A Paolo Genovese piacciono i segreti. Ricordate il film "Perfetti sconosciuti" di cui lo scrittore è regista? Nel film un gruppo di amici durante una cena decide di fare un gioco: ognuno di loro dovrà mettere il proprio cellulare sul tavolo e condividere chiamate e messaggi. Verranno a galla segreti inconfessabili.
L'ultimo romanzo di Paolo Genovese, scrittore oltre che registra, sembra la sceneggiatura di un film. Mentre lo leggevo immaginavo le scene, le vedevo proprio.
"Il rumore delle cose nuove" inizia con una domanda: "Il rumore avvolge tutto. Il silenzio non esiste, non nella vita. Il silenzio è della morte ma, mi chiedo, quale rumore fa quando arriva?" E la risposta arriva all'ultima pagina.
Tra la prima e l'ultima pagina vi sarete affezionati alle tre coppie protagoniste ed a Mirko, un bambino di 10 anni.
Sono tre coppie che apparentemente non hanno nulla a che fare l'una con l'altra, ma il destino intreccia le loro vite, così diverse. Mirko è il filo rosso tra di loro. E i segreti sono la costante presente in tutte tre le coppie (disfunzionali). Segreti importanti, inconfessabili.
"Ecco il problema dei segreti: ti costringono a dei comportamenti che non vorresti mai avere."
È un romanzo triste, riflessivo ed allo stesso tempo avvincente, capace di creare attrazione e repulsione. Ho pianto leggendolo.
"Perché un rene malato si sostituisce, basta un'operazione, l'infelicità latente invece scorre nel sangue immune a qualunque trasfusione."
"Ci sono attese che sembrano non avere mai termine. Fin dal principio. Non danno una scansione esatta del tempo che passa: sono attese che preoccupano e sfiancato e si fanno via via sempre più complesse. Perché più l'attesa si dilata più si mischiano il bene e il male, ciò che è giusto è ciò che è sbagliato, l'ovvio e la sorpresa. L'attesa può far fibrillare il cuore oppure abbattersi con un manto di torpore".
"E di colpo, un bagliore improvviso, si ricorda di hiraeth, un termine gallese che descrive una nostalgia con delle sfumature particolari, quella per le cose che non sono avvenute e che avremmo voluto accadessero."
★★★★☆
🥃 amaro digestivo
scopri come valuto i libri
Siete mai stati in una libreria in cui i libri non si comprano, ma si regalano? È il sogno di ogni lettore, eppure è reale: si chiama “Libri Liberi” ed è un polmone di letteratura nel cuore di Bologna. L’idea, a cui ha dato forma la fondatrice Anna Hilbe, è semplice: chiunque può prendere uno o più libri senza pagare alcunché; chi lo vuole, poi, può contribuire portandone degli altri. Lì i libri vanno e vengono in continuazione, come se fosse un aeroporto, più che una libreria, o una stazione centrale dei libri. L’ispirazione - racconta Anna - venne dall’America: scoprì infatti l’esistenza di una realtà simile negli Stati Uniti — e decise di portarla a Bologna. Fu così che, una decina di anni fa, Libri Liberi aprì i battenti per la prima volta.
Per arrivarci è bastata una breve passeggiata attraverso i portici che conducono da Porta Maggiore, uno degli antichi portali della città vecchia, alla graziosa bottega di libri in Via S. Petronio Vecchio: qui tre grandi vetrate catturano l’attenzione dei passanti sulle librerie e sui tavoli pesanti di libri. E sopra ogni vetrata una insegna colorata riporta: “Libri Liberi”.
Non appena ho superato l’ingresso sono stato accolto dalle due caratteristiche della bella libreria: tanti libri e rara gentilezza.
Oltre ai volumi, infatti, abitano la bottega volontari, frequentatori e Anna, l’ideatrice di Libri Liberi. Sono bastati pochi istanti, quindi, perché mi venissero incontro Caterina e Marcello, volontari della libreria.
