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"Le ali della sfinge" è un romanzo di Andrea Camilleri con protagonista il Commissario Montalbano, pubblicato nel 2006 dalla casa editrice Sellerio. Ma indove erano andate a finire quelle prime matinate nelle quali, appena arrisbigliato, si sintiva attraversato da una speci di correnti di filicità pura, senza motivo? Non si trattava del fatto che la jornata s'appresentava priva di nuvole e vento e tutta tirata a lucido dal sole, no, era un'altra sensazione che non dipinniva dalla sò natura di meteoropatico, a volersela spiegare era come un sintirisi in armonia con l'universo criato, perfettamente sincronizzato a un grande ralogio stillare ed esattamente allocato nello spazio, al punto priciso che gli era stato destinato fino dalla nascita. Minchiate? Fantasie? Possibile.
"Lettera a un bambino mai nato" è un libro scritto da Oriana Fallaci, pubblicato nel 1975. Il libro tratta temi quali l'aborto, la famiglia e l'amore. Stanotte ho saputo che c'eri: una goccia di vita scappata dal nulla. Me ne stavo al buio con gli occhi spalancati e d'un tratto, in quel buio, s'è acceso un lampo di certezza: sì, c'eri. Esistevi. Ed è stato come sentirsi colpire in petto da una fucilata. Mi si è fermato il cuore. E quando a ripreso a battere con tonfi sordi, cannonate di sbalordimento, mi sono accorta di precipitare in pozzo dove tutto era incerto e terrorizzante. Ora eccomi qui, chiusa a chiave dentro una paura che mi bagna il volto, i capelli, i pensieri. E in essa mi perdo. Cerca di capire: non è paura degli altri. Io non mi curo degli altri. Non è paura di Dio. Io non credo in Dio. Non è paura del dolore. Io non temo il dolore. È paura di te, del caso che ti ha strappato dal nulla, per aggianciarti al mio ventre. Non sono mai stata pronta ad accoglierti, anche se ti ho molto aspettato. Mi son sempre posta l'atroce domanda: e se nascere non ti piacesse?
"Eva Luna" è un romanzo di Isabel Allende, pubblicato nel 1987. In Italia il romanzo è apparso nel 1988, nella traduzione di Angelo Morino. Mi chiamo Eva, che vuol dire vita, secondo un libro che mia madre consultò per scegliermi il nome. Sono nata nell'ultima stanza di una casa buia e sono cresciuta fra mobili antichi, libri in latino e mummie, ma questo non mi ha resa malinconica, perché sono venuta al mondo con un soffio di foresta nella memoria. Mio padre, un indiano dagli occhi gialli, veniva dal luogo in cui si uniscono cento fiumi, odorava di bosco e non guardava mai direttamente il cielo, perché era cresciuto sotto la cupola degli alberi e la luce gli sembrava indecorosa. Consuelo, mia madre, aveva trascorso l'infanzia in una regione incantata, dove per secoli gli avventurieri hanno cercato la città di oro puro vista dai conquistatori spagnoli allorché si affacciarono sugli abissi della loro ambizione. Quel paesaggio aveva lasciato in lei una traccia che in qualche modo riuscì a trasmettermi.
"La verità sul caso Harry Quebert" è un romanzo di Joel Dicker del 2012. In Italia è uscito l'anno seguente per Bompiani. “Centrale di polizia, qual è il suo problema?” “Mi chiamo Deborah Cooper, abito in Side Creek Lane. Credo di avere appena visto una ragazza inseguita da un uomo nella foresta.” “Cos’è successo esattamente?” “Non lo so! Ero affacciata alla finestra, stavo guardando verso la foresta, e a un certo punto ho visto questa ragazza correre in mezzo agli alberi. Dietro di lei c’era un uomo… Credo che stesse cercando di sfuggirgli.” “Dove si trovano in questo momento?” “Non… Non riesco più a vederli. Sono dentro la foresta.” “Mando subito una pattuglia, signora.”
