"Gli ultimi giorni di quiete" è un romanzo di Antonio Manzini, la cui scrittura trae spunto da un fatto realmente accaduto.
Manzini spiega di aver incontrato molti anni fa un signore sconosciuto che gli raccontò un fatto agghiacciante, accadutogli alcuni anni prima: l'incontro in treno con l'assassino di suo figlio, uscito di carcere dopo aver scontato una pena di pochi anni, nonostante il terribile crimine commesso.
Manzini rimase colpito da questa confessione e per anni immaginò quali potessero essere state le reazioni del padre, della madre e dello stesso assassino in seguito a quell'incontro. Ora, a distanza di anni dall'episodio, scrive "Gli ultimi giorni di quiete".
Nora, mentre sta tornando a casa in treno riconosce, seduto nello stesso vagone, Paolo Dainese, il ragazzo che sei anni prima, durante una rapina nel tabacchino di famiglia, ha ucciso Corrado, il suo unico figlio. Da quel giorno la sua vita e quella di suo marito non è stata più la stessa. Il loro rapporto si è svuotato. In comune ora hanno soltanto il dolore per la perdita del figlio.
Nora non si capacita di come possa essere accaduto che un assassino, dopo pochi anni dalla condanna, sia libero di circolare e di rifarsi una vita. Trova ingiusto che ciò che a suo figlio è stato impedito, sia, per legge, consentito al suo assassino.
Dal momento in cui è avvenuto l'incontro, Nora ha in mente soltanto di mettere in atto una sua giustizia personale.
Il marito Pasquale, dopo aver appreso dalla moglie la notizia, cerca anche lui un modo per risolvere la questione.
Tre sono i personaggi: Nora la madre di Corrado, Pasquale il padre di Corrado e Paolo l'assassino di Corrado.
Tre sono i punti di vista, tre le diverse reazioni alla vicenda.
Manzini è bravissimo a farci entrare in tutti e tre i personaggi, attraverso un profondo scavo psicologico. Tutti e tre hanno ragione, dal loro punto di vista.
La voce narrante si mescola ai pensieri in prima persona dei protagonisti, rendendo il lettore ancora più coinvolto.
Il personaggio che mi è piaciuto di più è Pasquale, perché alla fine riesce a svoltare, andare avanti.
Ho trovato Nora un personaggio tristissimo.
Paolo mi fa pena.
Tante le domande sollevate, nessuna risposta, perché non c'è una soluzione, un giusto punto di vista.
L'epilogo è inaspettato. Il romanzo è profondo, intenso, coinvolgente.
Antonio Manzini ex attore, scrittore conosciuto soprattutto per aver creato il personaggio di Rocco Schiavone, dimostra con questo romanzo di avere doti letterarie al di là del genere giallo.
"Un uomo è condannato per sempre, allora? Fine pena mai? A cosa servono i processi, le leggi, la galera? Lui aveva capito, aveva capito tutto. Gli errori commessi, la voglia di ricominciare, lasciarsi alle spalle quello che era una volta. Voltare pagina e provare ad essere un uomo migliore. Uno che lavora, che porta a casa uno stipendio, che magari fa anche un figlio che...
Un figlio.
Quello gli hai tolto. E nessuno glielo restituirà più. Quindi forse sì, fine pena mai per me, per la donna e anche per suo marito. Non c'era uscita né soluzione. Un solo gesto inchioda quattro persone per sempre, a quel giorno di marzo di quasi sei anni prima. La sua vita s'era fermata insieme a quella di Corrado Camplone, di sua madre e di suo padre."
★★★★☆
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🍷 vino rosso
"Vecchie conoscenze" di Antonio Manzini é il decimo romanzo con protagonista il vicequestore Rocco Schiavone.
Manzini ha creato un personaggio che è quasi impossibile non amare.
In questo episodio le indagini restano quasi in sottofondo. Sofia Martinet, professoressa in pensione, viene ritrovata morta nel suo appartamento, colpita alla testa con un oggetto pesante.
A mano a mano che l'indagine procede, anche le vicende umane di Schiavone e degli altri personaggi evolvono e scopriamo sempre di più di loro. Questa volta l'autore ha affrontato, tra le altre cose, anche il problema dell'emarginazione dei gay.
La presenza di Marina torna a farsi sentire frequentemente, segno che Rocco é infelice e non sta bene. Rocco é acciaccato, stanco, stufo di avere a che fare con la parte peggiore dell'umanità.
Gabriele, il ragazzo ex vicino di casa di Rocco che il vicequestore aveva ospitato in casa sua, con la madre, per un breve periodo, é partito per Milano. Rocco si sente solo. Gabriele è entrato nel suo cuore e ormai è quasi un figlio per lui.
"Non siamo amici, non lo siamo mai stati, e forse non lo saremo mai. Lavoriamo insieme. A volte ci avviciniamo, poi ci allontaniamo, come branchi di pesci in mezzo all'oceano. Ma la sapete la cosa strana? Mi siete rimasti solo voi. Per quanto sia dura e difficile ammetterlo, non ho altri che voi..."
Il finale è davvero sorprendente, inaspettato.
Molte vecchie conoscenze si faranno vive. Gran parte del passato di Rocco si chiarirà.
Manzini questa volta non mi ha delusa nemmeno un po'. "Vecchie conoscenze" non ha nulla a che vedere con la virata verso il genere "rosa" che si avvertiva in "Ah l'amore l'amore" e che io avevo un po' criticato.
"Lui lo sapeva, ci sono dei giorni in cui si percepisce che un pezzo della nostra vita se n'è andato, e seppelliamo la nostra faccia di una volta perchè non ci appartiene più."
★★★★☆
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🐣 uovo di Pasqua
Se cercate nei siti on line che vendono libri, "Figlia della cenere" di Ilaria Tuti viene inserito tra i gialli/thriller.