Abbiamo così iniziato a discorrere, tra citazioni letterarie e detti latini; ma il clima era tanto familiare che la discussione si è trasformata in un piccolo salotto, allargato anche alla fondatrice Anna Hilbe: siamo finiti per chiacchierare di storia, di libri e persino di sociologia! Prima che mi allontanassi, infine, mi hanno esortato a cercare un libro e a prenderlo. La scelta è caduta su un vero “classico”: a ricordare la mia visita alla libreria sarà infatti la bella edizione, con testo a fronte, del De Amicitia di Cicerone.
"Giallo Rivano" è il libro giusto per trascorrere una domenica di marzo che, come oggi, alterna il sole alla pioggia. Quando il sole "va in nuvola" e l'Ora del Garda soffia furiosa e gelida, è meglio chiudersi in casa al calduccio a leggere un libro.
Il medico altogardesano Vinicio Zuccali, già autore di tre interessanti libri con protagonista la montagna, si reinventa giallista e ambienta il suo ultimo romanzo in Trentino, tra Riva del Garda, San Michele all'Adige e la Valle di Ledro.
Un genere totalmente diverso dai tre precedenti: "La via dimenticata", "Il volo della farfalla" e "Everest", molto introspettivi.
Il romanzo, leggero e divertente, lascia comunque trasparire la cultura classica e le conoscenze scientifiche dell'autore, la sua passione per l'ambiente e il suo attento spirito di osservazione.
Il suo stile caratterizzato dalla ricerca del vocabolo perfetto, dai pensieri complessi e dai periodi ricchi di metafore, è lo stesso dei precedenti romanzi e, come dice l'autore, è il "mio ritmo, la mia musica". Un ritmo che si impara presto a conoscere ed amare.
Nel romanzo molti sono i riferimenti locali: il Brolio, il Bastione, la Rocchetta, cima d'Enzima, la vicina Arco e tanti altri.
Tornando al giallo in senso stretto - di cui vorrei non svelarvi troppo per non rischiare di rovinarvi un finale davvero inaspettato - questo inizia ai primi di marzo con il ritrovamento del cadavere di una bella e giovane donna nel parco del Brolio di Riva del Garda. E' stata uccisa con un colpo alla nuca calibro sette e sessantacinque. Si scoprirà poi essere nubile, residente a Campi e insegnante all'istituto agrario di San Michele all'Adige. Ad occuparsi dell'indagine il vicequestore Sarti, non troppo avvezzo a quel genere di delitti. Saprà comunque cavarsela più che bene nel risolvere un caso davvero complesso che lo porterà ad indagare in lungo e in largo per tutto il Trentino, sfrecciando in auto giù per il "Bus de Vela", andando a vivere in quel di Campi, frequentando le lezione dell'istituto agrario e giungendo ad una soluzione, per nulla scontata, grazie al suo spirito di osservazione e all'indagine condotta a trecentosessanta gradi.
Non mancano le non tanto velate critiche dell'autore all'urbanizzazione selvaggia della "Busa", le perplessità nei confronti della reintroduzione dell'orso in Trentino e un'analisi psicologica sulla vita frenetica che purtroppo conduciamo oggi un po' tutti. Traspare l'orgoglio per questa terra trentina che nonostante "gli attacchi" da parte dell'uomo, conserva luoghi paesaggisticamente incontaminati e affascinanti. E non dimentichiamo l'Ora del Garda, co-protagonista dell'intero romanzo!
"Una sottile intuizione come una fievole lampadina, accesa all'inizio solo a intermittenza, dalle profondità della subliminarietà iniziò a guadagnare il flusso del pensiero del vicequestore sino a divenire luce accecante: all'improvviso c'era nella scena del delitto qualcosa di meno indefinito che andava suggerendo che all'altro capo di quell'atto ci fosse una mano omologa. "
★★★★☆
🍨 mousse alla fragola
scopri come valuto i libri
Immaginatevi di svegliarvi un mattino, aprire gli occhi e vedere tutto nero, accendere la luce e scoprire che è ancora solo nero ciò che vedete. La sveglia suona, quindi la corrente elettrica c'è, ma l'ora non riuscite a leggerla. Questo è ciò che è successo a Cristian Sighele una mattina di 25 anni fa quando aveva appena 20 anni. Un risveglio da incubo, un po' come quello vissuto da Gregor Samsa, protagonista del racconto "La metamorfosi" di Franz Kafka, svegliatosi una mattina trasformato in un grosso insetto. Fortunatamente, a differenza di Gregor, Cristian riesce a reagire positivamente alla sua nuova condizione e, nonostante le difficoltà iniziali e il deficit visivo, a ricostruirsi una vita soddisfacente ed a diventare un atleta di successo.
