Tutto vero purtroppo nel docu-romanzo di Andrea Tomasi "Le insospettabili che rapirono Salvini" ispirato alla video-inchiesta "Pfas, quando le mamme si incazzano", tranne il rapimento di Matteo Salvini.
Grazie a questo espediente l'autore è riuscito a trovare un modo simpatico per tenere il lettore incollato al libro e trasmettergli una montagna di informazioni.
Sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) sono state scoperte molti anni fa in Veneto in una falda acquifera grande come il Lago di Garda. A causare l'inquinamento è stata un'azienda che produceva materiale impermeabilizzante.
Confesso che non conoscevo questa bruttissima vicenda di inquinamento ambientale.
Le protagoniste del romanzo sono quattro simpaticissime donne che attraverso un’azione eclatante vogliono imporre all’attenzione della politica e dell’opinione pubblica il dramma di chi vive in un territorio contaminato.
Salvini è l’ostaggio ideale per attirare l'attenzione sul tema. Viene tenuto prigioniero in un vecchio camper e portato in giro per l'Italia.
Comicità e tragedia convivono benissimo in questo romanzo. La comicità non infastidisce, anzi, permette al lettore di apprendere fatti e vicende da "film dell'orrore" senza deprimersi.
E non è facile non inorridire davanti all'indifferenza di chi sapeva e non ha fatto nulla.
Il libro è assolutamente da leggere. Complimenti all'autore! La lettura è svago, ma quando riesce a trasmettere informazioni importanti e a smuovere le coscienze è molto di più.
Ho letto "Le insospettabili che rapirono Salvini" mentre ero al mare, all'Isola d'Elba. Mi sono sentita "ostaggio" del libro. Ho saltato bagni per restare con gli occhi incollati al mio e-reader.
Consiglio anche la visione del documentario di Andrea Tomasi "Pfas, quando le mamme si incazzano"
Andrea Tomasi, giornalista e documentarista, si occupa di ambiente, salute e incazzature varie. È autore di libri e docufilm.
Il mio amore per la letteratura ultimamente è alimentato da nuove forme di "lettura".
Dopo aver scoperto gli audiolibri e avere quindi apprezzato le qualità di "leggere con le orecchie", mi sono avvicinata a tipologie ancora più nuove: i podcast letterari e le fiction sonore.
Ho adorato "La disciplina di Penelope", serie podcast ispirata all'omonimo romanzo di Carofiglio e prodotta da Chora Media per Rai Radio1.
Dopo aver letto il romanzo l'anno scorso ed averlo apprezzato molto - potete leggere qui la mia recensione - ho recentemente ascoltato la trasposizione del romanzo nel moderno "radiodramma". Un genere mai realizzato prima in Italia con numerosi attori, registrazioni on field con tecnologie di registrazione binaurali. La fiction va ascoltata con le cuffie per poter godere di un'esperienza di ascolto totalmente immersiva.
Il risultato è sorprendente.
★★★★★
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"Il primo luglio del 2015, l’American Ballet Theatre di New York promuove Misty Copeland nel ruolo di principal dancer: è la prima volta nei 75 anni di storia della più importante compagnia di balletto USA che
un’afroamericana arriva così in alto. Da quel giorno il mondo della danza classica americana cambia per sempre, diventando meno elitario e più inclusivo. Tutto grazie al talento, allo spirito di sacrificio e alla resilienza di Misty Copeland. Nel libro l’autrice ripercorre le tappe più importanti della vita della ballerina: i racconti sono
arricchiti da interviste esclusive ad amici e colleghi di Misty Copeland: l’étoile Roberto Bolle, il fotografo e regista Fabrizio Ferri, la promessa della danza Virginia Lensi e Lauren Anderson, una delle prime ballerine
nere di successo e grande mentore di Misty."
Grazie alla bravura dell'autrice, la giornalista Cristina Sarto, "Misty Copeland" è un libro che una volta aperto si fatica a chiudere. Avvincente come un thriller, ti tiene incollato alle pagine con la voglia di continuare a leggere e allo stesso tempo la speranza che duri il più possibile.
Quella narrata è la vita di una ragazzina afroamericana, Misty Copeland, di famiglia molto povera, che a tredici anni comincia a danzare, scoprendo di avere un talento eccezionale. All'inizio gli ostacoli alla realizzazione del suo sogno di diventare ballerina professionista sono determinati dalla famiglia povera da cui proviene e dalle conseguenti difficoltà ad allenarsi ed acquisire una adeguata cultura coreutica (attività molto costose). In seguito la progressione della sua carriera sarà rallentata dal colore della sua pelle e dalle caratteristiche del suo corpo (muscoloso e prosperoso) che non rispecchiava gli standard richiesti. Grazie alla sua tenacia e determinazione, Misty diventerà una ballerina di successo, molto conosciuta e attivista per far riconoscere nel mondo della danza il diritto al proprio corpo senza imposizioni di colore della pelle o di taglie predefinite.