In realtà in questo quarto romanzo con protagonista Teresa Battaglia, il mistero sembra essere un pretesto per svelare di più sul passato della commissaria.
Teresa, più acciaccata che mai, si trova alle prese con un serial killer che già conosce.
Il racconto si svolge su tre piani temporali: oggi, 27 anni prima e nel IV secolo.
"Giacomo Mainardi è un assassino ed è anche un artista, non possiamo prescindere da questo, perchè lui è questo: l'immaginazione ha un ruolo centrale. Lasciamo che le sue fantasie vengano canalizzate in modi espressivi innocui. Credetemi se vi dico che è stato dimostrato che le fasi dell'omicidio seriale sono le stesse della creazione artistica. Aurorale, eccitamento, di seduzione, fase creativa, totemica...E infine 'depressiva', Albert. Significa che se gli togliamo le tessere e gli attrezzi, a Giacomo tornerà una gran voglia di uccidere, strappare un osso dal corpo,trasformarlo in sette piccoli pezzettini e ficcarli da qualche parte che non sia un mosaico. E troverà il modo di farlo, con o senza isolamento. Ci proverà ogni istante della sua vita, com'è vero che deve respirare per sopravvivere."
Aquileia ha un ruolo di rilievo nella vicenda.
Anche questa volta Ilaria Tuti ha ambientato il suo racconto nella sua terra, facendoci conoscere storie, aneddoti e cultura di quei luoghi.
Piano piano, grazie anche ai continui flashback, viene svelato il dolorosissimo passato della commissaria.
Teresa Battaglia è una profiler di altissimo livello, non solo per gli studi fatti, ma soprattutto per l’empatia che prova per gli autori dei delitti su cui indaga.
"Teresa Battaglia, invece, accettava la loro natura e così facendo la strappava al senso di repulsione. Lei riusciva a prendere tutto delle persone che aveva davanti, anche l'orrore più grande, come un dato di fatto. Ecco perchè era così brava nel suo lavoro. Non giudicava, non si scandalizzava. Cercava sempre di comprendere. Ma questo aveva un prezzo. Soffriva, con loro."
Ho faticato nella prima parte ad entrare nella storia, a causa della scrittura dell'autrice ancora più ricercata del solito che rende non troppo scorrevole la lettura.
A volte è necessario soffermarsi a riflettere sulle descrizioni. E i tre piani temporali non ammettono distrazioni. Perdere il filo è un attimo.
Ho faticato anche a digerire i particolari più macabri della vicenda.
Tuttavia il romanzo è scritto indubbiamente benissimo. Ilaria Tuti è una garanzia da questo punto di vista. La sua è una scrittura estremamente colta. E la trama è avvincente.
Questo romanzo ha lo stesso valore di "7/7/2007" di Antonio Manzini, in cui l'autore svela molto del passato di Rocco Schiavone.
Imperdibile quindi per chi ha letto i romanzi precedenti con la commissaria Battaglia. Forse un po' difficile comprendere e amare Teresa per i nuovi lettori che nulla conoscono della protagonista.
Chissà quali saranno le intenzioni di Ilaria Tuti! Se scrivere altri romanzi con Teresa ancora attiva, magari quale spalla dell'ispettore Massimo Marini o se farla uscire di scena definitivamente.
Ilaria Tuti nel 2018 ha raggiunto il successo con il thriller "Fiori sopra l'inferno" con protagonista la commissaria e profiler sessantenne Teresa Battaglia che torna ad indagare anche in "Ninfa dormiente", uscito l'anno successivo, e "Luce della notte" del 2021.
Nel 2020 ha pubblicato "Fiore di roccia", romanzo storico ambientato nella prima guerra mondiale con protagoniste le portatrici carniche. Un romanzo stupendo.
"La mia è una storia antica, scritta nelle ossa. Sono antiche le ceneri di cui sono figlia, ceneri da cui, troppe volte, sono rinata. E a tratti è un sollievo sapere che prima o poi la mia mente mi tradirà, che i ricordi sembreranno illusioni, racconti appartenenti a qualcun altro e non a me. È quasi un sollievo sapere che è giunto il momento di darmi una risposta, e darla soprattutto a chi ne ha più bisogno. Perché i miei giorni da commissario stanno per terminare. Eppure, nessun sollievo mi è concesso. Oggi il presente torna a scivolare verso il passato, come un piano inclinato che mi costringe a rotolare dentro un buco nero. Oggi capirò di dovere a me stessa, alla mia squadra, un ultimo atto, un ultimo scontro con la ferocia della verità. Perché oggi ascolterò un assassino, e l'assassino parlerà di me."
★★★★☆
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🍷 vino rosso
"Dolores Claiborne" è il primo libro di Stephen King che leggo. Ho molto apprezzato la sua capacità di scrivere un monologo femminile. Sicuramente non facile per un uomo. Molto credibile. Non si percepisce minimamente che l'autore è un maschio.
Dolores Claiborne è una donna non più giovane, sospettata di aver ucciso la sua ricca datrice di lavoro e che si trova a doversi discolpare davanti alla polizia. Dolores si difende raccontando la sua vita e confessa invece un altro omicidio avvenuto trent'anni prima durante un'eclissi totale.
Dolores è una donna di cultura modesta. Si sente dal linguaggio usato nel monologo, sgrammaticato e a tratti un po' volgare. All'inizio ho faticato un po', poi mi sono immersa nel romanzo e quello di Dolores è un personaggio davvero bello. Compie un terribile omicidio, tuttavia non si riesce a percepire la sua vendetta come malvagia, piuttosto come una forma sui generis di giustizia. Della serie: "Ben fatto, Dolores!"
Dal romanzo è stato tratto il film "L'ultima eclissi" di Taylor Hackford con Kathy Bates nei panni di Dolores.
Ho letto questo romanzo con il gruppo di lettura online di Immersioni letterarie.