I primi periodi sono difficili per lui, molto difficili. Subisce due operazioni che non riescono a fargli riacquistare la vista. Recupera solamente una diottria, sufficiente per permettergli di vedere luci, ombre, sagome e ostacoli e grazie alla sua tenacia e determinazione e alla "scoperta" della corsa sconfigge la depressione in cui era sprofondato. Conclude maratone e ultramaratone. Ed è proprio attraverso la lunga narrazione della sua prima 24 ore (di corsa) in totale autonomia che Cristian Sighele ci racconta che cosa ha significato e significa per lui la conquista del traguardo di una gara estrema.
Maurizio Panizza, giornalista e scrittore, ha aiutato Cristian a dare forma letteraria ai suoi pensieri e l'opera risulta pertanto scritta a quattro mani. È giusto dare merito anche a chi ha supportato Cristian nella stesura. Se "Open" di Agassi è un capolavoro della letteratura sportiva non è solo merito dei pensieri e delle vicende del tennista, ma anche dello straordinario lavoro fatto da John Joseph Moehringer.
Quando ho saputo della presentazione di questo libro ad Arco, luogo in cui vivo e lavoro, sono rimasta piacevolmente sorpresa ed ho subito iniziato a leggerlo. Non conoscevo la storia di Cristian. Nonostante io sia una ex atleta, le nostre strade non si sono mai incontrate.
Chi mi conosce personalmente sa che io ho avuto una vicenda personale "opposta" a quella di Cristian. Ho iniziato a correre da ragazzina, ma la mia carriera sportiva si è interrotta bruscamente cinque anni fa a causa di una miocardite virale che mi ha lasciato una cicatrice nel cuore. L'agonismo mi è impedito, ma a correre posso andarci ugualmente e la gioia e le belle sensazioni che la corsa mi dà sono le stesse di quelle che prova Cristian. Ora non mi importa più "a quanto al chilometro" vado, mi basta riuscire a correre, a fare sport all'aria aperta. Proprio come Cristian mi sento fortunata rispetto a chi sta peggio di me, vedo il bicchiere mezzo pieno, gioisco delle "piccole cose" e sono orgogliosa dei miei traguardi.
"Impegnarsi per raggiungere un obiettivo, per me vuole dire semplicemente imparare a vedere la stessa cosa sotto un altro punto di vista che non è affatto quello della velocità, dell'agonismo o della rivalità. Semmai, se di gara parliamo, quella non è altro che una competizione che io faccio con me stesso, ovvero con il Cristian che ero un tempo."
"[...] tutti noi atleti ci troviamo qui alla ricerca di qualcosa che va ben oltre la gara in sé. Solo chi corre sa comprendere il valore di un'esperienza così unica nella quale si consumano scarpe ed energie, consapevoli sin dall'inizio dell'estrema fatica necessaria per arrivare fino in fondo. Per noi, in definitiva, non ha grande importanza la durata della gara e neppure è importante quanti saranno i chilometri percorsi, conta solamente correre per la gioia di farlo."
"Per me la corsa è una grande maestra di vita. Certo, a volte può essere un'insegnante amabile, altre volte, invece, molto severa, ma è comunque una maestra a cui voler sempre bene. Credo in questa scuola, nel suo potere, quello che può fare anche miracoli se si ha fiducia in essa e per questo la consiglio a tutti coloro che sentono di avere dentro di sé qualcosa di prezioso da recuperare."