"Sarò chi voglio essere" è il motto di Misty che tutti dovremmo cercare di fare nostro.
Ringrazio Lorenzo Battaglia, l'editore di "Misty Copeland", per avermi suggerito di leggere questa appassionante biografia e avermi inviato una copia del libro.
Suggerisco la lettura a tutti (maschi e femmine, adulti e ragazzi), ma in particolare a mia nipote Jasmine, bellissima "ballerina moderna" con un passato da "ballerina classica", che come Misty ha sangue misto (italiano e sudamericano), la pelle color caffelatte, un corpo muscoloso, un bosco di capelli ricci e tanto talento per la danza.
"Misty Copeland sa bene che se la sua carriera di ballerina è un impegno a termine, dettato dai limiti dell'età, quello di attivista per i diritti degli afroamericani sarà per sempre".
L'autrice, Cristina Sarto, è una giornalista italiana. Ha vissuto per 12 anni a New York e ha collaborato per Donna Moderna, Io Donna, Style Magazine, Grazia, Flair, Glamour.
Oggi si occupa anche di comunicazione e produzioni video.
★★★★★
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Clip della partecipazione di Misty Copeland nel film Disney "Lo schiaccianoci e i quattro regni"
Da un'idea di Misty Copelan nata durante il lockdown viene realizzato il video "Swans for Relief" con finalità di raccolta fondi a favore di chi è in difficoltà
Misty Copeland
Cristina Sarto
A Natale ho ricevuto in regalo "Alfonsina e la strada", la biografia romanzata della ciclista italiana Alfonsa Rosa Maria Morini, coniugata Strada, unica donna ad aver corso il Giro d'Italia nel 1924.
La vita di Alfonsina ci viene raccontata in modo molto coinvolgente da Simona Baldelli, scrittrice e appassionata di sport, che ha subìto il fascino della ciclista ed ha voluto scriverne un romanzo per omaggiarla.
Soprannominata la regina della pedivella, Alfonsina, negli anni della prima guerra mondiale, chiese ed ottenne di gareggiare con i maschi nel Giro di Lombardia. In quegli anni tutte le gare femminili erano state soppresse ed Alfonsina lo riteneva ingiusto. "Maschi e femmine sputavano sangue sui pedali tale e quale" diceva.
A sostenerla nelle sue sfide c'era il marito che le aveva costruito anche "un marchingegno con pedali e molle perché lei potesse allenarsi in casa anche nei giorni in cui nevicava o pioveva troppo per andare in strada."
Ammiro Alfonsina che ha saputo farsi valere, non rinunciare ai propri sogni per il solo fatto di essere una donna.
Ciò che ha sempre cercato è il proprio limite, per superarlo e spostarlo più in là.
Nata in un'epoca e in luoghi in cui, per una donna, era disonorevole praticare sport, Alfonsina ha contribuito tantissimo con la sua caparbietà a far sì che tutte noi oggi possiamo correre felici in bici per le strade, senza essere additate come delle puttane, delle matte o il diavolo in gonnella.
Quando, a quindici anni, io ho iniziato ad allenarmi per gareggiare nel mezzofondo, dove vivo non c'era una società di atletica leggera con un vivaio giovanile. Io mi allenavo con ragazzi (maschi) più grandi di me e mio padre, all'inizio, non era molto contento che corressi in pantaloncini corti per le strade. Poi se ne fece una ragione. Ma l'idea che lo sport fosse da riservare agli uomini, nelle periferie e nei ceti medio-bassi, è sopravvissuta a lungo.
Alle perplessità degli organizzatori di fronte alla sua richiesta di poter gareggiare con gli uomini, Alfonsina osservò: "La gente farebbe chiasso perché sono la prima. Ma io potrei dare l'esempio. In futuro non lo noteranno nemmeno."
Oggi Alfonsina è considerata una delle pioniere della parificazione di genere in campo sportivo. È stata una femminista inconsapevole.
Più di tutto ha sofferto per le carenze affettive e la mancanza di comprensione da parte della sua famiglia. Degli insulti degli estranei non le importava.
Povertà affettiva e materiale, fama ed oblio. Queste le tre fasi della vita di Alfonsina che non merita assolutamente di essere dimenticata.
Lei è stata anche la detentrice del record del mondo di velocità femminile, 37km/h, stabilito nel 1911, quando aveva vent’anni e nel 1938, a 47 anni, conquistò il record femminile dell’ora a Longchamp, in Francia, fissandolo a 35,28 chilometri. Nello stesso anno stabilì il record mondiale femminile delle 12 ore correndo per 325 km.
