisce la sua passione per i luoghi, le tradizioni, il passato, la vita di montagna dove il progresso è rallentato rispetto alla città. Anche l'esperienza professionale giornalistica acquisita in passato dall'autrice caratterizza le trame dei suoi romanzi.
Il finale è aperto e questo ci lascia pensare e sperare che Milka abbia già in mente un seguito.
La copertina è artistica anche per questo secondo episodio dei "Delitti di Capriata". Si tratta di una rielaborazione grafica di un'opera dello scultore e pittore trentino Gianni Anderle intitolata "Trame". Molto bella.
Voi cosa fate il prossimo fine settimana? Io una gita tra Vetriolo Terme, Castel Selva, Panarotta e Monte Fravort... Mi è venuta voglia di visitare i luoghi in cui sono ambientati gli eventi del romanzo.
Nel blog potete leggere l'intervista all'autrice e la recensione di Torna a casa, Viola!, Racconti di viaggio Racconti di vita, Il gatto di Depero.
"Il barista osservava con un certo scetticismo il forestiero che aveva davanti.
Questi credono che salire una montagna sia come andare a fare la passeggiata sul lungomare!
★★★★☆
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🍾 spumante
"L'insostenibile leggerezza dell'essere" è un romanzo di Milan Kundera scritto nel 1982.
L'idea dell'eterno ritorno è misteriosa e con essa Nietzsche ha messo molti filosofi dell'imbarazzo: pensare che un giorno ogni cosa si ripeterà così come l'abbiamo già vissuta, e che anche questa ripetizione debba ripetersi all'infinito! Che significato ha questo folle mito?
Il mito dell'eterno ritorno afferma, per negazione, che la vita che scompare una volta per sempre, che non ritorna, è simile a un'ombra, è priva di peso, è morta già in precedenza, e che, sia stata essa terribile, bella o splendida, quel terrore, quello splendore, quella bellezza non significano nulla. Non occorre tenerne conto, come di una guerra fra due Stati africani del quattordicesimo secolo che non ha cambiato nulla sulla faccia della terra, benché trecentomila negri ci abbiano trovato la morte fra torture indicibili.