★★★★☆
🍷 vino rosso
scopri come valuto i libri
Oggi vi consiglio un piccolo ma appassionante libriccino da leggere tutto d'un fiato in una giornata di relax: "Everest" di Vinicio Zuccali, medico altogardesano appassionato di montagna.
Si tratta del suo terzo libro pubblicato, dopo "La via dimenticata" e "Il volo della farfalla".
Non è infrequente incontrare scrittori che svolgono la professione di medico. Per fare alcuni esempi italiani: Carlo Levi, Andrea Vitali e Cristina Cassar Scalia.
"Everest - Nello spazio della mente" narra di una spedizione sul "terzo polo terrestre", la montagna più alta del mondo.
Protagonista un immaginario medico altogardesano, Carlo Maistri, esperto in medicina d'alta montagna in spedizione sull'Everest con tre compagni di scalata:
il capospedizione che non si toglie mai gli occhiali da sole nemmeno quando dorme, un prete altoatesino a cui è stato concesso un anno sabbatico e un finanziere di Lampedusa trasferito per lavoro a Courmayeur e inaspettatamente innamoratosi dell'alta montagna.
Quattro "lumache d'alta quota"!
Carlo Maistri è reduce da una preparazione fisica svolta sui monti di casa: in primis il monte Altissimo su cui il protagonista sale ogni fine settimana con la fidanzata.
Questo lungo racconto é sicuramente una sorta di "sogno autobiografico" di Vinicio, che sull'Everest non c'è mai stato, ma come Salgari sa raccontare realisticamente luoghi mai visti. Ma è certamente anche un viaggio all'interno di se stesso.
"Ever wrest - lottare sempre" è il motto della spedizione, un gioco di parole che esorta anche noi lettori a non mollare mai.
Parallelamente alla scalata dell'Everest , l'autore racconta un'altra vicenda che si svolge negli stessi giorni sul ghiacciaio della Brenva in valle d Aosta. Due ragazzi africani, senza nessuna dimestichezza con l'alta montagna, si trovano in difficoltà sul Monte Bianco. Ma cosa ci fanno due giovani inesperti sul ghiacciaio? Questo lo scoprirete leggendo.
In un centinaio di pagine, Zuccali ci conduce sulla cima dell'Everest, raccontandoci un po' di storia della montagna "più mortale del mondo", ma affronta anche temi attuali, problematiche che affliggono la nostra epoca: il riscaldamento globale e l'esodo delle popolazioni del sud del mondo verso l'Europa.
Chiudendo il libro ho capito che ciò che sta a cuore a Vinicio è la sorte di questi "scalatori orizzontali" del Mediterraneo.
Vinicio non è solo uno scrittore che apprezzo, è anche il mio vicino di casa. Quanti libri di sua proprietà sono entrati in casa mia, trasformandomi da lettrice di romanzi a conoscitrice delle spedizioni di alta montagna!
"Sapevamo benissimo che dopo l'esperienza sull'Everest non saremmo stati mai più gli stessi. Gli insegnamenti della montagna avrebbero rivestito un ruolo rifondante nella nostra vita: in sintonia con quanto appreso, "we would ever wrest", senza se e senza ma, con la nostra tattica sperimentata di progressione lenta ma inesorabile lungo le corde fisse e dentro le improvvise tempeste dei giorni che ci sarebbero rimasti."
★★★★☆
🍷 vino rosso
scopri come valuto i libri
LibriCitando è stata ed è tuttora per me una splendida avventura. Nell'ultimo anno non sono riuscita a dedicare al mio blog il tempo che avrei voluto, ma la passione e il piacere per la lettura non sono diminuite e nemmeno la voglia di condividere le mie letture con voi.
Mi ostino ad utilizzare questo canale per comunicare le emozioni che i libri mi suscitano nelle mie brevi e semplici "recensioni", ben consapevole che post sponsorizzati sui social sarebbero molto più efficaci per raggiungere un pubblico più ampio... Sono quindi orgogliosa dei quasi 100.000 ingressi al blog avuti in questi quattro anni! Siete in molti a leggermi. Vi invito a condividere con me anche le vostre "recensioni", perché mi piace molto confrontarmi e scoprire punti di vista opposti ai miei. Proprio ieri una follower mi ha scritto di aver molto apprezzato un romanzo che io ho quasi stroncato. Ogni volta che leggiamo un libro non leggiamo solo una storia, scopriamo qualcosa di noi in quel libro ed è per questo che, a volte, lo stesso libro, letto in momenti diversi, può suscitarci emozioni diverse.