"Io non ho ammazzato quella carogna di Vera Donovan e ora come ora voialtri potete pensare quello che vi pare, ma vi giuro che vi faccio cambiare idea. io non l'ho spinta giù per quella scala del cavolo. Va bene se mi volete sbattere dentro per l'altra storia, ma io non ho le mani sporche del sangue di quella stronza. E penso proprio che ne sarete convinti anche voi ora che avrò finito, Andy."
★★★★☆
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🥃 amaro digestivo
Ho letto "Le ore" di Michael Cunningham, omaggio dell'autore a Virginia Woolf, con un approccio del tipo extended book. Dapprima ho letto "La signora Dalloway" di Virgina Woolf, poi mi sono documentata sulla sua vita, ho letto "Le ore" e infine ho guardato il film "The Hours".
"Le ore" è un romanzo molto interessante che ha vinto il premio Pulitzer per la narrativa nel 1999. Nel 2002 dal libro è stato tratto il film "The Hours", interpretato da Meryl Streep, Julianne Moore e Nicole Kidman.
Tre storie, ambientate in epoche diverse, si alternano nel racconto. Apparentemente sono slegate tra loro, in realtà hanno in comune un legame con il romanzo "La signora Dalloway" di Virgina Woolf.
Tre sono le protagoniste di questo romanzo:
La signora Woolf, raccontata in una sorta di resoconto romanzato di una giornata, trascorsa dalla scrittrice nel 1923 nella periferia di Londra, mentre sta scrivendo "La signora Dalloway". Molto coinvolgente.
Il romanzo inizia con il prologo che racconta il suicidio di Virginia, avvenuto nel 1941 e la stupenda lettera lasciata al marito:«Carissimo, sono certa di stare impazzendo di nuovo. Sento che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. E questa volta non guarirò. Inizio a sentire voci, e non riesco a concentrarmi. Perciò sto facendo quella che sembra la cosa migliore da fare. Tu mi hai dato la maggiore felicità possibile. Sei stato in ogni modo tutto ciò che nessuno avrebbe mai potuto essere. Non penso che due persone abbiano potuto essere più felici fino a quando è arrivata questa terribile malattia. Non posso più combattere. So che ti sto rovinando la vita, che senza di me potresti andare avanti. E lo farai lo so. Vedi non riesco neanche a scrivere questo come si deve. Non riesco a leggere. Quello che voglio dirti è che devo tutta la felicità della mia vita a te. Sei stato completamente paziente con me, e incredibilmente buono. Voglio dirlo – tutti lo sanno. Se qualcuno avesse potuto salvarmi saresti stato tu. Tutto se n'è andato da me tranne la certezza della tua bontà. Non posso continuare a rovinarti la vita. Non credo che due persone possano essere state più felici di quanto lo siamo stati noi.»La signora Brown, moglie e mamma, che cerca nelle pagine del romanzo "La signora Dalloway" una via di fuga dalla routine casalinga. I fatti narrati sono ambientati a Los Angeles in una giornata del 1949.
Ho trovato questa parte molto avvincente e introspettiva.
Clarissa Vaughan, soprannominata dagli amici signora Dalloway per la somiglianza caratteriale con la protagonista del romanzo della Woolf e che vive, alla fine del ventesimo secolo, a New York, una giornata simile a quella vissuta dalla signora Dalloway nel romanzo.
Questa è la parte che mi è piaciuta meno, tuttavia necessaria per tirare le fila dell'intero romanzo e per permettere all'autore di trattare temi a lui cari: il flagello dell'A.I.D.S e le problematiche legate all'omosessualità.
Non spaventatevi! Non si tratta di un libro di difficile lettura. Sicuramente non è un romanzo leggero e spensierato, ma è molto scorrevole, scritto molto bene e con un colpo di scena finale. Non è nemmeno necessario conoscere il romanzo della Woolf per comprenderlo.
Lettura consigliata anche a chi ha visto il film "The Hours".
Curiosità: mi ha colpito il fatto che a Clarissa sembri di aver riconosciuto Meryl Streep sul set cinematografico in cui si imbatte per strada. Sarà proprio Meryl Streep ad interpretarla nel film "The Hours".
★★★☆☆
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🍷 vino rosso
"Furore" di John Steinbeck è un romanzo che non può lasciare indifferenti.
La famiglia Joad, come molte altre famiglie altrettanto disperate, nei primi anni '30, in piena "depressione americana", lascia l'Oklahoma per dirigersi verso la California, una specie di "terra promessa", alla ricerca di lavoro. Troverà emarginazione, miseria e morte. I temi trattati purtroppo sono tuttora attuali, in tutto il mondo.
La famiglia Joad ha ispirato un album di Bruce Springsteen: “The Ghost of Tom Joad" in cui il cantautore denuncia il divario tra ricchi e poveri e i problemi degli immigrati negli Stati Uniti. Un consiglio: leggete "Furore" con la musica di Springsteen di sottofondo. Vi sembrerà di entrare ancor di più nelle atmosfere del romanzo.
Ho letto “Furore” la prima volta molti anni fa nella versione ridotta e ho riletto il romanzo ora nella versione integrale. Il giudizio che avevo dato all'epoca era stato molto positivo. Quando ho iniziato a leggerlo nella nuova versione per il Torneo "Americani" di Robinson, mi sono sentita un po' spaesata. Trovavo il romanzo molto bello, ma non lo riconoscevo. Mi sembrava diverso. Mi sono presa la briga di cercare nella mia libreria la versione precedente e ho confrontato capitoli interi. Non mi sento di criticare il primo traduttore. A differenza di molte opinioni che ho letto, a parer mio, anche la prima traduzione era ottima. La prosa era un po' più poetica. Certo, il traduttore dovrebbe cercare di rendere la traduzione il più attinente alla versione originale e probabilmente quella più recente è la migliore.
Furore è indiscutibilmente il capolavoro di Steinbeck.