Leggere questa biografia è stato per me molto bello. Mi sono immedesimata in Alfonsina. Ho lottato, sofferto e gioito con lei.
Chi mi conosce sa quanto mi è pesato abbandonare l'agonismo nella corsa e nel duathlon e che, nonostante siano passati esattamente tre anni dalla mia ultima gara, io non mi sono arresa. Ci credo ancora di poter tornare a gareggiare.
★★★★★
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"La regina degli scacchi" è un romanzo di Walter Tevis, pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti nel 1983 e in Italia nel 2007 da Minimum Fax, ripubblicato da Mondadori nel 2021 in seguito all'enorme successo dell'omonima serie Netflix.
Di scacchi sono anni che sento parlare a casa mia. Non gioco, ma conosco le regole, so muovere i pezzi e quando i miei figli erano piccoli e gareggiavano ho frequentato i tornei. Conosco l'ambiente, le emozioni suscitate dalle partite, vinte o perse, il rito dell'analisi post partita.
I termini tecnici usati io li comprendo, ma non è necessario intendersene di scacchi per capire il romanzo.
Io non gioco a tennis, eppure ho letto "Open" di Agassi e l'ho adorato.
"La regina degli scacchi" è la storia di un'orfana, Elisabeth Harmon, che scopre per caso il suo immenso talento e da quel momento la sua vita non è più la stessa.
Beth trova negli scacchi la via di fuga dalla realtà, tuttavia i dolori e le insicurezze che si porta dentro si fanno sentire e non è facile per lei superarli. Dovrà combattere contro la dipendenza da alcool e farmaci.
Il romanzo è molto bello. L'ho divorato. Scritto molto bene, scorrevole e avvincente come un thriller.
Ho guardato anche la serie televisiva, realizzata in modo impeccabile e nel complesso molto attinente al romanzo.
Imperdibili entrambi.
Il titolo originale "The Queen's Gambit" (il Gambetto di donna), nome di un'apertura scacchistica che nel romanzo ha una certa importanza per Beth, evidentemente agli editori italiani non piaceva ed è stato sostituito con, a parer mio, il più banale "La regina degli scacchi".
Curiosità: si dice che l'autore nel creare il personaggio di Elisabeth Harmon si sia ispirato alla biografia dello scacchista americano Bobby Fischer, campione del mondo nel 1972 battendo il grande maestro sovietico Boris Spassky.
“Fu la prima vittoria di Beth. Tutta la tensione era svanita e quella che sentiva era l’emozione più bella che avesse mai provato in vita sua.”
★★★★★
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Qui sotto il trailer della serie Netflix "La regina degli scacchi".
"Vecchie conoscenze" di Antonio Manzini é il decimo romanzo con protagonista il vicequestore Rocco Schiavone.
Manzini ha creato un personaggio che è quasi impossibile non amare.
In questo episodio le indagini restano quasi in sottofondo. Sofia Martinet, professoressa in pensione, viene ritrovata morta nel suo appartamento, colpita alla testa con un oggetto pesante.
A mano a mano che l'indagine procede, anche le vicende umane di Schiavone e degli altri personaggi evolvono e scopriamo sempre di più di loro. Questa volta l'autore ha affrontato, tra le altre cose, anche il problema dell'emarginazione dei gay.
La presenza di Marina torna a farsi sentire frequentemente, segno che Rocco é infelice e non sta bene. Rocco é acciaccato, stanco, stufo di avere a che fare con la parte peggiore dell'umanità.
Gabriele, il ragazzo ex vicino di casa di Rocco che il vicequestore aveva ospitato in casa sua, con la madre, per un breve periodo, é partito per Milano. Rocco si sente solo. Gabriele è entrato nel suo cuore e ormai è quasi un figlio per lui.
"Non siamo amici, non lo siamo mai stati, e forse non lo saremo mai. Lavoriamo insieme. A volte ci avviciniamo, poi ci allontaniamo, come branchi di pesci in mezzo all'oceano. Ma la sapete la cosa strana? Mi siete rimasti solo voi. Per quanto sia dura e difficile ammetterlo, non ho altri che voi..."
Il finale è davvero sorprendente, inaspettato.
Molte vecchie conoscenze si faranno vive. Gran parte del passato di Rocco si chiarirà.
Manzini questa volta non mi ha delusa nemmeno un po'. "Vecchie conoscenze" non ha nulla a che vedere con la virata verso il genere "rosa" che si avvertiva in "Ah l'amore l'amore" e che io avevo un po' criticato.
"Lui lo sapeva, ci sono dei giorni in cui si percepisce che un pezzo della nostra vita se n'è andato, e seppelliamo la nostra faccia di una volta perchè non ci appartiene più."
★★★★☆
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