"Open" è l'autobiografia di Andre Agassi, pubblicata nel 2011 da Einaudi nella collana "Stile Libero". Alla stesura ha contribuito J. R. Moehringer. Apro gli occhi e non so dove sono o chi sono. Non è una novità: ho passato metà della mia vita senza saperlo. Eppure oggi è diverso. È una confusione più terrificante. Più totale.
"La zia Giulia e lo scribacchino" è un romanzo di Mario Vargas Llosa, pubblicato nel 1977 contenente dei riferimenti biografici dell'autore. In quel tempo remoto, io ero molto giovane e vivevo con i miei nonni in una villa dai muri bianchi di calle Ocharan, a Miraflores. Studiavo all’università di San Marcos, legge, mi sembra, rassegnato a guadagnarmi più tardi la vita da libero professionista, anche se, in fondo, mi sarebbe piaciuto di più riuscir a diventare uno scrittore. Avevo un lavoro con titolo pomposo, stipendio modesto, appropriazioni illecite e orario elastico: direttore delle Informazioni di Radio Panamericana. Consisteva nel ritagliare le notizie interessanti che comparivano sui quotidiani e truccarle un po’ per poterle leggere nei bollettini. La redazione ai miei ordini era costituita da un ragazzo dai capelli imbrillantinati e amante delle catastrofi chiamato Pascual. C’erano bollettini a ogni ora, di un minuto, salvo quelli di mezzogiorno e delle nove, che erano di quindici, ma noi ne preparavamo diversi insieme, sicché io andavo molto in giro per strada, a bere caffè nella Colmena, qualche volta a lezione, e negli studi di Radio Central, più animati di quelli dove lavoravo io.
"Il grande ritratto" è un romanzo fantascientifico del 1960 di Dino Buzzati. Nell'aprile 1972 il professor Ermanno Ismani, di 43 anni, ordinario di elettronica all'università di X, uomo piccolo, grasso, di umor gaio, ma pauroso, ricevette una lettera del ministero della difesa che lo pregava di conferire con il colonnello Giaquinto, capo dell'Ufficio studi. L'invito aveva carattere d'urgenza.
"Lolita" è un romanzo di Vladimir Nabokov scritto in inglese, pubblicato nel 1955 e dieci anni più tardi tradotto in russo dallo stesso scrittore. Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un breve viaggio di tre passi sul palato per andare a bussare, al terzo, contro i denti. Lo-li-ta. Era Lo, null'altro che Lo, al mattino, diritta nella sua statura di un metro e cinquantotto, con un calzino soltanto. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea punteggiata dei documenti. Ma nelle mie braccia fu sempre Lolita.
"Madame Bovary" è uno dei romanzi più importanti di Gustave Flaubert. Eravamo allo studio, quando il Rettore entrò, seguito da un nuovo, vestito ancora dei suoi abiti borghesi, e da un bidello che portava un gran banco. Quelli che dormivano si destarono, e tutti si alzarono in piedi, come sorpresi in mezzo al lavoro. Il Rettore ci fece cenno di sedere; poi, volgendosi all'assistente: "Signor Roger" disse a mezza voce "ecco un allievo che le raccomando. Egli entra in quinta. Se il suo profitto e la sua condotta saran buoni, passerà fra i grandi, come esigerebbe la sua età."
"L'amante di Lady Chatterley" è un romanzo di David Herbert Lawrence, considerato uno tra i romanzi più famosi del XX secolo. Il nostro tempo è essenzialmente tragico, quindi ci rifiutiamo di prenderlo tragicamente. Il cataclisma s’è abbattuto, siamo tra le rovine; cominciamo a ricostruire nuovi piccoli centri di vita, a nutrire nuove piccole speranze. È un lavoro piuttosto duro; la strada verso l’avvenire non è agevole: bisogna aggirare gli ostacoli o cercare di scavalcarli. Per quanto grande il numero dei cieli che ci sono crollati sulla testa, dobbiamo pur vivere.