Nel 1936 la fotografa americana Dorothea Lange ritrasse nei pressi di un campo di piselli una donna migrante giunta in California dopo aver viaggiato su un camion con il marito e sette figli. “Migrant Mother” è una delle immagini più significative dell’epoca. Per chi ha letto "Furore" impossibile non pensare alla madre della famiglia Joad.
"Le donne guardavano gli uomini, li guardavano per capire se stavolta sarebbero crollati. Le donne guardavano e non dicevano niente. E quando gli uomini erano in gruppo, la paura spariva dai loro volti e la rabbia prendeva il suo posto. E le donne sospiravano di sollievo, perché capivano che andava tutto bene: il crollo non c'era stato; e non ci sarebbe mai stato nessun crollo finché la paura fosse riuscita a trasformarsi in furore."
★★★★★
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🍰 torta Saint Honoré
Ho letto "Il grande Gatsby" per il Torneo "Americani" di Robinson un po' prevenuta. Lo avevo già letto moltissimi anni fa nella versione in inglese per studenti e non lo avevo molto apprezzato, forse a causa del mio inglese non eccellente o forse a causa della versione scolastica "ridotta e adattata".
Il film con Di Caprio ha contribuito a pormi degli interrogativi sulle qualità del romanzo.
In realtà la lettura si è rivelata una sorpresa.
Gatsby è un personaggio misterioso. Poco si sa di lui, all'inizio. Ricchissimo e terribilmente solo. Un unico desiderio lo muove. Morirà solo, illuso di poter raggiungere il suo obbiettivo.
Lo ho molto apprezzato. Tuttavia nulla ha potuto nello scontro con "Furore".
"Quando stai per metterti a criticare qualcuno - mi disse - ricordati che nessuno al mondo ha avuto i vantaggi che hai avuto tu."
★★★☆☆
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🐣 uovo di Pasqua
Questo romanzo mi ha incantata. Il suo andamento lento mi ha catturata. Solitamente non amo questo genere di prosa. "Canto della pianura" però non è assolutamente noioso. E il ritmo lento e le descrizioni dettagliate trasportano il lettore nei paesaggi rasserenanti di Holt.
Nonostante nelle vite dei protagonisti ci sia tanta solitudine e tristezza, prevale il senso di speranza e solidarietà e nella narrazione si alternano le vicende di molti personaggi a cui affezionarsi.
Infatti mi mancano gli anziani fratelli McPheron, i piccoli Ike e Bobby e Victoria e mi manca l'immaginaria cittadina di Holt.
Questo è il primo romanzo che leggo di Kent Haruf.
L'ho apprezzato ben oltre le aspettative che mi ero fatta, nonostante ne avessi sentito parlare molto bene.
"Due uomini anziani con una ragazza di diciassette anni seduti al tavolo sparecchiato di una sala da pranzo di campagna, dopo cena, mentre fuori, oltre le pareti di casa, oltre le finestre senza tende, un gelido vento del nord scatenava l'ennesima tempesta invernale sugli altopiani."
★★★☆☆
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🍞 pane
Hilda Doolittle ne "Il dono" gioca con le parole, le lingue (inglese, tedesco, francese, greco...), con i significati di una stessa parola in lingue diverse.
I racconti sono confusi, un misto tra sogni e ricordi suoi e delle sue antenate, scritti apparentemente di getto durante i bombardamenti su Londra, narrano vicende dell'autrice da bambina, ma anche eventi che riguardano altre persone, sentiti raccontare dalla mamma e dalla nonna.
Per comprendere questa opera fortemente autobiografica bisogna conoscere la vita dell'autrice (l'infanzia, l'emigrazione all'estero, la sua vita sentimentale movimentata, le amicizie e il suo rapporto con Freud) altrimenti risulta difficile, quasi incomprensibile.
Per questo è fondamentale leggere la prefazione.
Scritto tra il 1941 e il 1945, "il dono" fu pubblicato nel 1982 in forma breve e nel 1998 nella versione integrale.
Ho letto, con molta fatica, questo romanzo, per il torneo "Americani" di Robinson de La Repubblica. Se non mi fossi presa l'impegno di giudicarlo per la competizione letteraria, lo avrei abbandonato.
"Il dono c'era, ma l'espressione del dono era altrove."
★☆☆☆☆
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🍋 limone
L'inizio del romanzo "Il rispettabile signor H.M. Pulham" di John P. Marquand è noioso, lento, poi, dopo le prime 30/40 pagine, diventa interessante e la prosa scorre fluida, quasi avvincente, nonostante la vita del protagonista sia quella di una persona "rispettabile" che conduce una vita "normale", senza sorprese particolari, quasi banale, prevedibile.
Tuttavia questa vita banale induce profonde riflessioni sulle nostre scelte nella vita, sui cambiamenti che siamo disposti a fare, su quanto influisce nelle nostre vite quello che gli altri si aspettano da noi.
Per certi aspetti, mi viene da paragonarlo a "Stoner", anche se non raggiunge il livello qualitativo del romanzo di John Edward Williams.
Ho letto questo romanzo per il torneo "Americani" di Robinson de La Repubblica.
"Avevo troncato ogni rapporto con Marvin da quando avevo sposato Kay; l'avevo cancellata dalla mia mente come si cancella un problema di geometria dalla lavagna a scuola."
★★★☆☆
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🍷 vino rosso
Le vite di Chiara, Anna, Giulia, Angela, Enea, Carlo, Andrea e Marco si sfiorano e poi si intrecciano in questo romanzo di Sara Rattaro.
Durante l'alluvione avvenuta a Genova il 4 novembre 2011, Chiara era in auto bloccata dalla piena, Anna era a casa al sicuro, Giulia era nel negozio dei genitori, Angela era lontana da Genova.
Un anno dopo le loro vite sono molto cambiate.
Romanzo molto breve, scritto bene, introspettivo.