“Sarebbe bello poi un giorno, sfogliare le pagine dei tuoi libri, soprattutto di quelli che abbiamo in comune, veder sottolineate le tue emozioni, scoprire se combaciano con le mie.” - David Grossman
Buone letture a tutti!
Il 2023 di LibriCitando è stato un anno non ricco di recensioni. Troppi impegni mi hanno impedito di leggere tanto quanto negli anni scorsi. Nonostante i libri che sono riuscita a leggere non siano stati moltissimi, ho assegnato tre volte cinque stelle. Due di questi romanzi li ho effettivamente letti l'anno scorso e sono: "Le colpe dei padri" di Alessandro Perissinotto e "Rancore" di Gianrico Carofiglio. Il terzo romanzo che ho recensito ed a cui ho assegnato cinque stelle è stato "Accabadora" di Michela Murgia. Romanzo che in realtà ho letto alcuni anni fa, prima della nascita del mio blog. Quando la Murgia è venuta a mancare, l'ho ripreso in mano e mi è venuta voglia di parlarne su LibriCitando. È un libro che ho amato molto e che non dimenticherò, un romanzo che fa riflettere, una storia che insegna, un racconto che svela tradizioni e segreti del popolo sardo.
Le idee di Michela Murgia potevano non piacere, ma la sua determinazione, la sua combattività e la sua cultura erano apprezzate anche dai suoi "avversari politici", per questo ho scelto "Accabadora" come libro dell'anno 2023 di LibriCitando.
La recensione di "L'impronta dei giorni smarriti" di Antonia Dalpiaz, pubblicata nel 2022, è stata la più letta nel 2023.
Quella di oggi è una recensione molto particolare che mette a confronto le protagoniste di due serie di gialli: Penelope Spada di Gianrico Carofiglio e Selma Falck di Anne Holt.
Le due protagoniste sono molto simili: entrambe sono accomunate da un evento che ne ha determinato il passaggio da una carriera di grande successo e da una posizione di potere ad una vita professionale e personale di povertà e solitudine.
Entrambe sono state costrette a reinventarsi una vita e hanno saputo risollevarsi dal baratro in cui erano cadute.
Nelle loro vite ci sono uomini occasionali, vizi e incarichi di investigazione non regolari.
Entrambe sono state delle atlete di alto livello (Penelope ex campionessa di salto con l'asta e Selma nella pallamano) e sono, nonostante tutto, delle cinquantenni in perfetta forma fisica.
Selma Falck è un ex avvocato di grido, ha perso tutto: il marito, i figli, il lavoro e il suo vecchio giro d'affari a causa del vizio del gioco. Vive ad Oslo e saprà riscattarsi e raggiungerà nuovamente il successo grazie alla soluzione di casi complicatissimi e ad un uso molto efficace dei social.
Incontriamo Selma in "La pista", "La tormenta" e "Lo sparo".
Penelope Spada è un ex pubblico ministero milanese che ha dovuto lasciare la professione a seguito di un'indagine in cui ha tenuto un comportamento non adatto al suo ruolo. Da allora vive una vita sull'orlo della depressione, quasi alcolizzata e con numerose e sregolate avventure sessuali.
In "Rancore" si chiariranno molti aspetti che in "La disciplina di Penelope" erano stati volutamente non svelati.
Io ho amato moltissimo entrambe le protagoniste di questi due romanzi.
Ho apprezzato di piu la scrittura di Carofiglio rispetto a quella della Holt. L'ex magistrato riesce a trattare e far comprendere cavilli giuridici spiegandoli con chiarezza e semplicità e mai in modo banale.