"Tre donne vivevano in un paesino.
La prima era cattiva, la seconda bugiarda e la terza egoista.
Il paese aveva un grazioso nome da giardino: Giverny.
La prima abitava in un grande mulino in riva a un ruscello, sul chemin du Roy; la seconda in una mansarda sopra la scuola, in rue Blanche-Hoschedé-Monet; la terza con la madre in una casetta di rue du Château-d’Eau dai muri scrostati.
Neanche avevano la stessa età. Proprio per niente. La prima aveva più di ottant’anni ed era vedova. O quasi. La seconda ne aveva trentasei e non aveva mai tradito il marito. Per il momento. La terza stava per compierne undici e tutti i ragazzi della scuola erano innamorati di lei. La prima si vestiva sempre di nero, la seconda si truccava per l’amante, la terza si faceva le trecce perché svolazzassero al vento.

Insomma, avete capito. Erano tre persone molto diverse. Eppure avevano qualcosa in comune, una specie di segreto: tutte e tre sognavano di andarsene. Sì, di lasciare la famosa Giverny, paese il cui solo nome faceva venire voglia a una quantità di gente di attraversare il mondo solo per farci due passi.
Sapete naturalmente perché: per via dei pittori impressionisti.
La prima, la più anziana, possedeva un grazioso quadro. La seconda era molto interessata agli artisti. La terza, la più giovane, sapeva dipingere bene. Anzi, benissimo.
Strano che volessero lasciare Giverny, vero? Tutte e tre pensavano che quel paesino fosse una prigione, un gran bel giardino ma con le inferriate. Come il parco di un manicomio. Un trompe-l’œil. Un quadro da cui è impossibile uscire. In realtà la terza, la più giovane, cercava un padre altrove. La seconda cercava l’amore. La prima, la più vecchia, sapeva cose sulle altre due.

Eppure una volta, per tredici giorni e solo per tredici giorni, le inferriate del parco si aprirono. Per l’esattezza, dal 13 al 25 maggio 2010. Le inferriate di Giverny si sollevarono per loro! Solo per loro, almeno così pensavano. C’era però una regola crudele: soltanto una poteva fuggire, le altre due dovevano morire. Era così.
Quei tredici giorni sfilarono via nelle loro vite come una parentesi. Troppo breve. Anche crudele. La parentesi si aprì il primo giorno con un omicidio e si chiuse l’ultimo giorno con un altro omicidio. Stranamente la polizia si interessò solo alla seconda donna, la più bella. La terza, la più innocente, dovette indagare per conto suo. La prima, la più discreta, poté tranquillamente tenere d’occhio tutti. E persino uccidere!

La faccenda durò tredici giorni. Il tempo di un’evasione.
Tre donne vivevano in un paesino.
La terza era quella con più talento, la seconda era la più furba e la prima era la più determinata.
Secondo voi, quale delle tre è riuscita a scappare?
La terza, la più giovane, si chiamava Fanette Morelle. La seconda si chiamava Stéphanie Dupain. La prima, la più vecchia, ero io."






"Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell’indistinto. La porta è meglio chiuderla, di là c’è sempre la televisione accesa. Dillo subito, agli altri: «No, non voglio vedere la televisione!» Alza la voce, se no non ti sentono: «Sto leggendo! Non voglio essere disturbato!» Forse non ti hanno sentito, con tutto quel chiasso, dillo più forte, grida: «Sto cominciando a leggere il nuovo romanzo di Italo Calvino». O se non vuoi non dirlo; speriamo che ti lascino in pace."


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Chi sono

Mi chiamo Cristiana Bresciani, sono una mamma lavoratrice, sportiva e mangiatrice di libri. Vivo in Trentino, sul Lago di Garda. Amo viaggiare con la testa tra nuvole di libri e nel mondo con i piedi agganciati ai pedali di una bicicletta.

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