"Impiegai mesi a rimettermi al volante. Non sopportavo l'idea di tornare dentro quello spazio minuscolo, sollevavo gli occhi al cielo e ne cercavo le sfumature grigiastre. Bastava un cielo coperto senza squarci tra le nuvole a riportarmi le immagini di quel giorno, come un chiodo allentato nella testa che non riesci a togliere."
★★★☆☆
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🍷 vino rosso
Mi capita spesso di leggere libri che vengono assegnati ai miei figli come compito per scuola e devo dire che condivido le scelte dei loro insegnanti, a differenza di ciò che accadeva quando erano i miei professori a scegliere le letture per me. Nel tempo mi sono trovata a leggere D'Avenia, Balzano, Carofiglio, Genovesi e questa volta è toccato a Malvaldi. Tutti autori famosi che conoscevo già e di cui avevo letto molto.
"Vento in scatola" però mi mancava. Di Malvaldi ho letto l'intera serie del "Barlume" e qualche altro romanzo.
"Vento in scatola" è un romanzo giallo scritto a quattro mani da Marco Malvaldi e Glay Ghammouri, tunisino, ex militare, attualmente detenuto in Italia.
Gli autori si sono conosciuti in carcere, a Pisa, dove Malvaldi teneva un corso di scrittura creativa per carcerati. Glay Ghammouri si è subito fatto notare per le sue notevoli capacità letterarie.
Protagonista di questo romanzo è Salim, tunisino, laureato, fuggito dal suo paese con una considerevole somma di denaro ottenuta truffando e arrestato in Italia per un fatto non commesso. In carcere Salim, detenuto modello, conosce Gaetano Quarello, un boss che, saputo delle sue abilità in ambito finanziario, decide di affidare a Salim la gestione dei suoi risparmi.
Salim si troverà di fronte ad una scelta: guadagnare la libertà come collaboratore di giustizia e perdere tutti i suoi soldi o rimanere in galera e recuperarli una volta scontata la pena.
Il romanzo descrive l'ambiente carcerario con leggerezza, in modo divertente, pur affrontando un tema molto serio.
Il suo senso è che "così come non si può tenere il vento in scatola, non si può imprigionare l'umanità che è in ciascuno di noi."
"Allora, aveva avuto due proposte. Aiutare un camorrista a investire i suoi soldi, oppure aiutare la polizia a tracciare i conti del camorrista. In cambio, uno sconto di pena e una nuova identità.
Delle due cose, quella che gli piaceva di più era la nuova identità. Carcerato è una condizione transitoria. Lunga, a volte senza fine, ma di natura transitoria. Prima o poi passa, e ti ritrovi ex detenuto. Ed ex detenuto lo rimani a vita, la realtà delle cose è quella. Non passa mai, non se ne va mai. Un marchio a fuoco, un tatuaggio che non ti puoi togliere e che difficilmente fa una buona impressione. A meno che tu non voglia rimanere nel giro."
★★★☆☆
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🍷 vino rosso
"Il metodo Catalanotti", pubblicato nel 2018, è un romanzo giallo di Andrea Camilleri con protagonista il Commissario Salvo Montalbano. Non l'ultimo scritto dall'autore siciliano. L'ultimo episodio infatti prima di "Riccardino" che chiude definitivamente la serie con il commissario, è "Il cuoco dell'Alcyon". Tuttavia l'impressione è che questo sia in realtà il vero finale di Montalbano. E se leggerete il romanzo o guarderete l'ultimo episodio in tv (che ha creato molto dibattito tra gli spettatori) capirete ciò che intendo. Io voglio considerarlo il vero finale di questa serie. Riccardino non mi è piaciuto, non chiude degnamente la serie e "Il cuoco dell'Alcyon" potrebbe essere riferito ad un'indagine precedente, ma raccontato successivamente dall'autore.
Penso che Camilleri in questo romanzo abbia descritto Montalbano in modo molto intimo, come mai fatto prima. Il Commissario appare dibattuto e per la prima volta nella sua vita guarda al futuro senza anteporre la professione ai sentimenti. Nell'episodio televisivo è molto più difficile cogliere queste sfumature.
Il "giallo" da risolvere riguarda due cadaveri ritrovati a poca distanza e quasi in contemporanea. Il primo rinvenuto casualmente da Mimì Augello in un appartamento disabitato e l'altro, quello di Carmelo Catalanotti, usuraio, regista teatrale, ideatore di un metodo di selezione degli attori molto particolare, ritrovato dalla cameriera, assassinato nel suo letto.
Salvo Montalbano sarà aiutato nell'indagine dalla giovane e bella capo della scientifica, appena giunta in Sicilia. Il Commissario si innamorerà di lei con una passione e un desiderio che non provava da anni e che credeva non sarebbe più accaduto.
Per la prima volta Camilleri colloca il caso da risolvere nel mondo del teatro che tanto amava. In un'intervista rilasciata al momento della pubblicazione, Camilleri ha dichiarato trattarsi di un omaggio a questa sua passione, suggerito dalla moglie.
Stilisticamente ho trovato questo episodio diverso dai precedenti. Ricco di citazioni poetiche e letterarie. Un Camilleri molto più sentimentale.
Un suggerimento per chi ha guardato l'episodio in tv senza aver letto il romanzo: leggetelo! Ne vale veramente la pena.
"Commissario, cerco di spiegarle. Carmelo aveva la straordinaria capacità di tirare fuori da ognuno di noi tutto, dico tutto, quello che avevamo dentro. E adoperarlo in funzione teatrale. Mi creda, era come una cura, dopo ogni spettacolo io e il mio compagno avevamo voglia di correre, tanto ci sentivamo... come dire, liberati, sciolti. Il prezzo pagato era altissimo e sconvolgente, certo alcuni dei miei colleghi non si sono sentiti di affrontarlo. Non tutti hanno questa voglia di confrontarsi con le loro verità più nascoste."