È curioso che Carofiglio sia un ex magistrato che racconta di una ex magistrata, mentre Anne Holt nella vita sia un'avvocatessa, oltre che politica e giornalista, e la sua Selma sia una ex avvocatessa.
In "Rancore", Penelope Spada indaga sulla morte di un professore universitario ricco e potente morto all'improvviso. Il medico certifica per cause naturali. La figlia però non ci crede, sospetta della giovane e bellissima seconda moglie e si rivolge a Penelope per scoprire la verità.
Nel romanzo "La tormenta" Selma Falck si risveglia nuda, intrappolata in una capanna in fiamme su una montagna ricoperta di neve. Non ha idea di dove si trovi né ricorda come ci sia arrivata. Deve trovare il modo di sopravvivere e poi capire cosa sia successo. Quando Selma inizia a ricordare scopre che quello che sembrava un incidente è invece il primo di una serie di crimini contro il futuro dell'intero paese.
"La solitudine è la peggiore scusa del mondo per non affrontare la vita." ★★★☆☆scopri come valuto i libri
🍞 pane
Caro autore de "Le colpe dei padri", il tuo libro mi ha tenuta incollata alle pagine. Quando ero al lavoro o fuori casa con gli amici mi capitava di scoprirmi a pensare al protagonista. Non vedevo l'ora di tornare a casa e riaprire il libro. Mi hai raccontato la storia di Guido/Ernesto in modo originalissimo. Per Guido ho provato pena, simpatia, antipatia, un misto di sentimenti. E nel raccontarmi la sua vicenda, mi hai coinvolta moltissimo. Ho conosciuto attraverso le tue parole le lotte operaie degli anni '70 a Torino, le vicende della FIAT, le Brigate Rosse. Mi hai raccontato un dramma personale.
A voi cari lettori consiglio di leggere questo romanzo originalissimo di Alessandro Perissinotto, perché sono sicura che vi metterete nei panni di Guido. Vi chiederete come reagireste incontrando casualmente qualcuno che dice di conoscervi, di aver trascorso l'infanzia con voi, vi chiama con un nome diverso dal vostro. Sarete colti dall'incredulità e dalla curiosità di sapere se da qualche parte c'è un vostro sosia o un gemello sconosciuto o se non siete chi pensate di essere.
Guido dapprima rifiuta l'idea di essere una persona diversa da chi ha sempre creduto, poi si insinua in lui il dubbio e infine quel pensiero diventa per lui un'ossessione. La sua vita è stata stravolta da un incontro occasionale, le sue certezze sono crollate. E nel mentre vi state arrovellando il cervello per capire chi sia davvero Guido Marchisio, tornerete indietro nella storia per arrivare ai suoi primi anni di vita che sono gli anni delle lotte operaie e delle Brigate Rosse.
E' questa la colpa più grande di ogni padre, quella di costringere i figli a rendergli conto delle loro azioni. In questo, i padri terrestri sono più esigenti di quelli celesti. [...] Dei padri umani, invece, siamo prigionieri: siamo liberi di compiacerli o di deluderli, ma non di plasmare le loro aspettative nei nostri confronti. Con Guido poi il destino era stato ancora più crudele. Per tutta la vita, lui non aveva fatto altro che assecondare il volere di suo padre, di Vittorio Marchisio: no, un cane in casa no, perchè sporca, no, niente veterinaria, perchè è da falliti, sì, ingegneria sì, la carriera, certo... Lo aveva obbedito senza troppe difficoltà, facendo dell'acquiescenza un abito naturale, appagandosi della gioia di essere a sua volta obbedito e temuto.
★★★★★
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🍾 spumante
Vorrei che tu venissi da me in una sera d’inverno e, stretti insieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo.
Questo è l'incipit del racconto "Gli inviti superflui", uno dei "Sessanta racconti" di Dino Buzzati, premio Strega nel 1958. È un racconto breve e bellissimo e tra i più famosi della raccolta. L’autore evoca un amore lontano e ormai finito.
Ho scelto questa citazione per accogliere l'inverno.
Vi invito a leggerlo tutto a questo link.