★★★★☆
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🍾 spumante
Il primo romanzo di Camilleri con protagonista Montalbano lo lessi molti anni fa, durante una vacanza in Sicilia.
La RAI aveva da poco iniziato a trasmettere gli episodi in tv. Io non avevo seguito la fiction, però ne avevo sentito molto parlare. Fu così che, in un'edicola nel ragusano, acquistai "La gita a Tindari". "La forma dell'acqua", primo episodio con protagonista Montalbano, era esaurito.
Di quel linguaggio inventato, in cui si mescola il siciliano all'italiano, mi innamorai subito.
Non senza difficoltà di comprensione all'inizio.
Anche la prosa di Camilleri mi catturò. In seguito lessi quasi tutti i romanzi e racconti con Montalbano protagonista e guardai anche tutti gli episodi televisivi.
"Riccardino" è stato scritto nel 2005, ma conservato per la pubblicazione dopo la morte dell'autore. Uscito l'anno scorso, non ho voluto leggerlo subito. Volevo essere pronta a chiudere definitivamente la storia del Commissario.
Purtroppo "Riccardino" di Andrea Camilleri non mi ha convinta, non mi è piaciuto. Ho trovato molto originale far interagire il Montalbano dei romanzi con il Montalbano della tv e l'autore.
Il finale però mi ha delusa. Mi aspettavo qualcosa di più geniale. Anche l'indagine non è niente di che.
Mi sa che leggerò i vecchi episodi di Montalbano che non ho ancora letto.
Voglio ritrovare Mimì Augello, galante e spregiudicato, Fazio, buono come era (non aggressivo come in questo ultimo romanzo), Livia, lagnosa e sdolcinata e la bella e sfrontata Ingrid e soprattutto il Salvo Montalbano perspicace, intuitivo, intelligente, incorruttibile e audace che Camilleri ci ha tanto fatto tamare.
L'unico personaggio che in "Riccardino" si trova immutato è Catarella, imbranato e divertente come sempre.
" «Dottori, c'è il profissori e autori, quello che abita a Roma, che ci voli parlare di pirsona pirsonalmenti».
Che fari? Mannarlo a catafottirisi? Ma quello, testa di calabrisi, non avrebbi mollato, capace che l'avrebbi acchiamato a Marinella a notti funnuta.
«Passamillo».
“Ma quelli che abitano nella via interessata al fatto di sangue sono tutti lì, affacciati ai balconi e alle finestre, per vedere che cosa succede. Quindi, appena Montalbano scende dalla macchina, subito sente un dialogo “aereo” sulla sua testa, un dialogo che lo riguarda.
«U Commissario arrivò!».
«Cu? U Commissario?»
«Sì, Montalbano!».
«Ma cu, chiddru de la televisione o quello vero?».
Tutto questo fa subito girare le scatole al Commissario. Montalbano infatti non sopporta di essere scambiato per il suo alter ego”.
★★★☆☆
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🍷 vino rosso
"La disciplina" di Penelope di Gianrico Carofiglio si legge in un pomeriggio. Nel mio caso, piovoso. Scorre in modo veloce, avvincente e piacevole.
Carofiglio crea personaggi a cui ci si affeziona subito. In questo caso Penelope, ex pubblico ministero, allontanata dalla magistratura per un grave "errore" commesso.
Un giorno Penelope viene contattata da un uomo che è stato indagato per l’omicidio della moglie. Il procedimento si è concluso con l’archiviazione a causa della mancanza di elementi sufficienti per procedere contro di lui, ma non ha cancellato i sospetti. L’uomo le chiede di indagare per permettergli di recuperare l’onore perduto e per sapere cosa rispondere alla sua bambina quando, diventata grande, chiederà della madre.
Inizia così un'avvincente indagine ambientata a Milano e raccontata da Carofiglio in modo semplice, dimostrando ancora una volta la notevole capacità nel saper rendere comprensibili concetti giuridici complessi.
Piacerà molto ai lettori questa nuova eroina, fragile e forte al tempo stesso. Estremamente empatica, in buona forma grazie all'esercizio fisico e all'alimentazione salutista, abusa però di fumo, alcool e farmaci.
Sono sicura che ritroveremo Penelope in altre indagini.
"spesso cerchiamo di giustificare i nostri comportamenti attribuendo le colpe agli altri o alla nostra natura, o al modo in cui vanno - andrebbero - inevitabilmente le cose della vita; affermiamo l'ineluttabilità di certe scelte o di certi comportamenti. Ma spesso certi comportamenti, e i mille modi in cui li giustifichiamo, sono solo sintomo di mediocrità morale.
★★★★☆
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🍾 spumante
"Supereroi senza poteri" è il terzo romanzo di Michele Ungolo, giornalista free lance, scrittore e responsabile della Casa di riposo di Stigliano.
Si tratta di una storia molto particolare, commovente e divertente al tempo stesso. Una specie di diario della quarantena di marzo, ambientato nella Casa di riposo Hostilianus di Stigliano in Basilicata.
Nella prima parte Vincenzo, ospite della casa di riposo e narratore, presenta gli altri "supereroi" della casa, uno per capitolo.
Nella seconda parte il racconto diventa più avvincente e romanzato. Quattro ospiti della struttura, tra cui Vincenzo, fuggono dalla casa di riposo, rubano un furgoncino e si dirigono in un luogo molto particolare, il Cinto dell'Eremita, vicino al fiume Sauro. Da questo momento il ritmo del racconto accelera. I quattro anziani (Vincenzo, Iosca, Natalino e Antonio) si trovano coivolti in un brutto affare, inseguiti da due malviventi pronti anche ad uccidere pur di recuperare il loro bottino.
Il finale vi sorprenderà.
Seppure la narrazione sia molto divertente, l'autore, che nel romanzo compare nel proprio ruolo di responsabile della struttura, ci spinge a riflettere.
"La vecchiaia è così, arriva un punto nella vita, dove comprendi che non puoi chiedere nient'altro al tuo Dio, chiuso nella stanza con le luci spente, preghi che finisca presto la tua penitenza terrena, ma sono certo che tra di noi, durante la pandemia, tutti abbiamo pregato che non accadesse. Nessuno vuole lasciare il suo posto nel mondo da solo."
Come spiega l'autore stesso nei ringraziamenti finali, "i supereroi senza poteri sono coloro i quali non hanno bisogno di apparire, ma di essere un qualcosa o un qualcuno nelle vite di chi chiede aiuto attraverso gli occhi quando le parole faticano a uscire."
Questo romanzo è dedicato a Michele, Iosca e Vincenzo, protagonisti di questa avventura e che non sono più tra noi e a tutti gli altri ospiti della struttura che "attraverso l'intrecciarsi delle loro vite, non smettono mai di regalare nuove storie."
La bella prefazione è della giornalista e scrittrice Isa Grassano, di cui ho recentemente recensito il romanzo "Un giorno sì un altro no".
«Continuai a chiedermi ripetutamente per quale ragione avessi imparato a vivere come se non dovessi mai morire. Tutti sappiamo di dover morire un giorno, eppure siamo alla continua ricerca di noi stessi, della felicità, dell’amore. Ci circondiamo continuamente di cose superflue: l’automobile nuova, la casa al mare, il telefono di ultima generazione, però mettiamo spesso da parte gli affetti, quelli che oggi mancano, quelli che ci salvano la vita ogni giorno senza accorgercene».
★★★☆☆
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🍞 pane
Ho chiuso gennaio in bellezza con la lettura della splendida "Autobiografia di Petra Delicado" che descrive una donna dura e dolce al tempo stesso, dalla personalità complessa. Anche il nome scelto per la sua eroina dall'autrice, Alicia Gimenez-Bartlett, sta ad indicare questa ambivalenza.
Chi è Petra Delicado? Senza svelare troppo, per chi non la conoscesse già, Petra è un'ispettrice di polizia, al terzo matrimonio, con un passato da avvocatessa e approdata in Polizia non più giovanissima. Assegnata alla sezione omicidi, svolge le sue indagini con il vice ispettore Fermin Garzon, con cui forma una coppia davvero ben assortita.
Io ho amato Petra Delicado fin dal primo romanzo con lei protagonista e ho letto tutti gli episodi e racconti gialli in cui compare.
Non so se Alicia Gimenez-Bartlett ci regalerà ancora appassionate indagini con Petra e Fermin. Lo spero. Forse scriverà il romanzo che risolve il caso a cui accenna al termine della biografia. Se non sarà così, avrà chiuso la serie con una bellissima introspezione nella vita della protagonista, e forse a qualcuno verrà la voglia di rileggere le sue avventure. A me è venuta.
Chissà, forse Alicia in futuro scriverà anche l'autobiografia di Fermin Garzon. Non sarebbe una brutta idea.
CURIOSITA': Nel 1999, in Spagna, dai gialli in cui è protagonista Petra Delicado è stata tratta una serie televisiva, mai tradotta in italiano.
Nel 2020 è andata in onda su Sky una miniserie con Paola Cortellesi nei panni dell'ispettrice, ma ambientata a Genova e con protagonisti italiani. Su questa fiction non posso esprimere un parere. Non l'ho guardata, convinta che una trasposizione così alterata (ambientata a Genova, anzichè a Barcellona e con protagonisti italiani anzichè spagnoli) mi avrebbe delusa.
"Sono orgogliosa della mia carriera finora? Non lo so, può darsi. Ma, con soddisfazione o meno, sono diventata una vera poliziotta. Dove non c'era una vocazione chiara ora c'è una convinta paladina della legge. Non voglio fare altri bilanci."
"Dopo anni di reciproca compagnia, Garzon per me è l'amicizia allo stato puro."
★★★★☆
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🍷 vino rosso
Ho incontrato Fabio Stassi al Festival Intermittenze di Riva del Garda l'anno scorso.
Io adoro i festival letterari. Si incontrano gli autori dei libri e si viene a conoscenza di aneddoti e curiosità che altrimenti sarebbe difficile scoprire e che spesso aiutano a comprendere meglio ciò che si legge.
Intermittenze si svolge a due passi da casa mia e io non mi perdo nemmeno una presentazione, siano autori che conosco che scrittori di cui non ho ancora letto nessun romanzo.
Di Fabio Stassi non avevo letto nulla e con molta curiosità ho ascoltato il suo racconto sulla nascita del personaggio di Vince Corso (insegnante precario, con problemi sentimentali ed economici, che si inventa la professione di biblioterapeuta) e del suo ultimo romanzo "Uccido chi voglio" (terzo episodio della serie).
Un detenuto albanese rivelò allo scrittore, in un incontro in carcere, il significato del soprannome della sua famiglia, Vrascadù. La nonna gli aveva raccontato che significava braccia cadute (vras cadù). In realtà è una frase arbëreshë (Stassi ha origini albanesi) che significa: uccido chi voglio.
Superato l'imbarazzo per la rivelazione, Stassi lo trovò un titolo perfetto per un romanzo giallo.
Il detenuto scrisse il significato della frase su un bigliettino che Stassi conserva ancora nel portafogli.
Inutile dire che questa presentazione mi ha molto incuriosito e mi è venuta voglia di conoscere Vince Corso.
Non mi piace iniziare a leggere una serie dall'ultimo romanzo e quindi ho letto il primo: "La lettrice scomparsa", pubblicato nel 2016 e vincitore del Premio Scerbanenco come miglior giallo-noir italiano dell'anno.
La vicina di casa di Vince è scomparsa e il marito è accusato di omicidio. Il biblioterapeuta si improvvisa detective e comincia a studiarla attraverso i libri che leggeva fino a convincersi che la lettrice scomparsa sta scrivendo una storia che soltanto lui potrà comprendere.
Romanzo adatto solo a veri appassionati lettori, altrimenti potrebbe risultare pesante.
Innumerevoli sono i consigli di lettura e le citazioni del protagonista che denotano conoscenze letterarie sconfinate dell'autore.
Io ho preso nota di numerosi romanzi da leggere.
È un giallo un po' atipico. E la scrittura particolare. A tratti si ha l'impressione che la trama del romanzo si mescoli con le trame dei libri consigliati da Vince Corso.
È un romanzo non di puro svago, ma che spinge alla riflessione.
"Svanire, non lasciare niente dietro di sé, nessun recapito, nessun bene, è una soluzione di gran lunga preferibile al suicidio. Se ci si vuole davvero separare da un uomo o da una donna e da un'intera esistenza bisogna dissolversi, non essere più l'indirizzo di nessuno, rinunciare alla pretesa di ricevere o mandare messaggi. Scomparire è il solo modo per lasciare veramente qualcuno. Per lasciarlo libero, intendo, e non continuare a esercitare intorno a sé altre insane forme di controllo o di ricatto, come alcuni fanno anche dopo la morte."
★★★☆☆
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🍷 vino rosso
"Luce della notte" di Ilaria Tuti è il recentissimo romanzo con protagonista Teresa Battaglia, la commissario di polizia, non più giovane, acciaccata, diabetica e con problemi di memoria. Personaggio che l'autrice ci ha fatto conoscere e amare in "Fiori sopra l'inferno" e "Ninfa dormiente".
Ilaria Tuti fa un passo indietro nel tempo e inserisce questo episodio tra il primo e il secondo romanzo.
L’indagine parte dal sogno di una bambina di nove anni, Chiara, affetta dalla malattia rara che le impedisce di stare alla luce del sole. Un sogno che forse è realtà e Teresa, chiamata dalla madre della bambina a scoprire quanto sia realmente accaduto, entra subito in empatia con la piccola.
E così, a pochi mesi dall’ultima indagine (quella di Travenì che ha portato alla cattura di Andreas e che ritroviamo in questo romanzo), Teresa e l'ispettore Marini rinunciano alle vacanze di Natale e indagano in un paesino tra i boschi della Carnia alla ricerca delle prove che ciò che Chiara racconta non è solo un sogno. E purtroppo in quel racconto confuso c'è molto di vero e viene a galla una vicenda legata al traffico di esseri umani.
Ilaria Tuti, come promesso, dopo la deviazione dal genere giallo/thriller fatta con la pubblicazione del romanzo storico "Fiore di Roccia", torna alle indagini di Teresa e Massimo.
Romanzo breve o racconto lungo? Io lo definirei un racconto per la brevità (si legge in un pomeriggio o poco più), ma un romanzo per i contenuti (vengono trattate anche vicende parallele).
Non l'ho trovato all'altezza dei precedenti romanzi. Non così avvincente. Scritto indubbiamente bene, come Ilaria Tuti sa fare. La prosa è come sempre ricercatissima.
L'autrice dichiara di averlo scritto molto velocemente, in meno di due mesi. A scopo quasi terapeutico, per superare il lutto per la morte della nipotina. I proventi della vendita saranno devoluti alla ricerca sul sarcoma di Ewing.
Nella nota finale l'autrice scrive: “È la seconda volta nella mia vita che la scrittura mi viene incontro come una rinascita, ma sentivo che non doveva esserlo solo per me, volevo che fosse al servizio di chi quella strada - durissima - la sta percorrendo o la percorrerà: i miei proventi relativi a questo libro saranno devoluti al Centro di riferimento oncologico di Aviano, a favore della ricerca sul sarcoma di Ewing.”
"La casa davanti a loro li stava attendendo. Le finestre accese di un bagliore soffuso, il camino fumante, il giardino addobbato con luminarie che respingevano le ombre ai confini più lontani del bosco, dove animali intagliati sembravano fungere da ultimi guardiani prima del buio. Un orso, uno scoiattolo, un'aquila in procinto di spiccare il volo. Era uno scenario da fiaba. Eppure."
★★★☆☆
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🍞 pane
Rosario Russo, giovane scrittore siciliano, di Acireale, ci fa incontrare per la prima volta l'ispettore Traversa nel romanzo giallo "Quattordici spine". A dire il vero, io conoscevo già il personaggio per averlo conosciuto in alcuni racconti di "Effetti collaterali", di cui ho parlato in una precedente recensione. Tuttavia la prima vera apparizione letteraria avviene in questo romanzo che Rosario Russo ha iniziato a scrivere nella primavera del 2018 tra le montagne della Valtellina (in cui si trovava per lavoro) e completato nella sua Sicilia.
Ad Acireale don Mario Spina, parroco della basilica di San Pietro, viene ritrovato senza vita all’interno della sacrestia. Da un’antica credenza sono state trafugate le spoglie del famoso artista locale Paolo Vasta.
L’ispettore di polizia Luigi Traversa, da poco arrivato dal Veneto, si ritrova a indagare sul caso che risolverà in quattordici giorni.
Bravo Rosario Russo. Un gran bel personaggio il suo ispettore Luigi Traversa: uomo tormentato, spedito in Sicilia per una brutta vicenda, odia il caldo, il pesce e il mare, ma finisce per innamorarsi di questa terra. E come non potrebbe essere così. Nonostante le contraddizioni, la Sicilia è bellissima.
Spero arrivi presto un nuovo episodio con protagonista l'ispettore Traversa.
"L'assassinio di Don Mario era il primo caso importante da quando si trovava in quella città, cioè da poco più di una settimana. Gli avevano descritto Acireale come un posto tranquillo, il luogo adatto in cui dimenticare e ripartire, ma intanto qualcuno aveva pensato bene di accoppare niente di meno che u parrinu"
★★★☆☆
🍾 spumante
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